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Le Chiese promuovono l’Onu” “

” “In vista del referendum per l’adesione della Confederazione elvetica alle Nazioni Unite ,” “le Chiese scendono ” “in campo” “” “


Dopo la Caritas e gli organismi caritativi delle altre confessioni (cfr SirEuropa n.10/2001), scendono in campo le Chiese cristiane per un sì convinto all’adesione della Svizzera alle Nazioni Unite su cui sono chiamati a pronunciarsi i cittadini elvetici con un referendum il prossimo 3 marzo. Le Chiese condividono gli scopi delle Nazioni Unite, affermano mons. Amédée Grab, presidente della Conferenza episcopale, e il pastore Thomas Wipf, presidente del Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera, in un documento a cura della Commissione Giustizia e Pace e dell’Istituto di etica sociale della Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera. Il testo, disponibile anche in italiano, si intitola “Le Chiese e l’Onu”. “E’ vero che l’Onu non è perfetta – affermano Grab e Wipf – ma resta l’unica piattaforma per poter operare un miglioramento su scala mondiale”. Grazie alla propria esperienza di paese multiculturale, la Svizzera “potrebbe portare un valido contributo alle Nazioni Unite – si legge ancora nel documento – nella promozione di una convivenza tra i popoli improntata a valori quali la pace, la giustizia, lo sviluppo sostenibile. Possiamo forse sottrarci a questo impegno che è anche un dovere nei confronti del mondo che ci circonda?” chiedono i responsabili delle due Chiese. Da qui l’invito a esaminare a fondo la posta in gioco nel prossimo referendum.

La “globalizzazione dei valori”. Le Chiese svizzere sono favorevoli alle Nazioni Unite perché, spiega il documento, scoprono nell’organizzazione mondiale una serie di scopi e valori che appartengono al patrimonio cristiano. Il primo punto di contatto è la comune preoccupazione per i diritti umani, riassunti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del 1948. I due incontri ecumenici di Basilea (1989) e Graz (1997) hanno ribadito l’impegno dei cristiani per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. certo, malgrado le Nazioni Unite, il mondo è tuttora segnato da decine di conflitti, ma – chiedono le Chiese – “che cosa sarebbe successo in Kuwait, a Timor Est, in Kosovo e in tanti altri Stati colpiti dalla guerra, se l’ONU non fosse esistita?”. Il secondo fronte comune di impegno concerne la “globalizzazione dei valori” e in particolare della pace. Le Chiese sono impegnate nella ricerca di un bene comune universale che deve unire tutti i popoli in una sola comunità. Le Nazioni Unite, affermano le Chiese svizzere, “hanno un ruolo centrale in questo processo in quanto anche gli Stati meno favoriti possono far valere i loro diritti”. Ma essere solo “osservatore permanente” non permette alla Svizzera di incidere ai livelli decisionali più alti della politica internazionale.

“Non è possibile restare in disparte”. Un altro elemento della neutralità svizzera è oggi sempre di più una caratteristica fatta propria dall’Onu, rileva il documento: il dovere di soccorrere le vittime. “La Svizzera – affermano le Chiese – non può più stare a guardare mentre l’Onu interviene contro aggressori o Stati che ledono gravemente i diritti umani”. “Non fosse che per considerazioni di carattere etico – si aggiunge – non è possibile rimanere in disparte”. Qui emerge un aspetto particolare: l’adesione alle sanzioni internazionali. Dal 1990 che la Svizzera ha già aderito a tali misure decise dalle Nazioni Unite. Anche il timore di una perdita di sovranità viene ridimensionato. Al contrario – affermano in proposito le Chiese – aderire alle Nazioni Unite permetterebbe alla Svizzera di partecipare alle decisioni internazionali, contribuendo all’elaborazione delle proposte ai più alti livelli. Fuori dall’ONU, la Svizzera si priva semplicemente di una fetta di sovranità. Non manca infine una considerazione sui costi dell’adesione. Agli attuali 470 milioni di franchi svizzeri versati annualmente, la Svizzera dovrebbe aggiungerne altri 50-60. In realtà, quello che già oggi la Svizzera guadagna grazie alla presenza degli uffici delle Nazioni Unite a Ginevra è molto più di quanto è costretta a spendere, rileva il documento.