L’invio degli osservatori Onu in Iraq viene variamente commentato dalla stampa tedesca. Sulla Frankfurter Rundschau del 16/11, Ro lf Paasch scrive: “ La cinica politica americana rende difficile agli iracheni veramente democratici di aver fiducia nella potenza mondiale. Più di una volta sono stati traditi e venduti. Purtroppo la vittoria di interessi evidenti su una promozione duratura della democrazia è una costante della politica statunitense sull’Iraq“. Per Die Welt del 17/11, Dietrich Alexander commenta: “ Il ritorno degli ispettori Onu in territorio iracheno dopo quattro anni è un successo diplomatico della comunità internazionale. Ma il pericolo della guerra non è affatto scongiurato. Una parola dei controllori, un impedimento da parte degli uomini di Saddam Hussein può decidere della guerra e della pace, può dare la scusa (sperata?) a George W. Bush per risolvere militarmente il conflitto“. Nella Süddeutsche Zeitung del 19/11 si legge: “ Certo, il ritorno degli ispettori dopo quattro anni di assenza indesiderata potrebbe apparire come un momento storico. Ma il tipo di inserimento negli annali della storia dipende soprattutto da uno solo: Saddam Hussein“.
Alla crisi irachena dedica un approfondimento anche il settimanale The Economist del 16/11. “Dopo 8 anni di ostruzionismo e quattro senza entrare in Iraq, le nuove ispezioni possono raggiungere quel successo che è mancato alle precedenti ispezioni?”. E’ la domanda che si pone il settimanale che poi afferma: “Questa volta gli ispettori avranno tre vantaggi: un più forte sostegno, un mandato più chiaro e nuovi poteri”. Veri e propri “elementi chiave” nel processo di disarmo iracheno. “Con queste nuove regole si legge ancora – la pazienza sarà poca. Qualsiasi falsa dichiarazione o omissione irachena rappresenterà una rottura degli obblighi e significherà il rinvio al Consiglio di sicurezza”. “Ed un Consiglio di sicurezza unito conclude The Economist potrebbe convincere Saddam ad abbandonare ogni ipotesi di riarmo”. Una posizione più ‘morbida’ è invece espressa dal quotidiano Herald Tribune del 19/11 che riporta le dichiarazioni del capo degli ispettori Onu, Hans Blix, che vede nelle ispezioni volute dal Palazzo di Vetro “una nuova opportunità offerta all’Iraq”. “Le ispezioni – riferisce il quotidiano riportando le parole di Blix sono nell’interesse dell’Iraq e del mondo intero” sebbene “non verranno tollerati giochi come il gatto ed il topo”. Come dire: “faremo il nostro lavoro obiettivamente e professionalmente”.
A prospettare il futuro dell’Iraq è, invece, il quotidiano cattolico francese La Croix del 18/11. Secondo il giornale il successore dell’attuale dittatore iracheno dovrebbe essere il figlio Qousai: “Eletto al comando iracheno del partito Baas, organizzazione politica su cui si basa il potere in Iraq, Qousai ha messo mano alle riforme che gli danno pieni poteri sulle organizzazioni militari e sui servizi di sicurezza, piazzando molti dei suoi uomini nei ministeri. Ciò che resta da fare è mettere mano al ministero del petrolio, vero settore chiave in Iraq”. Alle tante certezze corrisponde però anche un dubbio: “ Washington accetterà mai questa soluzione?”. No, secondo un diplomatico arabo le cui dichiarazioni sono riportate da La Croix: “Washington vuole solo la fine di questo regime e la fine del partito Baas”.
Sul riferimento alla tradizione cristiana nella carta costituzionale europea, auspicato dalla Chiesa, Daniel Deckers annota sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 16/11: “ Quando due anni fa venne formulata la carta europea dei diritti fondamentali, tutte le proposte di citare o persino di invocare Dio sono naufragate… questa situazione non si spiega solo con la mentalità francese laicista impressa nelle istituzioni europee. Neanche le Chiese cristiane e nemmeno tutte le conferenze episcopali cattoliche degli Stati europei e dei Paesi candidati erano convinte della necessità di inserire Dio nel preambolo“.
Il settimanale Der Spiegel del 18/11 dedica il servizio di copertina al calo di gradimento di Schröder all’indomani delle elezioni: “ A quattro settimane dalla sua rielezione al Bundestag, Schröder sembra completamente bruciato. Usa le sue maggiori doti, il potere di persuasione e la volontà di imporsi, solo per mantenere il potere. Il cancelliere non ha molto più da offrire oltre allo slogan non impegnativo ‘Rinnovamento e giustizia’, con cui cerca di dare un senso alla quantità di aumenti delle imposte e delle tasse. Contenti del capo di governo sono solo i vertici dei sindacati. Disprezzati prima, ignorati poi, oggi sono i suoi alleati più importanti“.