Rifugiati

Profughi: soldi Ue alla Turchia, “ma non è un assegno in bianco”. Crescono i dubbi su Ankara

Il vertice del 28 novembre ha messo un punto fermo per la collaborazione tra Bruxelles e il Paese della Mezzaluna: soldi in cambio di ospitalità ai migranti in fuga da Siria e Medio Oriente. Ma la politica europea non si fida… Le forti perplessità dei leader di Popolari e Socialisti democratici all’Europarlamento

Soldi e piede sull’acceleratore per i negoziati di adesione in cambio di “ospitalità” ai rifugiati siriani e mediorientali, per evitare una nuova ondata migratoria verso l’Europa attraverso i Balcani. È stato raccontato sostanzialmente così l’accordo raggiunto tra Ue e Turchia, maturato negli ultimi mesi e formalizzato con il summit del 28 novembre a Bruxelles. Da una parte i 28 capi di Stato e di governo dell’Unione, capitanati dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk; dall’altra parte del tavolo il premier di Ankara, Ahmet Davutoglu, con alle spalle l’ombra lunga del presidente Recep Tayyp Erdogan.

Paese cambiato, in peggio. All’incontro tra Ue e Turchia si è arrivati attraverso lunghe mediazioni diplomatiche e un paziente lavoro sottotraccia della Commissione.

Ma già si contano innumerevoli prese di posizione scettiche dal Parlamento europeo e da alcuni governi dell’Unione.

Così ad esempio Manfred Weber, eurodeputato tedesco, capogruppo dei Popolari a Bruxelles-Strasburgo, dice: “Il gruppo Ppe continuerà a essere critico verso tutte le violazioni dei diritti umani che verranno compiute in Turchia”. Molti, di fatto, non si fidano del “sultano” Erdogan, delle modalità con le quali sta da anni trasformando un Paese  dialogante – un “ponte” tra Oriente e Occidente – in uno Stato che tiene sotto tiro i curdi, che agisce col pugno di ferro contro minoranze etniche e religiose, che nega i diritti delle donne, che penalizza ogni giorno la libertà di stampa. Inoltre c’è la questione di Cipro, che ha finora bloccato passi decisivi verso una pur remota adesione alla “casa comune”.

E i diritti umani? Comunque le decisioni del vertice brussellese sono piuttosto chiare. “L’Ue è impegnata a mettere a disposizione inizialmente 3 miliardi di euro”, si legge nella Dichiarazione finale dell’incontro, dove si è parlato di migrazioni e lotta al terrorismo e all’Isis, così pure di liberalizzazione dei visti, energia, unione doganale. “Dal momento che la Turchia ospita oltre 2,2 milioni di siriani e ha speso 8 miliardi di dollari Usa, l’Ue ha così sottolineato l’importanza della condivisione degli oneri nell’ambito della cooperazione Turchia-Ue”. In cambio di fondi, l’Ue chiede in sostanza ad Ankara di accogliere e trattenere sul suo territorio i migranti mediorientali. È stato inoltre deciso di tenere due incontri bilaterali l’anno, per verificare lo stato dei rapporti. Sui quali Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione, ha espresso non poche perplessità:

“L’accordo non ci farà dimenticare le divergenze su diritti umani e libertà di stampa”.

“Non è un assegno in bianco”. I punti interrogativi sull’accordo non mancano. I 3 miliardi dovranno giungere per un sesto dal bilancio Ue, per il rimanente da versamenti volontari degli Stati (Cipro, Grecia, Croazia e Ungheria si sono già tirati indietro). E poi occorrerà verificare se la Turchia manterrà le promesse e se tratterà i rifugiati secondo gli standard internazionali e i diritti umani. Nel frattempo riprenderanno a breve i negoziati di adesione (14 dicembre), mentre la Commissione Juncker presenterà (15 dicembre) un documento per verificare il rispetto degli accordi da parte di Ankara. Manfred Weber chiarisce il suo pensiero: “Per l’Europa, la Turchia ha un ruolo chiave per contenere la crisi dei rifugiati. È positivo che domenica si sia raggiunto un accordo. Noi crediamo fortemente che Ue e Turchia debbano essere due partner stretti”. Ma, per il leader dei Popolari, “l’accordo non è un assegno in bianco e arriva con alcune pillole amare. È chiaro che si tratta di una base sulla quale bisognerà lavorare. Ci sono molti punti che andranno discussi nel dettaglio”. Ankara “deve dimostrare che è disposta a cooperare”.

“Basta doppiogiochismo”. Non meno critico Gianni Pittella, italiano, capogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento Ue. Considera la Turchia un partner affidabile, oltre che necessario? “Necessario sicuramente sì. Affidabile dipende cosa si intende”, risponde. “É indubbio che Ankara abbia avuto in passato un atteggiamento ambiguo rispetto all’Isis; è chiaro anche che Ankara abbia una visione molto dura sulla questione curda e sul futuro politico della Siria. Ma in quel fazzoletto di terra, sono pochi gli attori internazionali che si possono dichiarare esenti da errori o atteggiamenti ambigui. Il punto è spingere la Turchia, così come l’Iran, la Russia e i Paesi del Golfo, ad abbandonare ogni doppiogiochismo e unire le forze contro il nemico numero uno: il Califfato. Serve quindi una grande alleanza internazionale capace di andare oltre le reazioni di pancia e immaginare insieme una transizione politica in Siria e in Libia”. Pittella aggiunge: “I tre miliardi previsti saranno vincolati nel loro utilizzo a migliorare le condizioni di accoglienza dei profughi siriani, l’istruzione per i bambini, l’inserimento al lavoro. Come Europa non stiamo barattando i diritti umani con la difesa dei nostri confini. Conosciamo bene le contraddizioni e le criticità in Turchia… Ma questo accordo e il rilancio dei negoziati saranno occasioni per agganciare e vincolare Ankara al rispetto dei valori europei”.