Scorciatoie pericolose

” “” “In realtà "i più assidui consumatori di ” “sostanze dopanti ” “popolano la fascia del dilettantismo e ” “dello sport amatoriale", nota mons. Carlo Mazza della Cei ” “



Calcio, ciclismo, atletica leggera, pallavolo: sono sempre di più le discipline sportive in Italia, e non solo, macchiate dalla pratica del doping. La ricerca della mentalità vincente a tutti i costi sembra affermarsi anche tra i semplici appassionati e non solo tra i cosiddetti campioni. Per capire le ragioni che spingono un atleta a fare uso del doping abbiamo posto alcune domande a mons. Carlo Mazza , direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza episcopale italiana (Cei), sportivo e cappellano delle squadre olimpiche italiane.

Perché questo diffondersi del doping anche nello sport di massa?
“Il doping rappresenta una scorciatoia sconsiderata per far fronte alle insaziabili esigenze dello sport moderno. Non esistono ragioni plausibili dell’assunzione di sostanze dopanti. Se nonostante tutti i rischi l’uso del doping si dilata, significa che serve non allo sport in sé ma ad altri fini. Il doping non aggiunge molto alla bellezza del gesto sportivo ma ne aumenta la potenza, la resistenza, la durata, la vistosità. Incide a tal punto da cambiare i ‘fondamentali’ dello sport e dunque i rapporti di forza tra gli atleti, innestando sperequazioni nel confronto agonistico. La diffusione del doping è dovuta ad una cultura del successo, costi quello che costi”.
Quanto pesano gli interessi economici?
“Una quantificazione puramente monetaria permane difficile, anche se ovvia. Un atleta non si dopa per piacere o per vanagloria ma per arrivare primo perché solo essendo primi si conta, in tutti i sensi”.
Cosa spinge invece uno sportivo, non professionista, ad assumere sostanze dopanti?
“I più assidui consumatori di sostanze dopanti popolano la fascia del cosiddetto dilettantismo e del mondo amatoriale, più avvezzi alla pratica sportiva o a pratiche del body building. Le motivazioni per lo più rivelano il tentativo di autoaffermazione rispetto a percezioni di fallimento o di scarsa autostima e in mancanza di altre carte da giocare sulla scena personale o sociale”.
Controlli e prevenzione possono bastare a contrastare il doping?
“Tutti i controlli e tutte le prevenzioni sono necessari. Ogni possibilità di contrasto va adottata. Per controllare efficacemente vanno predisposti mezzi sufficienti e regolamenti chiari, uguali per tutti gli atleti e per tutte le discipline sportive. Per prevenire non bastano le buone intenzioni; occorre rigore, equità, regole certe. Comunque, come sempre, va costruita giorno per giorno una cultura della vita, una cultura sportiva ispirata da principi e valori condivisi e coerenti”.
E l’educazione?
“Certo, ma quanti spendono se stessi per educare con pazienza, assiduità, dedizione? Per dare una prospettiva all’educazione nel mondo dello sport, bisognerebbe istituire un corso di laurea che prepari tecnici, allenatori, dirigenti, genitori ad essere educatori, con l’aggiunta essenziale, come direbbe san Giovanni Bosco, del ‘cuore’. Bisogna sperimentare uno ‘sport educativo’, finalizzato allo sviluppo della persona attraverso itinerari formativi rigorosi e pratiche sportive plausibili”.
In che modo è possibile proteggere la credibilità dello sport?
“Lo sport in sé ha tutte le carte in regola per essere credibile. Proteggerne la credibilità implica non renderlo subalterno a logiche di mercato, non ridurlo a puro materialismo corporeo, non umiliarlo in un tecnicismo senz’anima”.
Molti atleti, ora noti, sono cresciuti negli oratori. Che modello di sport propone la Chiesa e cosa deve proporre un’efficace pastorale dello sport?
“L’oratorio è sempre stato culla di sportivi e di grandi atleti. Questo è un dato storico indiscutibile, un grande merito da iscrivere negli annali dello sport italiano. La Chiesa non propone un “modello di sport” ma suscita e promuove valori, ideali, stili di vita ispirati dal vangelo che “servono” anche agli sportivi per fare sport in modo lodevole e appassionante. La pastorale dello sport predispone azioni per attuare questi profili con determinazione e sapienza”.
Daniele Rocchi