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Il Simposio dei vescovi europei ha delineato ” “un nuovo ruolo del vescovo, chiamato ” “a stare più vicino ai ” “giovani che vogliono averlo come ” “interlocutore” “
Ricerca di nuovi linguaggi più vicini alla realtà giovanile, maggiore presenza dei vescovi e necessità di ripensare ‘strutture’ tradizionali come le parrocchie per trovare nuove vie di missione: sono questi per mons. Amédée Grab, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) alcuni degli elementi emersi dai lavori del X Simposio dei vescovi europei che si è svolto a Roma dal 24 al 28 aprile a Roma sul tema “Giovani d’Europa nel cambiamento. Laboratorio della fede”. “Quello del linguaggio – dice mons. Grab – è un aspetto da vedere con occhio critico. E’ evidente che il linguaggio della Chiesa deve essere più vicino a quello del mondo giovanile”. In questo senso il Simposio ha rivelato il bisogno dei giovani di “sentire più vicini i loro vescovi” lasciando da parte paure reciproche. Secondo Grab, infatti, “i vescovi non devono avere timore dei giovani anche se le loro richieste sono difficili e i loro bisogni profondi e i giovani devono avere fiducia nei loro pastori”. “I giovani – secondo il presidente del Ccee – sono attratti dalla radicalità delle scelte che si esplica anche nel vivere la fede in una dimensione comunitaria. La contemplazione, per esempio, nella sua radicalità, resta una dimensione importante, essenziale che tanta presa ha sui giovani. Compito della Chiesa è facilitare il loro accostamento al Vangelo per questa via”. Nel processo di costruzione dell’Europa l’apporto dei giovani è fondamentale: “Ognuno – conclude Grab – ha delle responsabilità al riguardo. Molta gente è invece ancora convinta che essere cristiani significa essere fedeli a certi doveri e pratiche religiose. Invece non bisogna dimenticare che ogni scelta fatta, ogni stile di vita sono costitutivi della realtà sociale e fanno parte dell’avvenire dell’Europa. Non è possibile immaginare un Europa in cui ognuno pensa solo a mantenere i propri vantaggi. Questa non è una prospettiva cristiana”.
“I giovani sono le ‘antenne speciali’ del futuro, perché in grado di sentire e indovinare ciò che accade. Perciò hanno una missione privilegiata nella Chiesa e nella società ma va riconosciuto loro questo ruolo che potrà dare un contributo enorme alla costruzione dell’Europa”. E’ questo il parere di mons. Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Ccee. “Il Simposio per mons. Bozanic – ha delineato un nuovo ruolo del vescovo, chiamato a stare ancora più vicino ai giovani, che vogliono averlo come interlocutore”. L’aspetto della comunione, in particolare, è stato più volte sottolineato durante l’incontro: “I giovani vogliono sperimentare sempre di più la vita di comunità come luogo privilegiato di formazione e di crescita – osserva il vicepresidente del Ccee -. Al tempo stesso essi sono molto solidali con i coetanei al di fuori della Chiesa”. All’interno del continente europeo, secondo mons. Bozanic, “sono più gli adulti a marcare le differenze tra Est ed Ovest e tra Nord e Sud. I giovani hanno voglia di conoscersi e di collaborare”. I giovani dell’Est “possono portare agli occidentali l’esperienza di chi ha vissuto e sofferto durante il regime e la capacità di sopportare la croce senza perdere la speranza nel futuro. Una speranza cristiana che i giovani chiedono venga annunciata loro da maestri di spiritualità e da testimoni credibili”.
“La sfida più grande che attende i giovani è far rivivere le radici cristiane dell’Europa”, sostiene il card. Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster, anch’egli vicepresidente del Ccee. “Al termine di questo Simposio i giovani tornano nei loro Paesi portando nuove idee e rinnovate speranze ai loro vescovi e ai loro coetanei”. Tra le priorità evidenziate dal cardinale quella di “riavvicinare la Chiesa ai giovani”. “I vescovi che sono stati qui al Simposio – aggiunge – non hanno certo paura dei giovani. Quello che invece va ricercato è una maggiore opportunità di contatto con il mondo giovanile. I vescovi devono trovare il tempo di stare con i giovani”. D’altro canto, secondo Murphy O’Connor “la sfida più grande che attende i giovani è far rivivere le radici cristiane dell’Europa. Dobbiamo ricordare che nella storia c’è sempre stata la morte e la resurrezione della Chiesa. Dobbiamo avere speranza per il futuro. Non bisogna dunque scoraggiarsi davanti ad eventi che sembrano spingere la fede alla deriva”. “I giovani – conclude il vicepresidente del Ccee – sono chiamati ad essere i primi testimoni del Vangelo ma secondo modalità del tutto nuove, consapevoli delle esigenze dei propri coetanei”.