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Parrocchie zingare ” “con comunità molto ” “religiose dotate di ” “grande musicalità e senso della festa. Un modello ripetibile anche nelle chiese occidentali” “
In Ungheria anche gli zingari hanno le loro parrocchie. Lo racconta mons. Szilard Keresztes , vescovo greco-cattolico di Hajdùdorog, una diocesi che comprende l’intero paese, con 280.000 fedeli e 200 sacerdoti, quasi tutti sposati. Secondo un censimento del 2001 in Ungheria i cattolici di rito latino sono 5.100.000, i calvinisti 1.300.000 e i luterani oltre 300.000. La vasta presenza di zingari (dai 400.000 ai 600.000) ha portato all’organizzazione di vere e proprie comunità parrocchiali gestite in maniera autonoma, che celebrano in entrambi i riti (latino e greco-cattolico). La Chiesa di rito greco-cattolico ha due parrocchie zingare nell’Ungheria orientale, una con 600-700 rom, l’altra con 300. Un modello, secondo mons. Keresztes, “ripetibile anche nelle Chiese occidentali”. E a Budapest si svolgerà il prossimo anno (dal 30 giugno al 7 luglio) il 5° congresso mondiale di pastorale per i nomadi.
Come sono organizzate le due parrocchie zingare della sua diocesi?
“Le parrocchie sono frutto di un lavoro molto lungo, perché con i nomadi bisogna lavorare con pazienza e umiltà per riuscire a trovare una strutturazione. In queste zone già da 40 anni ci sono sacerdoti che lavorano con gli zingari e la pastorale ha riportato successi considerevoli. Di solito i parroci sono ungheresi, anche se in altre diocesi vi sono anche due o tre sacerdoti zingari. Abbiamo anche un seminarista zingaro. Sono comunità molto religiose La liturgia bizantina è completamente cantata e loro rispondono in gran parte nella lingua zingara. Hanno grande musicalità e senso della festa. E i sacerdoti cantano nella loro lingua. E’ un modello ripetibile anche nelle chiese occidentali”.
Dove vivono gli zingari?
“I nostri zingari vivono in appartamenti. E’ una eredità del comunismo: ognuno doveva avere una abitazione stabile, allora anche gli zingari sono stati costretti ad avere un casa. Generalmente vivono a fianco dei villaggi, una sorta di quartiere separato. Una volta le case erano molto primitive, quasi delle baracche, ma oggi c’è anche chi ha belle case, perché ha studiato, costruito qualcosa nella vita. Anche le chiese parrocchiali sono belle”.
E’ quindi avvenuta una integrazione sociale con gli ungheresi?
“Dipende. Alcuni chiedono l’elemosina, altri sono inseriti socialmente. C’è molta solidarietà tra di loro. In un villaggio hanno sviluppato un vero e proprio sistema sociale: hanno una casa per gli anziani, una per famiglie e madri in crisi con figli, e stanno costruendo anche un asilo. Organizzano corsi per assistere gli anziani, con tanto di diploma riconosciuto dallo Stato. In realtà in ciascuno dei due villaggi c’è una parrocchia per gli ungheresi e una per gli zingari, perché i rom non si sentono mai completamente integrati, vogliono stare tra loro e parlare la propria lingua”.
Patrizia caiffa