regno unito" "

L’eutanasia resta illegale” “

La sentenza dell’Alta corte di Londra per il caso di "Miss B." non può servire da ” “pretesto per legalizzare l’eutanasia in Gran Bretagna, affermano i vescovi” “” “

“Paternalismo benevolente” che viola il diritto di un paziente a rifiutare le cure mediche. Così è stato definito dal giudice dell’Alta Corte inglese, Elizabeth Butler-Sloss, l’atteggiamento dei medici curanti di Miss B, la donna tetraplegica di 43 anni, paralizzata al di sotto del collo e dipendente per la sua vita da un ventilatore polmonare. I medici del servizio sanitario nazionale inglese che l’hanno in cura hanno fatto prevalere il dovere di proteggere e migliorare la qualità della vita sul diritto del paziente di scegliere le cure mediche alle quali desidera essere sottoposto. Per l’Alta corte di Londra avrebbero violato così il diritto del paziente a rifiutare assistenza e cure mediche. Come spiegano l’arcivescovo di Cardiff, Peter Smith, presidente del dipartimento per la responsabilità cristiana e la cittadinanza della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, e l’arcivescovo di Glasgow (Scozia), Mario Conti, il caso va distinto dal più ampio dibattito sull’eutanasia perché la richiesta di Miss B non è stata per il suicidio assistito ma per l’interruzione di una procedura medica diventata insopportabile. Dal 1993 la legislazione inglese riconosce il diritto del paziente a rifiutare cibo e acqua e cure mediche e a lasciarsi morire. “Interrompere cure mediche che sono pericolose e sproporzionate alle aspettative può essere legittimo – spiega mons. Conti – nella misura in cui il paziente non vuole la propria morte ma accetta la realtà della propria condizione”. Questo caso è del tutto diverso da altri nei quali cure mediche di base vengono sospese per provocare o accelerare la morte. Azioni di questo tipo sono moralmente illecite”. Su questa linea è d’accordo l’arcivescovo di Cardiff, mons. Peter Smith: “Il diritto di un paziente a rifiutare un trattamento medico, è stato a lungo riconosciuto come legalmente e moralmente accettabile”, osserva. Quanto è accaduto, ad avviso dei due arcivescovi, “non deve indurre a legalizzare la pratica dell’eutanasia attiva”. Miss B aveva firmato un testamento nel quale spiegava di non voler ricevere cure nel caso avesse sofferto di una condizione che minacciava la sua vita, di uno stato di incoscienza o di un handicap mentale permanente. Il suo caso non ha nulla a che vedere dunque con quello di Diane Pretty, la donna inglese che è ricorsa alla Corte europea dei diritti dell’uomo chiedendo che le venga riconosciuto il diritto al suicidio assistito. Diane Pretty, che è paralizzata in tutto il corpo a causa di una malattia degenerativa del sistema nervoso e dipende da un ventilatore per la sua sopravvivenza, chiede che il marito non venga incriminato se le somministra droghe che la aiutino a morire.