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Monaci di Oriente e di Occidente uniti dalla comune venerazione per San Benedetto, patrono d’Europa. Un esempio di comunione” “
In un momento in cui è in discussione il ruolo storico del cristianesimo nella civiltà europea la figura di San Benedetto da Norcia, Patrono d’Europa, di cui oggi, 11 luglio, la Chiesa universale celebra la solennità, torna ad essere di rilevante attualità. Dalla storia passata a quella futura, l’opera dei monaci, all’interno di quella “piccola società ideale” che era il monastero, ha ancora un valore? Serve realmente alla costruzione della nuova casa europea? Ne abbiamo parlato con l’abate primate della Confederazione benedettina, Notker Wolf .
Cosa rappresenta il monachesimo per la storia europea?
“I monasteri hanno contribuito molto alla storia europea. Allora non pensavano certo di sviluppare un’idea di Europa. La loro attività consisteva nel lavoro, nella preghiera e predicazione: per attendere correttamente all’Ufficio divino i monaci hanno imparato a leggere e scrivere creando una rete di scuole aperte a tutti. In questo modo hanno unito la tradizione greco romana con il cristianesimo. E questo è stato un passaggio fondamentale per l’Europa”.
Ma anche un collante per i momenti peggiori del vecchio Continente…
“Nei monasteri si parlava una lingua comune e si professava una fede comune. Pensiamo, ad esempio, a S.Anselmo. Piemontese di origini, monaco in Francia e poi vescovo di Inghilterra. I monaci sono sempre stati più europei di noi”.
Si parla molto di radici cristiane dell’Europa da riconoscere nella futura Carta europea. Qual è l’impegno del monachesimo al riguardo?
“Non certo politico. Il monachesimo non ha un influsso di questo genere. La sua importanza e dunque anche il suo apporto alla costruzione dell’Europa sono testimoniati dalla storia. Sono la prova di ciò che il cristianesimo ha dato all’Europa: la base della democrazia. I concetti di uguaglianza, di fraternità e di libertà, riproposti dalla Rivoluzione francese sono concetti di matrice cristiana. Ma aggiungo anche il rispetto della persona, della sua dignità, non solo dei diritti. Il pensiero benedettino sviluppa una visione di uomini liberi, disponibili ed accoglienti. La Regola di San Benedetto parla chiaro in proposito”.
L’Europa guarda ad Est, terra di grandi tradizioni cenobitiche. Ritiene che l’allargamento possa favorire anche il dialogo ecumenico?
“Spero di sì, anche se non vanno taciute le difficoltà. Abbiamo due monasteri che si occupano per tradizione di ecumenismo. Uno in Belgio e l’altro in Germania. Queste due grandi tradizioni monastiche possono fare molto per riavvicinare le sensibilità religiose dei popoli. Sono certo che siamo solo agli inizi di questo dialogo che porterà molto frutto specie dopo un cammino di reciproca conoscenza. Il fatto di pregare l’unico Dio è garanzia di risultato. E poi c’è un esempio illuminante…”
Quale?
“San Benedetto. La festa del ‘Transito’ del santo, 21 marzo, è una delle poche condivise con i monaci di Oriente. Nei nostri monasteri cerchiamo di fare esperienza di questa conoscenza reciproca. Nella comunità di S.Anselmo a Roma, ad esempio, abbiamo vari ortodossi e anche uno studente del Patriarcato di Mosca. Solo così ci si può avvicinare senza sospetti. Una lezione per l’integrazione europea”.
L’integrazione europea passa anche per la cultura, laica e cattolica?
“Sicuramente. Anzi posso dire che i monaci europei stanno già da tempo sperimentando una ‘Unione’ delle scuole benedettine in Inghilterra, Germania, Ungheria ed altri Paesi europei. E’ un modo per coronare il sogno dell’unità della famiglia umana, a partire proprio dai monasteri, luogo non solo di spiritualità ma anche di cultura, con una prospettiva tutta nuova che vede la preghiera, il lavoro e il ‘libro’ uniti insieme”.
Daniele Rocchi