aborto
” “” “Il 2 giugno i cittadini svizzeri sono chiamati a votare su due proposte, di orientamento ” “opposto, in materia di aborto. Le "nove tesi" della conferenza episcopale ” “
La promozione di “un insieme di misure di accompagnamento a favore delle donne e della protezione della famiglia”, quali “assicurazioni sulla maternità, congedi, sussidi per i figli, asili nido, riduzione dei premi assicurativi per malattia, sgravi fiscali”, unitamente ad “un sistema di consulenza e assistenza per le donne incinte, capace di proporre un aiuto concreto con il sostegno dello Stato”: sono gli strumenti indicati dai vescovi svizzeri per combattere la piaga delle interruzioni volontarie di gravidanza, una media di 13mila l’anno. L’occasione è stata offerta nei giorni scorsi da una conferenza stampa svoltasi a Berna durante la quale, alla presenza del presidente della Conferenza episcopale elvetica, mons. Amédée Grab, e del vescovo di Basilea, mons. Kurt Koch, è stata presentata l’edizione francese delle “Nove tesi sull’interruzione di gravidanza” a cura della Commissione teologica dei vescovi svizzeri, documento già reso noto nella versione tedesca lo scorso mese di settembre (cfr SirEuropa n.1/2001). Il prossimo 2 giugno i cittadini svizzeri saranno chiamati a pronunciarsi sulla “regolamentazione dei termini”, ovvero spiegano i vescovi “sulla depenalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza durante le prime dodici settimane”. Perciò la conferenza episcopale ribadisce che “il problema della protezione della vita non può essere risolto unicamente nella prospettiva del diritto penale”.
Modifiche al Codice penale e considerazioni dei vescovi. Attualmente il Codice penale svizzero prevede la punibilità dell’aborto; in realtà viene lasciata ampia discrezionalità ai medici che, per motivi terapeutici, possono praticare l’interruzione di gravidanza. Infatti, secondo le modifiche, correzioni e integrazioni agli artt. 118 e 119 approvate dalle Camere federali il 23 marzo 2001, l’interruzione di gravidanza non è punibile se, “in base al giudizio del medico, è necessaria per evitare alla gestante il pericolo di un grave danno fisico o di una grave angustia psichica”. Per i vescovi, “in questi nuovi articoli lo Stato non prende abbastanza sul serio il proprio ruolo di protezione della vita umana nascente” delegandola “ampiamente alla sola responsabilità delle donne coinvolte o del medico curante” e non si preoccupa di “fornire aiuto alle donne in difficoltà”. Una questione complessa, “con implicazioni etiche, politiche e sociali”. In più si aggiunge il progetto “Pour la mère et l’enfant”, proposta di iniziativa popolare che sarà egualmente sottoposta alla consultazione referendaria del 2 giugno e che esprime un netto rifiuto dell’aborto. Tale proposta per i vescovi è “insufficiente” perché “non potrà essere applicata” senza “una chiara volontà politica ” di “accompagnamento e sostegno alle famiglie”. Tuttavia, precisa il documento, “la Conferenza episcopale svizzera non fornisce in merito alcuna indicazione di voto”; piuttosto “esorta i credenti e la popolazione ad impegnarsi attivamente per una migliore tutela della madre e del bambino”.
“Femmes dans l’église”. “Non crediamo all’effetto dissuasivo del Codice penale, poiché da molto tempo abortire non comporta più conseguenze giudiziarie” ed è eccessiva “l’autonomia di scelta che la legge attribuisce alla donna in gravidanza”. Ad affermarlo, durante conferenza stampa dei vescovi svizzeri, Rose-Marie Umbricht-Maurer, presidente della Commissione “Femmes dans l’église” della Conferenza episcopale, dal 1996 impegnata per la prevenzione dell’aborto. “Una politica familiare degna di questo nome” in un Paese dove “in troppi ambienti regna un clima tutt’altro che favorevole alla famiglia e ai bambini” è quanto auspica Umbricht-Maurer, osservando che “oggi non dovrebbe più accadere che vi siano donne obbligate a scegliere tra professione e figli per l’unica ragione che un posto in un buon asilo nido è diventato merce rara”. Secondo la presidente della Commissione “avere dei bambini non può essere ridotto ad un mero affare privato per il quale la società e le istituzioni ritengono di non doversi assumere alcuna responsabilità”.
Giovanna Pasqualin Traversa