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Le Chiese chiedono più ascolto da parte della Convenzione europea ” “e lamentano che, nonostante i ripetuti appelli del Papa, le istituzioni europee non rispondono ” “” “
Le organizzazioni della società civile saranno ascoltate dalla sessione plenaria della Convenzione che si terrà a Bruxelles il 24 e 25 giugno. “Per condurre in porto la sua missione spiegano i promotori dell’iniziativa europea – la Convenzione ritiene estremamente importante ascoltare e tenere conto dei pareri e delle aspirazioni dei rappresentanti della società civile”. In vista di questo appuntamento, nei giorni 12, 13, 17 e 18 giugno le associazioni, le organizzazioni non governative e gli enti locali e regionali parteciperanno ai gruppi di lavoro del Presidium della Convenzione per “farsi portavoce delle aspettative e delle esigenze della società europea per il futuro dell’Europa”. I gruppi sono divisi negli ambiti sociale; ambiente, diritti dell’uomo, sviluppo, mondo accademico e gruppi di riflessione, regioni e collettività locali, cultura. Le Chiese cristiane e le comunità religiose non appaiono menzionate esplicitamente in nessun gruppo tematico. Ne abbiamo parlato con i rappresentanti degli episcopati europei e con mons. Patrick Kelly, vescovo di Liverpool.
Dove stanno le religioni? “Abbiamo l’impressione che l’Unione europea faccia fatica ad integrare le religioni nel suo processo di ricerca di identità”. E nonostante i ripetuti appelli del Santo Padre, “a parte le dichiarazioni personali, a livello istituzionale nulla è stato fatto”. A parlare è Stefan Lunte della Comece, la Commissione che riunisce gli episcopati dell’Unione Europea. Intervenendo a Venezia ad una conferenza stampa, organizzata a margine della consultazione delle Chiese europee sull’ambiente (cfr. servizi pagg. 2-5), Lunte ha parlato del lavoro che le Chiese stanno facendo a margine della Convenzione europea. “La Chiesa – ha spiegato Lunte – non si arroga certo il diritto ad avere un monopolio nella gestione della spiritualità. E’ però consapevole di avere, in questo ambito, una lunga tradizione ed una spiccata sensibilità”. “Comprendiamo – ha aggiunto il rappresentante della Comece – che le tradizioni culturali dei paesi europei siano differenti ma abbiamo l’impressione che ci sia la tendenza ad ignorare o comunque a non prendere in piena considerazione le tradizioni religiose a livello istituzionale”. Le Chiese e le comunità religiose spiega il rappresentante della Comece sono state inserite nel gruppo preparatorio della cultura. “Questo va bene, ma non è sufficiente”. “Chiediamo – ha aggiunto – uno spazio specifico per le Chiese”.
I valori cristiani in Europa. Anche mons. Aldo Giordano, segretario generale del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa) si unisce all’appello. “Non è certo interesse delle Chiese – spiega – ritrovarsi semplicemente nominate nel futuro Trattato costituzionale europeo. Quello che sta a cuore è che siano presenti in Europa i valori che si ispirano al cristianesimo”. Le Chiese – assicura Giordano – stanno seguendo con molta attenzione il processo di stesura del futuro trattato. “Un contributo delle Chiese europee al processo di unificazione europea – ha ricordato il rappresentante del Ccee – è la Carta ecumenica europea, sottoscritta da tutte le Chiese europee con una serie di impegni”. Il testo è molto concreto e “un intero capitolo è dedicato alla salvaguardia del creato”. Su questo fronte, è impegno soprattutto delle Chiese sviluppare “uno stile di vita nel quale, in contrapposizione al dominio della logica economica ed alla costrizione al consumo, accordiamo valore ad una qualità di vita responsabile e sostenibile”.
Il grido dei poveri. L’Europa non può chiudersi su se stessa. E’ questo il monito di mons. Patrick Kelly, arcivescovo di Liverpool, che invita il continente ad “avere sempre uno sguardo ai Paesi più poveri. Abbiamo bisogno di sentire la voce dell’Africa. Quando parliamo di ambiente o di lavoro o di altri problemi sociali dobbiamo sentire la voce dei più poveri. Perché sono loro e non i ricchi a soffrire di più quando non c’è lavoro, quando si ferisce l’ambiente. Il rischio è che l’Europa pensi solo a se stessa. Per le Chiese e le religioni questa visione non è accettabile. Un’Europa chiusa sarebbe un’Europa morta”.