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” “” “Il Rapporto sugli investimenti nel mondo registra una crescita nei Paesi dell’Europa centrale e orientale che è segno di fiducia in vista dell’adesione all’UE” “
La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) ha reso noto nei giorni scorsi il Rapporto 2002 sugli investimenti nel mondo. Il Rapporto calcola i flussi d’investimento diretto estero (Ide) di cui sono destinatari i vari paesi e, allo stesso tempo, la capacità delle economie nazionali di attrarre tali investimenti con particolare attenzione al ruolo delle società multinazionali nello sviluppo economico mondiale. In contro tendenza rispetto ai dati generali, che hanno visto il dimezzarsi dei flussi Ide nel 2001 a confronto del 2000, il Rapporto ha evidenziato una leggera crescita degli investimenti nell’Europa centrale e in quella dell’Est.
Secondo il Rapporto 2002 sugli investimenti nel mondo curato dall’Unctad, i flussi di investimento diretto estero verso 14 dei 19 paesi dell’Europa centrale e orientale, sono aumentati nel 2001 del 2%, passando dai 26,5 miliardi di dollari del 2000 a 27 miliardi. I flussi rimangono concentrati in alcuni paesi. Nel 2001 la Polonia, la Repubblica Ceca, la Federazione Russa, l’Ungheria e la Slovacchia hanno ricevuto i tre quarti dell’Ide in entrata nella regione ed essi, con l’eccezione della Slovacchia, dominavano la scena già dagli inizi degli anni ’90, grazie ai programmi di incentivi per attirare gli investitori stranieri portati avanti dai rispettivi governi.
Lo scorso anno, la maggior parte degli altri paesi dell’Europa centrale e orientale ha registrato un aumento dei flussi in entrata grazie anche alla loro stabilità, ai tassi di crescita superiori alla media e alle privatizzazioni ancora in corso. La Slovenia, ad esempio, ha aperto agli investitori stranieri dei settori chiave quali le telecomunicazioni e le banche. Alcuni dei maggiori aumenti dell’Ide nella regione costituiscono, comunque, solo un recupero rispetto ai livelli estremamente bassi del 2000, come nel caso della Jugoslavia, della Macedonia, della Bielorussia, della Bosnia e dell’Erzegovina. Questa svolta favorevole è, invece, mancata in Bulgaria e in Lettonia.
Il Rapporto evidenzia come la maggior parte delle 25 più grandi multinazionali non finanziarie presenti nell’Europa centrale e orientale ha mantenuto nel 2001 il suo ritmo di crescita, proseguendo la tendenza dell’anno precedente. Tuttavia, mentre la maggior parte delle imprese russe e slovene si stanno espandendo verso l’esterno, alcune imprese ceche, slovacche e polacche sono oggetto di ristrutturazioni di grande portata che spesso implicano un loro ritiro dalle attività straniere. Circa due terzi degli investitori intervistati alla fine dello scorso anno prevedono buone prospettive per l’Ide verso l’Europa centrale e dell’est per i prossimi tre-cinque anni: questi paesi dovrebbero, infatti, trarre vantaggio dai trasferimenti di capitali verso mercati più competitivi che dovrebbero seguire l’attuale fase di recessione economica. Si tratta della percentuale più alta di risposte positive per tutte le regioni incluse nell’indagine.
“Certo la situazione politica nel nostro Paese è giudicata abbastanza stabile” ha spiegato a SirEuropa mons. Marian Gavenda, portavoce della Conferenza episcopale slovacca e questo incoraggia gli investitori. Inoltre, l’avvicinarsi dell’ingresso della Slovacchia nell’Unione Europea ha richiesto dei cambiamenti nella legislazione e un aggiornamento tecnologico che ha reso il nostro sistema economico capace di interagire in misura maggiore con le economie dei paesi dell’UE e non solo. Un altro elemento di interesse per gli investitori esteri è il processo di privatizzazione delle grandi imprese statali in corso nel Paese, deciso dal governo per arginare la crisi economica che aveva prodotto un grande aumento del debito estero e della disoccupazione. Tutto ciò non avviene senza traumi per i cittadini i quali vedono, a volte, vendute a basso costo imprese considerate dei pilastri nell’economia del Paese e per le quali hanno lavorato generazioni di slovacchi, la cui capacità e laboriosità prima dell’avvento di un regime che pretendeva di cancellare la creatività individuale era famosa in tutta Europa”.
Chiara Santomiero