Giubileo

Le Porte Sante nei Paesi in guerra. E là dove le ferite sono ancora aperte

Le parole di Papa Francesco, all’apertura della Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, portano all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale quei Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra, come la Siria, la Libia e l’Iraq, e altri che ne vivono le ferite ancora aperte come a Gaza, a Sarajevo, in Ucraina e in Crimea. Anche in questi luoghi verranno aperte le Porte Sante della Misericordia. Porte di cattedrali colpite, distrutte, che hanno ritrovato un valore anche dentro le pareti strette di un tendone. Per loro il Papa chiede “pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore”

Le Porte Sante nei Paesi in guerra

“L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace!”. Con queste parole, domenica 29 novembre, Papa Francesco ha aperto la porta santa della cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, inaugurando l’Anno Santo della Misericordia. Una piccola porta in legno che nulla ha a che vedere con quelle imponenti e artistiche di tante cattedrali e basiliche storiche sparse nel mondo ma molto con altre che in questi giorni verranno aperte in tanti luoghi di guerra evocati dal Pontefice. Piccole porte che attestano la presenza e la vita di altrettanto piccole comunità cristiane, spesso perseguitate, in luoghi dove la pace e la convivenza solo un miraggio. Come a Gaza, a Erbil (Iraq), ad Aleppo (Siria), a Tunisi (Tunisia), a Tripoli (Libia), a Sarajevo (Bosnia) a Kharkiv (Ucraina) o in Crimea…

Gaza. Il 20 dicembre, nella piccola parrocchia della Sacra Famiglia, a Gaza, il patriarca latino di Gerusalemme aprirà il Giubileo della Misericordia. A varcare la Porta Santa saranno poco meno di 200 fedeli, guidati dal parroco, padre Mario da Silva. Un anno da vivere in mezzo a “un odio crescente” causato dalle guerre, ben tre negli ultimi nove anni, e da una “ricostruzione, che procede con lentezza. Dice il parroco: 

“Nel nostro piccolo cerchiamo di spargere semi di perdono e di riconciliazione, innanzitutto fra di noi”.

L’apertura del Giubileo della Misericordia è “come un bicchiere di acqua fresca per l’assetato, un tempo di verifica e di impegno per proseguire con coraggio sulla strada tracciata dal Vangelo”.

Aleppo (Siria). Se la parola “misericordia” può avere ancora un senso in mezzo a centinaia di migliaia di morti e feriti, a milioni di sfollati e rifugiati, acquista un valore esemplare in una città come Aleppo, un tempo la più popolosa della Siria (4 milioni circa di abitanti) e sua capitale economica. Dal 2012 Aleppo è al centro di aspri combattimenti tra l’Esercito regolare del presidente Assad, i ribelli e i miliziani dello Stato Islamico (Isis). Per questo è stata definita la “Sarajevo del XXI secolo”. Non è un caso che la Porta Santa di Aleppo si trovi proprio nella parrocchia di san Francesco, nel quartiere di Aziziyeh, colpita alla fine di ottobre da una granata. “Il prossimo 13 dicembre apriremo la Porta Santa del Giubileo nella nostra Chiesa – annuncia il vicario apostolico di Aleppo, il padre francescano Georges Abou Khazen – ma altre due porte saranno spalancate a Damasco e a Latakia.

Questa Porta sarà per noi la difesa dal male che vuole sopraffarci e segno della Provvidenza divina che ci assiste”.

Erbil (Iraq). Una tenda aperta come Porta Santa da varcare pregando per le proprie vite, per quelle dei propri cari e per l’Iraq. Con questo spirito le decine di migliaia di sfollati cristiani che vivono a Erbil si apprestano a vivere il Giubileo della Misericordia. L’arcivescovo caldeo Bashar Matti Warda, aprirà la porta santa nella cattedrale di san Giuseppe, nel sobborgo cristiano di Ankawa, il 13 dicembre ma si lavora anche per aprire una “tenda santa” nelle tendopoli degli sfollati. A Baghdad la Porta Santa sarà aperta dal patriarca Mar Sako il 19 dicembre nella prima cattedrale del Paese, intitolata alla “Madonna Addolorata”.

Una piccola porta santa aperta anche nel villaggio Enishke, nelle montagne fra Zakho e Dohuk, estremo Nord del Kurdistan iracheno.

Qui su richiesta del parroco, padre Samir Yousif,  è stato il segretario generale della Cei , monsignor Nunzio Galantino, in missione di solidarietà in Kurdistan, a aprire l’anno giubilare alla presenza anche dei capi della comunità yazida. Il Kurdistan chiede più che mai misericordia.

Tunisi (Tunisia). In una Tunisi, dove ancora vige il coprifuoco e sottoposta a controlli e perquisizioni, la Porta santa della Misericordia sarà aperta il 13 dicembre. “La porta – dice l’arcivescovo della capitale, monsignor Ilario Antoniazzi – sarà quella della cattedrale di san Vincenzo de’ Paoli – ma non la principale. Ne apriremo una secondaria che insiste su un cortile interno. Questo per evitare che la celebrazione possa essere vista come una forma di proselitismo”. Domenica 13 dicembre sono attesi centinaia di fedeli, “la maggioranza dei quali sono stranieri, studenti sub sahariani in modo particolare, molto attivi nella vita pastorale”.

Per la piccola comunità cattolica tunisina “si tratta di aprire più il cuore che una porta”.

Spiega monsignor Antoniazzi: “È facile in una situazione come quella tunisina essere spinti verso l’odio e maledire gli autori degli attentati. Ma noi dobbiamo aprire il cuore a tutti, cercare di perdonare anche i nemici come è scritto nel Vangelo”.

Tripoli (Libia). Nella cattedrale di san Francesco a Tripoli la Porta Santa sarà aperta venerdì 11 dicembre dal vicario coadiutore, padre George Bugeja. La sera dello stesso giorno è prevista

una celebrazione ecumenica con i rappresentanti delle diverse denominazioni cristiane presenti per pregare per la pace e la riconciliazione.

La situazione di violenza e tensione nel Paese ha costretto tanti lavoratori stranieri, come i filippini, che compongono la comunità cristiana locale, ad abbandonare il Paese. Non sarà per questo una celebrazione in tono minore. Anzi. La scelta di celebrare il venerdì – giorno di riposo per i Paesi islamici – è stata voluta proprio per permettere ai lavoratori rimasti di essere presenti. A Bengasi, invece, non ci sarà alcuna celebrazione a causa della delicata situazione sul terreno.

Sarajevo. Nella capitale bosniaca, che porta ancora visibili i segni della guerra degli anni ’90, sarà il cardinale Vinko Puljić ad aprire il 13 dicembre la porta santa della cattedrale del Sacro Cuore, a due passi dalla Baščaršija, il quartiere musulmano, dalla Cattedrale Ortodossa e dalla Sinagoga. Durante la guerra i fedeli entravano in cattedrale da una porta laterale, quella della sagrestia.

“Speriamo – dice l’arcivescovo – che l’apertura di quella stessa porta possa segnare un passaggio forte, da un Paese diviso ad uno riconciliato”.

Crimea. E’ la regione ucraina che dal marzo 2014 in seguito a un contestato referendum fa parte della Russia. La porta del Giubileo della Misericordia si aprirà anche qui e farà risuonare una invocazione di “pace e di giustizia”. Domenica 13 dicembre, le porte sante del Giubileo saranno aperte nella cattedrale di Odessa, nella concattedrale di Simferopoli dal vescovo Pyl e nelle Chiese di Bilgorod-Dniestrovski, Balta, Kirovograd, Nikolaiv, Kherson.

“Pace, pace, pace e giustizia”, questa – dicono i sacerdoti di Odessa – sarà la preghiera che dalla Crimea salirà al Giubileo”.

Kharkiv-Donbass (Ucraina). Secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2014 il conflitto nell’Ucraina orientale ha provocato la morte di 1.129 civili e il ferimento di almeno 3.442 persone. In 700mila hanno lasciato la regione del Donbass. Tra le ferite di una guerra non ancora cessata , domenica 13 dicembre la porta santa del giubileo si aprirà nella cattedrale di Kharkiv e nella con-cattedrale di Zaporizhya. Le porte del Giubileo invece resteranno chiuse nelle chiese delle autoproclamatesi Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk. “Per noi – dice monsignor Stanislav Shyrokoradiuk, vescovo di Kharkiv – aprire la porta del giubileo è una speranza.

Siamo in un territorio dove è ancora guerra e il nostro popolo ha bisogno della misericordia degli uomini e di Dio”.