” “Quotidiani e periodici



La crisi Usa-Iraq monopolizza l’attenzione dei principali quotidiani internazionali, impegnati a fare il punto sulle annunciate “aperture” irachene agli ispettori dell’Onu e sulle reazioni statunitensi ed europee riguardo alle diverse “strategie” possibili nella lotta al terrorismo. “Le Nazioni Unite si spaccano sull’offerta dell’Iraq di permettere le ispezioni sugli armamenti”, titola l’ Herald Tribune del 18/9: “L’improvvisa decisione di Baghdad di permettere il ritorno incondizionato degli ispettori nucleari delle Nazioni Unite – scrive Brian Knowlton sul quotidiano americano – ha prodotto una spaccatura tra i membri del Consiglio di Sicurezza, complicando così la campagna statunitense a favore di una nuova risoluzione dell’Onu che minacci una azione militare contro l’Iraq“. Bush, da parte sua, riferisce l’autore dell’articolo, “ha detto che sarà paziente nel trattare con l’Iraq ma anche che le forze militari statunitensi hanno continuato per mesi un graduale insediamento nella regione e i limiti della pazienza di Bush rimangono sconosciuti”. “Bush di fronte al ‘sì’ dell’Iraq“, è l’apertura di Le Monde del 18/9, che dedica l’editoriale al contrasto tra la decisione dell’Iraq di accettare “senza condizioni” il ritorno degli ispettori per il disarmo e la posizione della Casa Bianca, che giudica quella irachena “una manovra tattica”; l’Europa, invece, consiglia di “prendere sulla parola” Saddam Hussein, almeno fino a prova contraria. “Nel momento in cui Washington conduce una difficile campagna per convincere le Nazioni Unite ad intervenire contro l’Iraq – scrive Alain Guillemoles su La Croix (16/9) – una serie di importanti arresti si sono verificati da qualche giorno”. E accanto alle dichiarazioni di Condoleeza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale presso la Casa Bianca (riportate dal quotidiano francese), secondo la quale “l’Iraq ha chiaramente dei legami con il terrorismo”, La Croix riporta quelle di Pierre-Jean Luizard, specialista d’oltralpe in materia, che afferma in sintesi che non esiste “alcun legame provato tra l’Iraq e Al-Qaeda”.

Alla vigilia delle elezioni, i commentatori tedeschi si concentrano sui temi elettorali, con uno sguardo alle vicende di Usa/Iraq. Sul settimanale Die Zeit n. 38 del 12/9, Frank Drieschner illustra l’incertezza della campagna elettorale: “ Sugli aspetti più importanti, i programmi dei candidati si assomigliano come le loro cravatte nello studio televisivo“. La Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) del 14/9 commenta la posizione di Schröder sulla questione Iraq: “ Invece di partecipare con Bush, Blair e Chirac alla minaccia internazionale, dimostrando così quella risolutezza e determinatezza, l’unica cosa in grado di spingere Saddam Hussein a piegarsi, la Germania sta da parte: una ricaduta volontaria nel ruolo del pigmeo nella politica mondiale“, scrive Günther Nonnenmacher. “ Giocare con la paura della gente può portare vantaggi elettorali alla coalizione” di Schröder – prosegue. “ Ma il conto” dei danni a livello di politica estera “ dovrà essere pagato da tutto il Paese“, conclude. Sulla Franfkurter Rundschau del 16/9, Jochen Siemens commenta: “ Merita ogni sforzo tentare di far recedere il mondo da una guerra contro l’Iraq, restituendo così autorità e credibilità alle Nazioni Unite“. La lotta al terrorismo “ durerà ancora a lungo e necessita molta fiducia reciproca. Ne fanno parte anche questioni difficili, come la prova degli scenari minacciosi prospettati da Washington. Oppure il riferimento giustificato al fatto che il conflitto in Medio Oriente alimenta probabilmente il terrorismo più del tiranno di Baghdad“.
Der Spiegel n. 38 del 16/9 dedica ampio spazio alle elezioni e alla situazione dei partiti. “ Sprint finale“, titola il settimanale in copertina. “ Secondo gli ultimi sondaggi sulle elezioni, la SPD [socialdemocratici, partito di Schröder, ndr] e i verdi sono favoriti nello scatto finale”, osservano Ralf Beste, Petra Bornhöft, Ulrich Deupmann, Horand Knaup, Roland Nelles, Alexander Neubacher e Ralf Neukirch. Sulla crisi irachena, Dieter Bednarz e Michael Sontheimer chiedono: “ Il tiranno del Tigri ha veramente trasformato l’Iraq in una bomba ad orologeria? Oppure il discorso di Rumsfeld [ministro della difesa USA, ndr] serviva solo a influenzare il clima interno, per persuadere i rappresentanti del popolo ad un attacco a Baghdad? Per un attacco a Baghdad – prosegue – il presidente USA Bush si basa su analisi dubbie di servizi segreti e su studi contestati. Il premier britannico Tony Blair intende rafforzare l’alleato con nuove prove“.