I rapporti con la minoranza tedesca pesano sul futuro della Repubblica Ceca in seno all’UE. Intervengono anche i vescovi” “” “” “
Il 17 maggio del 1945, dopo la vittoria degli Alleati (con la liberazione della Slovacchia da parte dell’esercito russo) nasce a Praga la cosiddetta II Repubblica cecoslovacca con a capo Eduard Benes, al ritorno dall’esilio londinese. A lui si deve la firma dell’accordo del 20 marzo 1947 con la Polonia dove si stabilisce l’espulsione dai due Paesi delle minoranze tedesche accusate di connivenza con il regime nazista. Questi decreti vengono poi ripresi dall’Assemblea costituente, sanciti dalla Costituzione del 1948 e ratificati come leggi. In essi si prevede, per l’allora Cecoslovacchia, l’allontanamento e l’espropriazione dei beni delle minoranze tedesche, per la zona dei Sudeti, e magiare, per la Boemia e un diverso trattamento di fronte alla legge per i cittadini cechi di origini tedesche e ungheresi.
Nei giorni scorsi a Praga un gruppo di 250 intellettuali di ogni tendenza politica e rappresentanti delle Chiese hanno firmato un manifesto contro il rafforzamento dei “decreti Benes” che il partito socialdemocratico di governo (CSSD) e il partito popolare democratico (ODS) all’opposizione hanno proposto con una mozione congiunta in occasione dell’apertura della battaglia elettorale per il rinnovo del Parlamento. “I decreti del Presidente della Repubblica Benes e il trasferimento forzato dei tedeschi – si legge nella dichiarazione – rappresentano un problema doloroso in merito al quale va condotto nella società ceca, anche a livello politico, un confronto pubblico. Invece – continuano i firmatari – assistiamo al tentativo di sfruttare emozioni nazionalistiche sfrenate per dimostrare una falsa unità nazionale, che dovrebbe far guadagnare punti nella battaglia elettorale. Così si paventa la limitazione della libertà politica e della pluralità di opinione nella nostra società, il peggioramento delle relazioni con i nostri vicini e forse si mette a rischio anche la nostra entrata nell’UE”. L’adesione della Cecchia all’Unione presuppone infatti un attento esame del diritto ceco sulla proprietà per verificarne la conformità con le norme europee e con il principio dell’uguaglianza rispettato dai Paesi membri. Per Ursula Stenzel, presidente della Commissione parlamentare mista EU-Repubblica ceca, “appellarsi ai decreti Benes causa discriminazioni nei confronti di cittadini dell’Unione”, come più volte aveva fatto rilevare il Comitato per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite.
Attenzione alla questione, insieme al richiamo a “non minare il processo di riconciliazione tra i due popoli”, viene data anche dalla Conferenza episcopale ceca che, in un documento sottoscritto dal card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e da mons. Jan Graubner, arcivescovo di Olomouc e presidente della Conferenza episcopale, rileva i pericoli “dell’agire dei politici” in questa delicata questione. “Espressione del peculiare punto di vista spirituale della Chiesa”, il documento – intitolato “I rapporti di buon vicinato ceco-tedeschi devono avere successo” osserva che “la riconciliazione, l’avvicinamento e l’unione tra i popoli possono realizzarsi soltanto quando la costruzione di rapporti reciproci viene condotta in maniera tale che contemporaneamente si realizza anche un processo spirituale”. Ora, prosegue il documento, “compito della Chiesa è apportare il proprio contributo” non soltanto “alla soluzione del conflitto tedesco-ceco ed austriaco-ceco ma anche al processo complessivo dell’unificazione dell’Europa”.
Nel tentativo di “alleviare il dolore e per aprire nuove strade” erano stati effettuati passi da parte delle Chiese cristiane già nel dopoguerra, a cominciare dalla lettera pastorale del 1945, che esortava “a non punire gli innocenti insieme ai colpevoli” e respingeva “il principio della colpa collettiva” nei confronti della minoranza tedesca. Ulteriore passo verso la riconciliazione furono le lettera scambiate dalle due conferenze episcopali nel 1990 quando, “dopo il crollo dei sistemi comunisti in Europa crebbe la speranza di potersi liberare insieme da questo peso del passato” .
Patrizia Collesi