” “Quotidiani e periodici” “


New York e Porto Alegre: i due appuntamenti in contemporanea rilanciano, sui principali quotidiani internazionali, il dibattito sul rapporto tra economia e globalizzazione. La Croix del 4/2 dedica una pagina intera ai due “vertici”: “La lotta contro la povertà nel Sud – si legge nel sommario dell’articolo firmato da Pierre Cochez – è al centro dei due forum mondiali in Brasile e negli Stati Uniti. A Porto Alegre, il Forum sociale mondiale prende in considerazione la questione del debito. A New York, il Forum economico globale preferisce interrogarsi sullo sradicamento del terrorismo”.”Il Forum di Porto Alegre è finito con una condanna in tutte le direzioni degli Stati Uniti”, titola Le Monde del 6/2. “Quasi tutti i temi affrontati nelle conferenze e nei dibattiti – scrivono Babette Stern e Jean-Jacques Sévilla nell’articolo – sono sfociati nella condanna della politica dell’amministrazione Bush e delle multinazionali americane (…). Ritenuto il responsabile del fallimento argentino, il Fondo monetario internazionale ha catalizzato gli attacchi contro il funzionamento del sistema finanziario mondiale, che favorisce tutte le derive speculative”.
Analogamente i giornali spagnoli dedicano molto spazio ai forum di New York e Porto Alegre. El Pais del 31/1 titola “ Le libertà nell’agenda della globalizzazione” e definisce i due forum rispettivamente come “ elitario e popolare“,” tesi ed antitesi“, “ nord e sud”, per ribadire che “ la globalizzazione genera senza dubbio considerevoli profitti ad una parte del pianeta, ma emargina un altro frammento più numeroso dello stesso che non partecipa ai vantaggi di una migliore comunicazione ed interdipendenza.” Sullo stesso giornale un editoriale del 4/1 ritiene che “ l’antiglobalizzazione, in un certo senso, ha vinto. Le loro preoccupazioni sono rientrate pienamente nei dibattiti del Foro economico mondiale: la necessità di ridurre le disuguaglianze nelle società e tra le società; la lotta contro l’Aids; la ricerca di un governo globale; un programma di cooperazione con l’Africa. Porto Alegre e Davos hanno oggi più cose in comune dell’anno scorso.” Su La Razón del 2/2 Luis María Ansón ritiene che “ la globalizzazione è ineluttabile… e invece di confinarla bisogna orientarla con lo scopo di evitare che le ingiustizie si concentrino e possano agitare ancora più il mondo.” Ed osserva che il magistero pontificio del secolo XX aveva già “ stabilito le basi per un’equa distribuzione della ricchezza mondiale.” A proposito della contestazione dei militanti “no-global”, Luis Ignacio Prada su ABC del 1/2 osserva che “nonostante alcuni metodi utilizzati per le loro rivendicazioni siano ricusabili, non devono essere sottovalutate le loro giuste richieste di un’equa distribuzione delle ricchezze“.
Con sobrietà e senza indulgere in ampie dissertazioni gli organi di informazione tedesca si sono occupati dei due incontri mondiali. Il settimanale Spiegel del 4/2 conduce un serrato confronto tra i due Summit nelle sue pagine economiche a firma di Jan Fleischhauer e Ulrich Schäfer. “ Già al primo sguardo si intuisce che è una lotta per la conquista della attenzione del mondo. Da un lato i potenti dall’altro i senza potere. Qui i competitori globali, di là i critici globali. Da una parte il denaro, dall’altra la contestazione“. Anche la Süddeutsche Zeitung del 5/2 si occupa dei due eventi sottolineando l’ampio concorso tra i convenuti a Porto Alegre di “ rappresentanti dei governi, delle Nazioni Unite, dei sindacati e delle Chiese“. Ma il vero “ epicentro politico” dell’incontro per il quotidiano bavarese sarebbe “ la critica alla nuova zona di libero scambio progettata dagli Stati Uniti per il continente americano.
La Frankfurter Allgemeine Zeitung del 6/2 dedica a questo evento un commento firmato da Josef Oerhrlein, intitolato “L’incontro delle comunità della sinistra del mondo” dove si legge che “il numero stesso dei partecipanti mostra il bisogno a livello mondiale di un ammortizzatore sociale a qualsivoglia ‘modello’ politico ed economico” ed anche che “il forum, per le sue stesse dimensioni, ben più ampie di quelle che i suoi promotori si attendevano, si è evoluto in un movimento che non si può semplicemente relegare a sinistra”.