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“Fanno i conti” con l’euro, all’indomani dell’entrata in vigore della moneta comune, i principali quotidiani internazionali di inizio d’anno. In primo piano, su Le Monde dell’8/1, il “caso” italiano, dopo le dimissioni del Ministro degli Esteri, Renato Ruggiero, dal governo Berlusconi. “Italia: le dimissioni che isolano Silvio Berlusconi dal resto dell’Europa”, è il secco titolo di prima pagina del quotidiano francese. “Le dimissioni del ministro italiano – si legge nel sommario dell’articolo – eurofilo militante, inquietano Bruxelles e i partner dell’Italia. A più riprese, dopo la sua ascesa al potere, il Presidente del Consiglio ha ritardato o aggirato le decisioni volute dai Quindici”. In un commento nelle pagine interne, Le Monde ricostruisce in questi termini la vicenda: “Uomo di talento e di esperienza, europeista convinto, apprezzato da tutti i suoi pari, Renato Ruggiero non poteva restare a lungo ministro degli affari esteri di Silvio Berlusconi. Non poteva durevolmente far parte di una squadra in cui alcuni membri manifestano volentieri non il loro euroscetticismo, ma la loro avversione per l’Europa”. Ruggiero, è l’analisi del quotidiano francese, nel governo Berlusconi “aveva un ruolo preciso da giocare: come uno dei rari eurofili della squadra governativa, doveva assicurare la credibilità europea ed internazionale di un’Italia berlusconiana che non ispirava affatto fiducia ai suoi partner dell’Unione. Ruggiero si è sforzato, in sette mesi. Ha scelto di andarsene il 5 gennaio. Non poteva più conciliare le sue convinzioni, l’idea che si è fatto dell’Italia in seno all’Europa, con la linea di ‘euro-disprezzo’ del governo Berlusconi”. Anche se la maggioranza “non è minacciata” dalle dimissioni di Ruggiero, è la conclusione di Le Monde, Berlusconi potrebbe aver commesso “il suo primo vero passo falso politico”.
Anche l’ Herald Tribune (8/1) si occupa del caso Ruggiero e annota che i leader europei “hanno espresso costernazione” sulle dimissioni del Ministro degli Esteri italiano, avvenute “dopo un’aspra disputa pubblica con gli altri ministri sulla loro tiepida ricezione dell’euro. Ad alcuni leader europei sono giunte personali assicurazioni da Berlusconi sul fatto che l’Italia rimane impegnata nell’ambizioso obiettivo dell’integrazione europea”.
Con il denaro finisce l’amore” è il titolo dell’articolo di Nicola Schwering sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 4/1 su “ i primi giorni dell’euro e l’inizio della fine del marco tedesco” che racconta esperienze di vita quotidiana dei tedeschi, fin da subito a loro agio con la nuova valuta, tanto che “ persino il parroco, nella cui borsa delle offerte per la fine dell’anno molti fedeli hanno messo le loro ultime monete straniere e le monetine da pochi pfenning, è sbalordito: mercoledì c’erano già i primi euro“. Soddisfatti, per lo stesso giornale (7/1), anche i commercianti che “ parlano di ‘affari come di consueto’” e rilevano che “ la nuova valuta quasi non condiziona il consumatore“. Sullo stesso argomento anche lo Spiegel che, nel numero in edicola il 7/1, titola “ Fuga dal marco” e, nell’articolo di K.P. Kerbusch, A. Mahler, U. Schäfer, H.J. Schlampf scrive che “ il più grande cambiamento di valuta di tutti i tempi è filato via liscio – e con alcune sorprese: i prezzi sono calati, è salito il corso dell’euro“, ma, fanno notare gli autori, “ dipenderà dalla volontà e dalla disciplina dei politici europei il successo a lungo termine della nuova valuta“.
“Dialogo con l’Islam” è il titolo all’articolo di Heinz-Joachim Fischer sulla FAZ del 7/1. “Tutti parlano ora di dialogo con l’Islam; la Chiesa cattolica lo porta avanti da tempo” afferma il giornalista, che vede il prossimo “incontro di Assisi del Papa con i rappresentanti delle religioni del mondo come occasione per portare avanti un dialogo che dura da secoli” e ricorda che “rimane per la memoria storica delle grandi comunità di fedeli cristiane il fatto fondamentale che non è stato il cristianesimo ad aprire l’ostilità tra le due religioni ma l’Islam, quando ha cominciato nel nome di Maometto dal VII secolo in avanti ad espandersi nel Mediterraneo”. Perciò, continua , “non si dimentica in Vaticano che le Crociate non indicano l’inizio del dirompente ‘Dialogo’ cristiano-islamico, ma la conquista del ‘Sud’ da parte dei guerrieri musulmani nell’ex Impero Romano”. D’altra parte, osserva “la storia insegna a relazionarsi in maniera più vigile con il modello dell’aggressività delle religioni, poiché si tratta per più soltanto di politica di potere abbellita di diversa origine”.