Pozzuoli
L’esperienza della casa famiglia, aperta dalla diocesi di Pozzuoli, per accogliere donne sottoposte a regime di detenzione alternativo alla reclusione in istituto, raccontata in un libro attraverso le voci dei volontari o delle stesse “ospiti” del Centro, impegnate anche in servizi a favore dei più deboli
Un libro per far conoscere la realtà del carcere femminile e per descrivere il lavoro dei numerosi volontari della Caritas diocesana di Pozzuoli che – dentro e fuori le mura – mettono tempo e passione a disposizione delle donne detenute. Sono le storie raccontate in “Donna Nuova si racconta” a cura della sociologa Maria Romano. Nel 2009, per volontà del vescovo Gennaro Pascarella, all’interno del Centro polifunzionale San Marco, “opera segno” della diocesi che offre servizi alla persona in difficoltà, è stata aperta la “Casa Donna Nuova”, una casa famiglia che ospita donne sottoposte a regime di detenzione alternativo alla reclusione in istituto e consente loro di vivere in un ambiente sereno e accogliente.
Opera silenziosa. Il Centro San Marco ha realizzato modalità d’intervento per favorire un autentico recupero e un successivo reinserimento della persona rea all’interno della società civile. Il libro “Donna Nuova si racconta” è un modo per testimoniare le ragioni e i modi di queste iniziative: il testo narra la storia di una comunità, le attività implementate e gli obiettivi perseguiti, ma anche le storie dei protagonisti di questa avventura, che con ruoli diversi hanno contribuito a darle forma. “Questo libro – spiega don Fernando Carannante, direttore della Caritas diocesana di Pozzuoli e vicario episcopale alla Carità – racconta storie di persone che vivono nel Centro San Marco che, grazie all’opera silenziosa di tanti volontari, sono riuscite a ritrovare le motivazioni per gustare la gioia della vita”. Dal 2013 il Centro San Marco ha avviato una nuova fase di sperimentazione, aprendo le porte anche ai detenuti uomini: vengono accolti soggetti per cui il giudice ha disposto l’affidamento in prova ai servizi sociali.
Dare un’opportunità. “L’ambito della pastorale carceraria è da sempre luogo privilegiato di attenzione e di intervento da parte della Caritas diocesana di Pozzuoli. La presenza sul territorio di due realtà carcerarie – la Casa circondariale femminile di Pozzuoli e l’Istituto di pena minorile di Nisida – è stata da sprone e da stimolo per cercare di rintracciare ed elaborare risposte sempre più efficaci ai bisogni dei detenuti e delle loro famiglie, al fine di tradurre in opere l’indicazione evangelica di visitare i carcerati”, sottolinea Maria Ricciardi, responsabile del Centro San Marco. La Casa, chiarisce, “nasce con la volontà di elaborare risposte efficaci alle necessità delle detenute e delle loro famiglie, sia italiane sia straniere. Queste ultime, infatti, hanno maggiore difficoltà, non avendo una rete parentale o un domicilio proprio”. L’obiettivo è semplice: “La nostra funzione è accogliere donne detenute e dare loro un’opportunità”. In questo senso, “il contesto domestico e la gestione della Casa sono funzionali all’obiettivo di offrire un modello educativo e di vita, che stimoli l’impegno e la condivisione reciproca, ricalcando il clima proprio di una famiglia. Noi siamo una ‘casa cuscinetto’, a metà strada tra il carcere e la vita vera. Le donne che abitano nella Casa – al massimo ne possono essere ospitate otto, attualmente ce ne sono quattto, tutte straniere – sono ‘impiegate’ nei servizi offerti all’interno del Centro San Marco come la mensa, l’ambulatorio medico, nella bottega del baratto. Così hanno la possibilità di riacquistare una certa dignità, mettendo alla prova se stesse e ricucendo il patto sociale che sentono di aver infranto”. Con il libro “vogliamo accorciare le distanze tra il dentro e il fuori il carcere, per ricordare che, a prescindere dai reati, c’è la persona, da aiutare a non commettere più gli stessi errori”.
La speranza di un futuro migliore. Il libro contiene le testimonianze di donne ospitate nella Casa. “Passo dopo passo sto sperimentando una vita nuova, nuova nel modo di pensare e di agire. Ora ogni occasione mi è di aiuto per riflettere su come una scelta sbagliata possa pesare a lungo sulla vita di una persona”, si legge in una delle testimonianze raccolte. Essendo agli arresti domiciliari, la donna non può uscire al di fuori del Centro, ma ammette: “Chi sbaglia paga ed è giusto così. Ma com’è bello incontrare persone che ti accolgono per come sei, senza giudicare, ma aiutandoti a riscoprirti come persona, che ha una dignità e che può riscattarsi con uno stile di vita significativo per sé e per gli altri”. “Ho un unico pensiero – scrive un’altra ospite, proveniente dalla Nigeria -: la speranza di un futuro migliore. Questa esperienza mi ha fatto bene, mi sono sentita un’altra persona”. Per un’altra donna ospite che viene dalla Romania, “Casa Donna Nuova non è solo un nome simbolico, è una casa che ti apre le porte, non solo in modo formale, ma che ti fa sentire davvero parte di una comunità”.