islam

” “Disponibili all’ascolto

” “” “"L’integrazione vera passa attraverso la strada dell’educazione e dell’apprendimento", afferma il direttore del Pontificio Istituto ” “di Studi arabi ” “


E’ stato presentato il 28 febbraio a Londra “Dialogo interreligioso – l’insegnamento della Chiesa cattolica”, il nuovo libro di mons. Kevin McDonald, presidente del Comitato episcopale per il dialogo con le altre fedi. Alla presentazione del volume parteciperà anche padre Justo Lacunza Balda , direttore del Pisai (Pontificio Istituto di Studi arabi e di Islamistica), uno dei centri di studio più accreditati per il dialogo con l’Islam. Sempre a Londra alcune settimane fa si era svolto un convegno dedicato al dialogo tra islam e cristianesimo al quale hanno partecipato circa 40 rappresentanti ed esperti provenienti da oltre 12 paesi del mondo. Giunge invece dalla Germania la notizia di una Charta islamica redatta dal Consiglio centrale dei musulmani per offrire un contributo “all’obiettività del dibattito politico-sociale” (cfr SirEuropa n.7/2002). Per capire meglio questo mondo e quali trasformazioni ha subito dopo l’11 settembre, abbiamo parlato con padre Lacunza Balda .

Cosa ha di particolare l’esperienza anglosassone?
“Il mondo anglosassone ha un approccio realista che sa andare al nocciolo delle questioni senza lasciarsi trascinare da pregiudizi e ideologie. Questo atteggiamento fa sì che gli inglesi – e per riflesso anche la Chiesa cattolica – vogliono sapere esattamente cosa succede e, nel caso delle comunità islamiche, vogliono conoscere chi sono i musulmani, da dove vengono, quali sono le loro tradizioni, i pilastri della loro fede. Non si lavora ad un’integrazione astratta ma visibile e concreta. E’ questo senso del reale che fa sì che l’esperienza della Chiesa cattolica anglosassone sia un’esperienza molto positiva”.
E la comunità islamica?
“I musulmani sono ormai parte del tessuto sociale, culturale ed economico del Regno Unito. Fanno parte della linfa vitale di questo Paese. L’esperienza inglese insegna che le difficoltà vanno affrontate e i problemi discussi. Ciò però richiede spazi di incontro dove ciascuno può parlare chiaramente”.
Cosa pensa della Charta islamica pubblicata in Germania?
“Non abbiamo bisogno di nuove Costituzioni e di nuovi programmi. Il quadro deve essere la Costituzione di ogni singolo Paese all’interno del quale c’è spazio per tutte le culture, le usanze e le tradizioni. A patto però che nessuno rubi lo spazio all’altro. La libertà religiosa e culturale finisce laddove comincia la libertà dell’altro”.
Si ha l’impressione che le comunità islamiche si stiano dando da fare per farsi conoscere. Cosa ne pensa?
“Sì, è vero, soprattutto dopo l’11 settembre. L’errore ora sarebbe discutere su chi ha torto e chi ha ragione. I problemi devono essere elencati, analizzati e studiati. Ma occorre soprattutto chiarezza: capire cioè se si sta parlando di questioni religiose, economiche o politiche. Le gente spesso non sa di cosa sta parlando”.
Un’Europa poco interessata all’alterità?
“Non solo. Il problema è che la questione politica ed economica ha preso il sopravvento e la cultura e la religione sono state messe negli scantinati dei dibattiti europei. E adesso li ritiriamo fuori perché abbiamo capito di non poterne fare a meno. Ne parliamo non perché ne siamo convinti, ma perché ci siamo accorti di non avere altre strade”.
Le comunità islamiche sono pronte a mettersi in gioco?
“Direi piuttosto che la società in genere non è abituata al dialogo. Il fatto che oggi tutti parlano di dialogo, non significa che lo si faccia veramente. Il musulmano che voglia vivere in Europa deve essere disposto a mettersi in ascolto. E questo significa imparare la lingua, la storia e la cultura del Paese in cui è andato a vivere, in modo da avviare un cammino di integrazione. L’integrazione vera passa attraverso la strada dell’educazione e dell’apprendimento”.
Maria Chiara Biagioni