ortodossi
” “"Senza la pace ” “ecumenica non ci sarà in Europa né ” “evangelizzazione né testimonianza comune", ” “afferma padre ” “Valdman, ortodosso ” “
Continuare il dialogo della carità perché “senza la pace ecumenica non ci sarà in Europa né evangelizzazione né testimonianza comune”. E’ la via indicata da padre Traian Valdman , vicario episcopale delle comunità ortodosse romene in Italia, per ridare speranza al dialogo tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca. Lo abbiamo intervistato.
Perché il Patriarcato ha reagito così negativamente al provvedimento della Santa Sede?
“Le Chiese ortodosse nel loro insieme sono uscite dal regime comunista in una situazione di grande debolezza materiale e si aspettavano una comprensione maggiore da parte delle Chiese occidentali cattoliche e protestanti rispetto a questa situazione. La Chiesa ortodossa fa fatica a capire come mai ogni ordine religioso, ogni tipo di spiritualità, ogni movimento voglia creare una sede in quei paesi. Queste presenze che non c’erano prima vengono percepite come gesti di mancanza di rispetto per l’ortodossia già martire di quei territori. Non si ritiene soprattutto che il secolarismo – in atto nei paesi dell’Est Europa come in Occidente – sia motivo per fare azioni che vengono percepite invece come proselitismo. D’altra parte però occorre anche considerare che nella Federazione russa ci sono fedeli cattolici e che le amministrazioni apostoliche sono strutture di tipo provvisorio che di solito finiscono per diventare diocesi. Bisogna però vedere il modo con cui si opera questo passaggio. Nel documento di Balamand si dice che è necessario che vi sia un’informazione reciproca sui diversi progetti pastorali. Ebbene, non ho notizia che questo sia avvenuto”.
Quale impatto sta avendo questa difficoltà sulle altre chiese ortodosse?
“Benché si utilizzi spesso il plurale, la Chiesa ortodossa è un unico organismo in ciò che concerne la fede, la liturgia, i principi canonici. In questa unica Chiesa vige il sistema delle autocefalie. E allora quando una soffre, soffrono anche tutte le altre. D’altra parte ogni chiesa reagisce a iniziative del genere in funzione dei rapporti che ha con i cattolici a livello locale. Certo, una situazione come questa allontana un nuovo incontro per il dialogo teologico. Siamo già in una fase di impasse a causa dell’uniatismo e all’ultimo incontro di Baltimora non si è riusciti a realizzare nessuna convergenza. Se intervengono nuove situazioni, è chiaro che queste vanno a discapito del dialogo. Non dico che non sia giusto creare diocesi laddove ci sono fedeli. La Chiesa ortodossa come la Chiesa cattolica basa la sua ecclesiologia sulla struttura diocesana. Dipende però dalla modalità e dai tempi con cui questi atti vengono compiuti”.
Qual è la modalità giusta?
“Informare prima. Ma non solo. Occorre anche spiegare e garantire che tutto vuole essere frutto di un accordo. Parlare insieme e tenersi la mano. Mai sostituirsi alle Chiese locali ma aiutarle quando ne fanno richiesta. Non far niente senza di loro né contro di loro. Senza la pace ecumenica non ci sarà in Europa né evangelizzazione né testimonianza comune”.
Quale speranza per il futuro?
“La speranza non deve morire mai. Non credo che era il momento di fare questo passo. Era un passo da fare ma forse doveva essere preparato meglio. Quello che stiamo vivendo è un momento di difficoltà come ce ne sono stati anche tanti altri in passato. Non lo vedo in maniera così tragica. Ma perché il dialogo della verità non si fermi, occorre continuare ad alimentare il dialogo della carità. Per cui la speranza va coltivata con la carità. Bisogna inoltre fare tutto il possibile per creare momenti di cooperazione e testimonianza comune. E poi pregare affinché i passi ulteriori da fare siano passi di amore, di carità e comprensione per il popolo russo”.
Maria Chiara Biagioni