scandinavia

” “Accanto a chi soffre

” “” “Un documento dei vescovi scandinavi sulla cura dei malati terminali. Viene lanciato un forte appello contro ” “l’eutanasia” “” “” “



L’11 febbraio, in occasione della giornata mondiale del malato, i vescovi della Conferenza episcopale del Nord Europa, che riunisce sotto la presidenza di Gerhard Schwenzer, vescovo di Oslo, i rappresentanti della chiesa cattolica svedese, norvegese, danese, finlandese ed islandese, hanno resa nota un lettera pastorale dal titolo “Conservare la vita: l’assistenza nella fase finale della vita” nella quale trovano spazio sia il tema della cura ai malati terminali che quello dell’eutanasia.

“Questa lettera è diretta non soltanto ai cristiani cattolici del Nord”, scrivono i vescovi, auspicando che il “documento contribuisca a promuovere una ‘cultura della vita’ nei paesi del Nord Europa, ma soprattutto il rispetto per l’uomo, stato creato a immagine di Dio, redento in Cristo e chiamato alla vita eterna”. Il testo prende l’avvio dallo “sfondo sociale” attuale delle società scandinave, per affrontare successivamente il “punto di vista cristiano dell’assistenza sanitaria e della cura dei malati” e passare in rassegna i “problemi connessi con la cura nella fase finale della vita”. Spiega inoltre il “contributo della Chiesa all’assistenza sanitaria nel Nord Europa” e si conclude con una serie di “raccomandazioni e proposte”. Ne proponiamo una sintesi.
Medicina palliativa. Per quanto “rispetto ad altri settori della medicina sia un settore trascurato perché meno prestigioso”, affermano i vescovi, va portato avanti comunque “sostenendo la ricerca sulle cure palliative e la formazione del personale, in modo che la migliore preparazione possa giovare al paziente” che mai “dal punto di vista medico, anche se sofferente di malattia incurabile, deve essere considerato ‘finito di curare'”. D’altra parte, questo tipo di interventi va visto come “elemento autonomo nella cura medica complessiva, offerto a tutti coloro che ne hanno bisogno, in maniera tempestiva e portato avanti fino al momento della morte.”
Eutanasia. Molto spesso per i malati terminali “il desiderio di essere aiutati a morire si fonda soprattutto sulla mancanza di dialogo, sulla depressione e la paura che si prova all’avvicinarsi della morte o sul timore di costituire un aggravio eccessivo a chi li assiste o ai parenti”. Questo non va assolutamente assecondato, si sostiene nel documento, in quanto “l’eutanasia rappresenta un’alternativa inaccettabile, che mina il significato delle cure palliative e mette in pericolo il valore dell’uomo.”
Sedazione terminale. Anche in questo caso un no chiaro al metodo che consiste nell’induzione forzata del morente al sonno e nell’interruzione di tutte le cure fino al sopraggiungere della morte: d’altronde “poiché l’intenzione è uccidere il paziente, la sedazione terminale deve essere considerata una eutanasia vera e propria, e come tale vietata”; inoltre “la prassi medica ha dimostrato che nonostante il sonno indotto artificialmente il malato può provare dolore”, e così “verrebbe tolta la possibilità di risveglio per chiedere aiuto”: questo è “profondamente antietico”.
Donazione di organi. La Chiesa definisce la morte attraverso argomentazioni teologiche e filosofiche e “riconosce implicitamente il cosiddetto criterio della morte cerebrale”. Dopo che questa è sopraggiunta “una donazione di organi può costituire l’ultimo libero atto d’amore di una persona sulla terra” e quando si pensa alla grave carenza di organi per i trapianti, “si deve considerare come benvenuta la possibilità di salvare la vita di altri uomini attraverso il nostro corpo morto”. E’ perciò auspicabile che “il consenso alla donazione venga stabilito con consapevolezza”.
Progetto pastorale. Si propone alle singole comunità di elaborare un piano pastorale, “un apostolato della visita” in modo che gli anziani e i malati “possano ricevere visite regolari ed abbiamo la possibilità di ricevere la comunione quando sono impossibilitati a recarsi in chiesa.”
Patrizia Collesi