mucca pazza

” “Ancora allarme” “

” “Nuovi casi in Italia, Danimarca e Finlandia. Il Parlamento europeo condanna l’inadeguata applicazione della legislazione ” “comunitaria da parte di alcuni Stati ” “


L’allarme “mucca pazza”, che sembrava rientrato, ritorna sulle prime pagine dei giornali di tutta Europa anche a seguito del caso sospetto di morbo di Creutzfeldt-Jakobs che ha colpito una ragazza siciliana e dei nuovi casi di Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE) in Danimarca e Finlandia. Il 6 febbraio scorso, la Plenaria del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si condanna “l’inadeguata e tardiva applicazione della legislazione comunitaria sull’BSE da parte di alcuni Stati membri e l’inaccettabile assenza di conformità da parte di altri”. Abbiamo incontrato Costa Golfidis , del COPA-COGECA (Comitato delle Organizzazioni Professionali Agricole dell’Unione Europea e Comitato Generale della Cooperazione Agricola dell’Unione Europea), direttore per il comparto bestiame e coordinatore per le questioni legate alla sicurezza degli alimenti e dei mangimi.

Mucca pazza: qual è l’attuale situazione in Europa?
“Le cifre sono rassicuranti, da molto tempo ormai non si registra più un aumento dei casi da un anno al seguente. Le misure assunte risultano efficaci; il bando totale delle farine di carne e delle farine ossee e la distruzione del materiale a rischio specifico da sole hanno praticamente arrestato la malattia. Va detto che le vacche colpite hanno più di tre anni di vita, e considerati i tempi di incubazione senz’altro si verificheranno altri casi in vacche da latte oggi più giovani; i controlli oggi si fanno nell’arco dei 5/6/7 anni di vita di un capo. Comunque, il sistema di monitoraggio messo in atto permette oggi di farsi in qualsiasi istante un’idea globale e realista della situazione a livello sia europeo sia dei singoli Stati”.
I metodi di allevamento sono veramente migliorati, oppure si ricorre ancora all’uso delle farine animali?
“I metodi di allevamento sono diversi: vi sono le aziende dove l’allevamento avviene secondo metodi intensivi piuttosto che estensivi, tanto per i bovini ‘da carne’ quanto per le vacche da latte. E’ indubbio che la maggior parte dei casi di mucca pazza si sia riscontrato nelle vacche da latte, allevate di norma e per comodità di mungitura con il metodo intensivo della stabulazione. E’ vero che proprio in questo genere di aziende sono state trovate farine non trattate ed è anche vero che la tesi oggi predominante e quasi certa vuole che la mucca pazza sia dovuta alla contaminazione alimentare di vacche da latte provenienti dal Regno Unito. Ma non si possono criminalizzare gli allevamenti: le farine animali oggi sono vietate e tale divieto è rispettato al punto che è pressoché impossibile trovare farine di carne o farine ossee non solo per l’alimentazione dei ruminanti, bensì anche per tutti gli altri animali, maiali e pollame compresi”.
Eppure il Parlamento europeo ha contestato agli Stati membri di non applicare la normativa europea. Per quale ragione?
“I protocolli sono unici in tutti i Paesi. I provvedimenti normativi si basano su pareri scientifici, comuni anch’essi a livello dell’Unione. Purtroppo però il sistema presenta alcuni anelli deboli. Ad esempio, ogni Paese ha la propria Agenzia per la sicurezza alimentare che emana pareri a volte differenti da quelli della Commissione. Così sorgono incomprensioni tra le Autorità e tra gli stessi consumatori. La soluzione, ancora una volta, non può che essere l’uniformità anche dei pareri scientifici. Infine, va ricordata l’attività dell’Ufficio veterinario europeo, con sede a Dublino, volta a verificare che le Agenzie nazionali rispettino la legislazione comunitaria nel corso della loro attività di prevenzione e controllo. Le missioni sono moltissime e le relazioni sono pubbliche e disponibili su Internet; i dati mostrano insufficienze e carenze riguardo lo stoccaggio dei materiali a rischio ad esempio in Germania e in Spagna. L’obiettivo è armonizzare il funzionamento dei vari servizi nazionali”.