” “Gli effetti negativi della globalizzazione ” “dell’economia pesano in particolare sulle donne, afferma l’Organizzazione ” “internazionale del lavoro” “” “
Nonostante l’esistenza di numerose convenzioni internazionali, la discriminazione tra i sessi persiste ancora, soprattutto nel mondo del lavoro. Secondo studi dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), sono le donne ad aver risentito maggiormente degli svantaggi provocati dalla globalizzazione dell’economia.
Impieghi d’ufficio e poche dirigenze. Da vent’anni, il tasso di partecipazione delle donne al lavoro è in costante aumento, tanto che si può parlare di un vero e proprio fenomeno di femminilizzazione della manodopera e dell’impiego, su scala mondiale. La crescita è stata più forte in paesi come la Spagna e i Paesi Bassi, dove le donne erano meno presenti. Negli Stati Uniti, in Canada e nei paesi nordici, le donne costituiscono già circa la metà della popolazione attiva, con tassi di attività che superano il 70% in certe fasce di età. Le donne, tuttavia, rimangono minoritarie nei posti di dirigenza o di responsabilità, Sono, per la maggior parte, relegate ad una stretta gamma d’impieghi cosiddetti “femminili” (impieghi d’ufficio, servizi, vendite e libere professioni di livello medio), in genere meno pagati e meno valorizzati degli impieghi “maschili”. Secondo le ultime cifre pubblicate dall’Oil, solo una quota che oscilla tra l’1 e il 3% dei posti di dirigenza nelle compagnie più grandi del mondo sono occupati da donne e solo otto paesi nel mondo hanno una donna come capo di stato. Il 13% dei parlamentari nel mondo è composto da donne e sebbene il 40% degli iscritti ai sindacati siano donne, solo l’1% di queste arriva ad ottenere un posto di direzione.
Stipendi bassi. Quattro i principali fattori di discriminazione: la persistenza delle differenze tra gli stipendi degli uomini e delle donne, l’iniquità d’accesso all’impiego stabile, la persistenza e a volte l’accentuazione dell’ineguaglianza professionale e la crescita del “lavoro fantasma” (lavoro invisibile, non pagato ma economicamente necessario, nei settori domestici, agricoli e informali). Ovunque nel mondo, nel settore privato le donne sono pagate mediamente meno degli uomini e nessun indice lascia presagire che questa disuguaglianza stia per diminuire in modo significativo. Progressi incontestabili sono stati compiuti nell’ambito dell’equiparazione degli stipendi durante gli ultimi 40 anni ma non sono stati universali o sostenuti. La maggior parte delle donne continua a guadagnare il 50-80% circa degli stipendi degli uomini. Nei paesi sviluppati, la sperequazione varia tra il 30 e il 10% circa.
La Convenzione internazionale. La Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne è entrata in vigore il 3 settembre 1981 con l’adesione di 168 paesi. Da questo momento, un Comitato composto da 23 esperti internazionali si riunisce due volte l’anno per esaminare le relazioni presentate dai paesi che hanno ratificato la Convenzione. Ogni paese è libero di presentare o meno il suo rapporto: l’Arabia Saudita, ad esempio, non l’ha mai fatto. Un protocollo addizionale, entrato in vigore il 7 marzo 2001, permette al Comitato di ricevere anche ricorsi individuali. 31 paesi hanno ratificato questo protocollo che è stato però accolto con alcune riserve: alcuni episcopati, ad esempio, hanno rilevato come il protocollo rischi di incoraggiare all’aborto. Gli studiosi più critici non sono così entusiasti: la grande maggioranza delle persone nel mondo non conosce i meccanismi esistenti. Il Comitato dei diritti dell’uomo ha registrato, in 25 anni, 1.050 casi nonostante le 3.000 lettere ricevute all’anno. Solo una percentuale tra il 10 e il 15% dei casi riesce ad essere presa in esame.