Due emergenze europee” “

Chernobyl e Porto Marghera: due casi di "emergenza ” “ambientale" diversi, per origini e conseguenze, ma che richiedono entrambi la ” “collaborazione di tutti per essere affrontati ” “” “

Ambiente, lavoro e salute. Chernobyl e Porto Marghera. La consultazione organizzata dal 23 al 26 maggio a Venezia dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee) ha ripercorso le varie fasi del disastro ambientale della centrale atomica in Ucraina e il dramma dei lavoratori del polo chimico italiano di Porto Marghera, alcuni dei quali, secondo associazioni ambientaliste, avrebbero perso la vita in seguito all’esposizione prolungata a prodotti nocivi in lavorazione nelle fabbriche dell’area.

Chernobyl. Il 6 aprile 1986, alle prime ore del mattino, un grande scoppio. Era l’inizio di una delle più gravi catastrofi nucleari della storia. Le esplosioni all’interno dei reattori produssero radiazioni che ancora oggi causano alla nostra gente gravi problemi di salute”. La tragedia di Chernobyl nel racconto del teologo ucraino Volodymir Scheremeta presente alla IV Consultazione del Ccee sul lavoro e la responsabilità per il creato di Venezia. “Le prime vittime furono quelle che vivevano nei pressi della centrale”, ha raccontato il teologo, “ma ancora oggi, dopo 16 anni, analisi e studi dimostrano che è ancora difficile stabilire la gravità delle conseguenze sia a livello ecologico sia a livello di salute”. Nel Paese, infatti, si registrano “alte percentuali di cancro, leucemie e malformazioni genetiche. In aumento anche i casi di malattie mentali con sintomi di depressione e di tendenza al suicidio. Stime ufficiali governative parlano di una spesa sanitaria incontenibile”. Chernobyl, ha detto il teologo, è qui a ricordarci che “gli effetti dei disastri ecologici si manifestano nel tempo e ci richiamano ad una profonda responsabilità nei confronti dell’ambiente”. A fare le spese del disastro di Chernobyl anche la vicina Bielorussia le cui risorse naturali ancora risentono delle radiazioni. Secondo Tatiana Novikova, ex direttore del giornale “Belarussian Climate”, Chernobyl rappresenta “una sfida alla società di questo Paese”. Per la giornalista “in Bielorussia l’attenzione ai problemi ambientali suscita meno interesse rispetto a 6 anni fa. La causa è da ricercarsi nella mancanza di effetti positivi delle politiche ambientali post Chernobyl e nella debolezza psicologica della popolazione, stanca ormai di sentir parlare di disastri ambientali”.

Porto Marghera. “E’ una ferita aperta nel tessuto cittadino di Venezia. Nel risolvere il caso del petrolchimico di Marghera bisogna tenere conto delle persone che vi lavorano che non sono affatto ‘obsolete'”. A portare il grande polo chimico italiano all’attenzione della IV Consultazione del Consiglio delle Conferenze episcopali europee di Venezia è stato don Fabio Longoni, dell’ufficio pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Venezia. “La chiave di lettura del problema del polo di Porto Marghera – ha detto don Longoni – sta nel rendere compatibile sistema urbano e industria di base. Non è con una dismissione generalizzata delle fabbriche che si ottiene una realtà di vita migliore”. Secondo il sacerdote “se si interrompesse il ciclo produttivo di Porto Marghera e si trasformasse la città solo in un polo turistico questa non diventerebbe più vivibile. Anche diventare un polo turistico ha degli oneri e lo stiamo verificando. Basti pensare all’introduzione del ticket di ingresso per controllare afflussi di persone altrimenti insopportabili senza regolamentazione”. Il problema non si può risolvere “solo rimuovendo le cause che producono guasti all’ambiente ma dando anche prospettive nuove alle persone coinvolte”. “Marghera – ha aggiunto don Longoni – è passata da 40 mila addetti a 12 mila e presto, si pensa, caleranno ancora, forse a 7 mila. Bisogna farsi carico di queste persone, assumersi i costi di riqualificazione e di ricollocazione sul territorio, magari nel settore dei servizi, della cultura, delle nuove tecnologie”. “Non avrebbe senso – ha concluso il sacerdote – togliere delle industrie qui per trasferirle in altri Paesi, magari nel Terzo Mondo, dove si inquina ulteriormente. Il problema si risolve anche applicando quegli standard di sicurezza, proposti dall’Europa, che hanno lo scopo di salvaguardare dignità del lavoratore e ambiente”.
servizi a cura di Maria Chiara Biagioni e Daniele Rocchi
inviati Sir a Venezia