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Sono giunti da 22 paesi per cercare insieme nuove vie di dialogo e di promozione” “della pace” “
Una “agorà”, un luogo dove incontrarsi e scambiarsi esperienze e progetti: è lo scopo dell’iniziativa lanciata dal Servizio nazionale di pastorale giovanile e dall’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria, in collaborazione con il Centro di spiritualità “Giovanni Paolo II”. E’ la “Agorà dei giovani del Mediterraneo” che punta a favorire, attraverso un ciclo di otto incontri, la conoscenza reciproca e il dialogo tra i popoli del Mediterraneo. Il primo incontro, svoltosi a Loreto a metà settembre, ha visto coinvolti giovani rappresentanti delle Chiese di 22 Paesi. Abbiamo raccolto le loro voci.
Cosa hanno in comune giovani dell’Albania, della Siria, di Malta, della Grecia, della Spagna, della Turchia, della Croazia, di Israele? Molti secoli di storia durante i quali le vicende dei rispettivi popoli si sono intrecciate lungo le sponde del ‘mare nostrum’, un presente con problemi e aspettative molto simili e un futuro nell’Unione europea o secondo stretti legami di collaborazione con essa.
“I giovani da noi non desiderano molto: vorrebbero una vita normale, trovare un lavoro dopo gli studi, ma spesso devono accontentarsi di lavorare nei mercati o nei ristoranti: tanti allora desiderano andare via”: è Dijana, studentessa di pedagogia a Zagabria e responsabile dell’Ufficio per la pastorale giovanile croata, a parlare, ma si tratta di un’esperienza condivisa. “I giovani turchi studiano per crearsi un futuro e sostengono costi molto elevati per l’istruzione ma dopo la laurea non trovano un lavoro adatto e così emigrano: Stati Uniti, Canada, dappertutto”: è la testimonianza di Irem, 22 anni, di Istanbul. Lo stesso avviene in Grecia, come racconta Nikos, giovane sacerdote delle isole Cicladi; “I giovani siriani testimonia Rami, proveniente da Aleppo emigrano in Canada, Francia, Italia: ciò che desiderano è lo sviluppo del proprio paese”. I giovani albanesi, invece, non possono lasciare il loro paese quando vogliono: “Ottenere il visto è difficilissimo; anche per me per venire qui a Loreto è duro dice Adelina di Tirana -. Nonostante la necessità costringa molti a lasciare presto la scuola, il lavoro non si trova. I giovani albanesi resterebbero a casa se potessero: anch’io non vorrei vivere da nessuna altra parte”. I giovani spagnoli, più fortunati rispetto al lavoro, conoscono però i problemi del terrorismo e dell’immigrazione e “soffrono dell’inquietudine che nasce dal non trovare riferimenti forti nella società che li circonda”: sono le parole di Carmen e Ramon di Ciudad Real.
E i giovani cristiani palestinesi come sono? “Sono come gli altri risponde Sami, la cui famiglia abita di fronte al campo profughi di Jenin – amano la vita e hanno i loro desideri e i loro sogni. L’ Intifada non ha solo un volto violento: essa significa risveglio della coscienza nazionale palestinese; siamo arrivati alla consapevolezza che è arrivato il momento di convivere con gli israeliani ma con dignità”. “L’Europa prosegue Sami può fare molto in questa situazione, esercitare un ruolo importante di mediazione: da essa ci è arrivata molta solidarietà e sostegno. Vorrei ringraziare in particolare i giovani italiani per i pellegrinaggi di solidarietà in Terra Santa. A volte questi gesti possono essere più importanti dell’aiuto materiale”.
“I giovani dicono ancora Carmen e Ramon hanno il sogno di un’Europa unita aperta alla fraternità e alla solidarietà con gli altri paesi e con gli immigrati che sono costretti a lasciare la propria patria”. “Per dare concretezza a questa idea di Europa ha commentato don Paolo Giulietti, responsabile dell’Ufficio nazionale di pastorale giovanile, tirando le conclusioni dell’incontro occorre che ci impegniamo a far crescere la conoscenza reciproca tra le nostre Chiese, pregando gli uni per gli altri. E’ importante inoltre lo studio: non ci si improvvisa costruttori; nella casa di Nazaret Gesù impara il mestiere di falegname: se il Signore non si è sottratto alla fatica di imparare, anche noi non dobbiamo farlo. L’agorà che abbiamo condiviso è una piccola piazza, come quella di tanti nostri paesi del Mediterraneo; però abbiamo provato a pensare in grande ed è quello che dobbiamo continuare a fare per costruire l’Europa di domani”.
Chiara Santomiero
inviata SirEuropa a Loreto