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La visita del Papa si è svolta in un momento propizio e può aprire una fase nuova ” “nei rapporti con gli ortodossi” “” “
Il Papa ha scelto la Bulgaria come meta per il suo 96° viaggio apostolico. Un Paese con soli 80 mila cattolici. Dopo la Romania e la Grecia, il Pontefice ha visitato ancora una volta un paese ortodosso dei Balcani, una regione dell’Europa che segna il cammino del Santo Padre verso la Russia e il suo patriarca Alessio II. Non si può però non ricordare che è anche desiderio di Giovanni Paolo II visitare Belgrado e il patriarca serbo Pavle.
Per la Bulgaria, da questo punto di vista, il viaggio di Giovanni Paolo II ha rappresentato un fatto storico: è il primo Papa ad aver visitato il Paese. E come ha più volte sottolineato il presidente della Conferenza episcopale bulgara, mons. Hristo Proykov, la visita è avvenuta al momento giusto: il viaggio, infatti, non si sarebbe potuto realizzare prima né avrebbe avuto le stesse conseguenze dopo. Negli anni del comunismo che ha segnato la vita della Bulgaria fino al 1989 la visita di un Papa era ideologicamente impossibile. Dopo il crollo del muro di Berlino, l’episcopato bulgaro ha invitato il Santo Padre. Perché questi potesse accettare, doveva passare ancora del tempo e il ristabilimento pieno di un governo democratico. Era necessario infatti che la divisione della Chiesa ortodossa bulgara rientrasse in una fase di calma e che il Sinodo del patriarca Maxime incontrasse il sostegno per il momento verbale del primo ministro Simeon Saxcobourgotski. La visita del Papa in Bulgaria si è quindi potuta realizzare in un momento di relativa tranquillità nei problemi interni del Paese.
Anche sul piano internazionale, il momento è propizio. La Bulgaria è membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, spera di poter entrare nell’Unione europea e nella Nato e in un certo senso la visita di Giovanni Paolo II ha contribuito ad innalzare l’autorità del nostro paese agli occhi del mondo.
Tutto questo è un fatto. Ma c’è di più: la Bulgaria ha atteso venti anni prima che un’autorità occidentale dichiarasse che il Paese è innocente in merito all’attentato contro il Papa. E Giovanni Paolo II stesso ha detto di non avere mai creduto che i bulgari avessero organizzato l’attentato. Ancora un fatto storico, applaudito da tutto il popolo. Per i cattolici, la presenza del Papa ha animato e rafforzato la fede. I 350 bambini che hanno ricevuto la prima comunione sotto gli occhi del Santo Padre, ricorderanno per tutta la vita questo momento. E la statua di Giovanni XXIII benedetta da Giovanni Paolo II darà testimonianza davanti alla concattedrale di Sofia del cammino fatto dai due papi che sono passati nel nostro paese. Così come la beatificazione dei tre martiri bulgari i sacerdoti Kamen Vitchev, Pavel Djidjov e Robert Matei Shishkov ci assicura oggi dell’aiuto dei nostri confratelli fucilati per la fede nel 1952.
Dal punto di vista del dialogo ecumenico, i problemi sussistono soprattutto a livello di gerarchia. Sono intercorsi 1000 anni dallo scisma della Chiesa e se è vero che il muro tra l’Occidente e l’Oriente è stato costruito da mani d’uomo, è anche vero che queste mani possono abbatterlo. Dovranno certamente passare degli anni, prima di poter apprezzare tutti i frutti portati dalla visita di Giovanni Paolo II in Bulgaria. A poche ore dalla fine del suo viaggio, si possono comunque già intravedere dei risultati. Innanzitutto, tra i media bulgari che hanno prestato un’attenzione speciale e professionale nei confronti della Chiesa cattolica e ciò accade molto raramente. In secondo luogo si può dire che, grazie alla visita del Papa, la maggior parte dei bulgari ha capito che anche i cattolici sono dei cristiani e che le differenze tra i cattolici e gli ortodossi sono meno di ciò che li unisce. Infine, le autorità bulgare hanno dimostrato un grande rispetto verso il Pontefice e i cattolici ora sperano che questo rispetto sia un elemento duraturo delle relazioni future.