Bruxelles: il dolore dell’anonimato” “

Il card. Danneels elenca le “ferite” della sua città: solitudine, anonimato, insicurezza, estraniamento…
Un “acuto bisogno di liberazione”, “domande di ricerca di senso più profonde e più numerose”, insieme alla “ricerca di un equilibrio vivibile tra persona e comunità” sono le richieste più pressanti e caratteristiche che gli abitanti delle metropoli contemporanee pongono oggi alla Chiesa. E’ quanto emerge dall’intervento del card . Godfried Danneels , arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, in occasione della presentazione, sabato 4 maggio a Vienna, della missione cittadina in quattro capitali europee: Bruxelles, Parigi, Lisbona e Vienna. Alcuni spunti tratti dal suo intervento nella capitale austriaca.

La fede torna in città. Oggi – ha sottolineato l’arcivescovo belga – più della metà della popolazione vive nelle città e le “zone di campagna non sono più luogo di incubazione della fede cristiana”. La fede torna nelle aree urbane “come è stato all’inizio del Cristianesimo”; è qui, nelle metropoli, sostiene Danneels, “che si mette in gioco il futuro del cristianesimo. Occorre dunque puntare sulle città, dove “si sono sviluppate le culture”, dove si è formato un “nuovo concetto della vita in comune e una nuova immagine dell’uomo, insieme a una lingua nuova: è allora qui che deve avvenire l’inculturazione del Vangelo. La città è diventata il centro della vita”.

Le tentazioni dell’apostolo cittadino. “La paura e il venir meno della fiducia – ha detto Danneels – sono le grosse tentazioni dell’apostolo cittadino di oggi”. Ecco perché è importante saper “individuare con chiarezza gli impedimenti” e nutrire “ancora più fiducia nella forza irresistibile del seme che è la Parola di Dio”. L’arcivescovo di Bruxelles consiglia anche di non sottovalutare l’importanza del “gruppo” e il sostegno dalla comunità ma anche la preparazione alla missione in modo che si sia “in grado di padroneggiare il vocabolario, la grammatica, la mentalità della popolazione cittadina”.

Le ferite della città
. L’abitante della città, a parere del card. Danneels, “non cerca le risposte nella religione”; visibili rimangono anche “le sue ferite: la solitudine e l’anonimato, l’esigenza di sicurezza e di comunità, la mobilità e l’estraniamento, la difficoltà” infine “a trovare un posto nella società”. Forte si fa strada in quest’uomo allora “la ricerca di guarigione”, anche se su questo bisogno si è creato un vero e proprio “mercato della ricerca di senso, un mercato aperto, dove sono presenti numerosi candidati, ognuno con una offerta”.

Domande di senso
. Nelle città in modo particolare è palpabile la ricerca di “un equilibrio vivibile tra persona e comunità, tra ‘io’ e ‘noi’, tra l’essere solo e con molti: un modello di convivenza che si trovi a metà tra l’io e la collettività”. Ma “essere libero” da ogni legame e da ogni norma non rende felice l’uomo. Ne sono testimonianza “un numero di suicidi da non sottovalutare” perché “conseguenza dell”essere libero’, quando non si sa più perché, per quale ragione darsi da fare”.

Mancanza di coesione nel tessuto sociale
. “Città – ha aggiunto il cardinale belga – è anche la lingua franca, incapace di dare un nome ai problemi e di comprenderne la soluzione: una confusione linguistica che, come a Babele, si stende davanti a noi”. Un fatto, questo, sostiene Danneels, “ben compreso dalle sette che spesso, senza pudore, raccolgono i numerosi bisogni dell’uomo” e con la loro grande inclinazione “a personalizzare e individualizzare” offrono all’uomo metropolitano “un modo per opporsi al dolore dell’anonimato”. Anche per questo, “più che mai è necessaria l’evangelizzazione della metropoli”.
Patrizia Collesi¤