sacerdoti
” “” “Padre Conor è ormai famoso in Gran Bretagna per come imita Elvis Presley. ” “Gli incassi dei concerti vanno ad iniziative di beneficenza” “” “
“Che vocazione meravigliosa è la nostra, miei cari fratelli sacerdoti!”, ha scritto il Papa nella tradizionale lettera per il Giovedì Santo. In vista di questa ricorrenza liturgica, che mette al centro la figura del presbitero, servitore della Chiesa, abbiamo raccolto alcune testimonianze di sacerdoti.
Cominciamo da un sacerdote inglese che è stato soprannominato Elvis Presley e, grazie alle liriche del “re”, ha raccolto migliaia di sterline per cause di beneficenza. E’ padre Conor Stainton-Pollard e in Gran Bretagna sta riscuotendo un notevole successo. Il “Sun”, il giornale tabloid più venduto nel Regno Unito, ha pubblicato la sua fotografia e un programma popolarissimo del mattino “Big Breakfast”, in onda sul canale quattro della televisione inglese, lo ha invitato come ospite. Vestiti bianchi e chitarra in mano, padre Conor ha gli stessi tratti e la stessa corporatura di Presley. Nato trent’anni fa a Lisburn (nell’Irlanda settentrionale), padre Conor si è trasferito in Inghilterra nel 1997, quando è stato ordinato prete nella diocesi di Liverpool. Oggi è studente a tempo pieno per un dottorato di ricerca in filosofia. Ha cominciato giovanissimo a interpretare Presley, quando era ancora a scuola, fra i suoi amici. “Lo facevo per scherzare – spiega – ma Elvis mi ha sempre affascinato, con la sua musica, la sua personalità e la sua tristezza. Penso che la gente lo usasse molto e che lui sentisse di non poter essere mai del tutto se stesso”.
Si sente simile a Presley?
“Solo in parte. Condivido la sua voglia di cantare, il suo desiderio di far sorridere la gente. E’ quello che mi spinge a interpretarlo sul palcoscenico. Essere felici è molto importante ma la gioia cristiana è diversa da quella che dà il mondo. E’ una gioia che non ha bisogno di beni materiali. Elvis Presley, come molti uomini di oggi, era profondamente solo e infelice. Io non lo sono, grazie alla mia fede in Dio e alla comunità cristiana”.
Insomma, un Elvis Presley abbandonato da Dio…
“No, un Elvis Presley alla ricerca di Dio, come si capisce da alcune sue liriche famose, ‘I just can’t help believing’ per esempio. Quando è morto stava leggendo un libro sulla Sacra Sindone. Aveva bisogno della fede e la cercava”.
Quanto tempo spende con Elvis ogni giorno?
“Parecchie ore. Canticchio le sue canzoni, ascolto i suoi dischi. Quando predico, faccio spesso riferimento alle sue canzoni e i fedeli apprezzano, capiscono meglio quello che voglio dire”.
Non ha mai pensato di fare il cantante?
“Ho sempre voluto fare il sacerdote. Ho avuto dubbi sulla mia vocazione, come tutti, ma il desiderio di essere un prete è cominciato presto, appena bambino. Mia mamma diceva che da bambino quando mi chiedevano che cosa volevo fare da grande, anziché dire di voler fare il pompiere o il poliziotto dicevo di voler fare il prete-pompiere o il prete-poliziotto. Sono felice di essere un sacerdote. La mia passione per Presley posso coltivarla lo stesso sul palcoscenico, anche se ogni volta che devo salire sul palco mi prende il panico”.
Quanti concerti dà all’anno?
“Tre o quattro e hanno sempre molto successo, attirano centinaia di persone. Ogni volta che sento qualcuno che ha bisogno di soldi, mi metto a disposizione. Organizziamo un concerto e le liriche del ‘re’ fanno… miracoli”.