Economia
Presentate a Bruxelles le “Previsioni d’autunno” della Commissione Ue. Si intravvede l’uscita dal tunnel della crisi, anche se rimangono “minacce” e fragilità del sistema produttivo e commerciale. La disoccupazione dovrebbe calare. E, a sorpresa, i profughi potrebbero rappresentare un piccolo valore aggiunto
I musi lunghi sembrano un ricordo del passato e finalmente, dopo anni di previsioni economiche catastrofiche o quasi, il commissario Pierre Moscovici, con delega agli affari economici e monetari, si presenta in sala stampa a Bruxelles con un sorriso sornione. Deve infatti annunciare ciò che gli europei si aspettano da troppo tempo: “Possiamo confermarlo: la ripresa economica c’è”. L’occasione è fornita dalla pubblicazione delle “Previsioni economiche d’autunno”, tappa fondamentale per monitorare lo stato di salute del sistema produttivo e finanziario dell’Ue, compresi i dati “macro”: Pil, occupazione, inflazione, debito pubblico.
Tre messaggi positivi. Il commissario francese Moscovici snocciola numeri conditi da slanci di ottimismo. Senza peraltro negare che “si tratta di una ripresa ancora fragile” ed esposta a minacce, interne ed esterne. “Sono tre i messaggi principali da comunicare. Il primo è quello della ripresa, che proseguirà anche nel 2016 e nel 2017; il secondo è che registriamo un miglioramento nella situazione dei bilanci” degli Stati membri; il terzo riguarda una “maggior convergenza” tra le situazioni dei Paesi Ue, “anche se questa non è ancora sufficiente”. Ed ecco numeri, grafici e tabelle: il Pil dell’Eurozona crescerà dell’1,6% quest’anno, dell’1,8 nel 2016 e dell’1,9 l’anno successivo. Nell’Ue28, invece, la crescita appare un poco superiore: +1,9% nel 2015, +2,0% il prossimo anno e +2,1% nel 2017.
Lavoro? C’è speranza. Quindi le valutazioni più attese da lavoratori e famiglie:
“Nel complesso la disoccupazione dovrebbe continuare a scendere solo gradualmente e con notevoli disparità tra Stati membri”. Comunque si tratta di una inversione di tendenza”.
Nella zona euro è previsto che dall’11,0% di quest’anno, il tasso di disoccupazione scenda al 10,6% l’anno prossimo e al 10,3% nel 2017, mentre su scala comunitaria (Ue28) le previsioni indicano un calo dal 9,5% di quest’anno al 9,2% nel 2016 e all’8,9% nel 2017. I dati nazionali sulla disoccupazione segnalano una Germania attestata nel triennio attorno al 5%; la Francia passerebbe dal 10,4% attuale al 10,2% fra due anni; l’Italia dal 12,2 del 2015 all’11,6 del 2017. Disoccupati in discesa – benché con situazioni superiori al 22% – anche in Spagna e Grecia.
Nubi all’orizzonte. Ma cosa impensierisce Moscovici? Molteplici fattori. Anzitutto va attenuandosi il vantaggio competitivo finora fornito dal calo dei prezzi del petrolio e dal modesto valore dell’euro (che ha finora favorito le esportazioni), e soprattutto
“affiorano nuove sfide quali il rallentamento delle economie di mercato emergenti e del commercio mondiale e le persistenti tensioni geopolitiche”.
Ovvero, se la Cina smette di correre e se l’Isis destabilizza mezzo pianeta, c’è il rischio concreto di future ricadute sul sistema produttivo e commerciale dell’Ue. Peraltro le previsioni indicano che il ritmo della crescita “resisterà a queste sfide grazie al sostegno di altri fattori”: se infatti l’occupazione riprende fiato si può scommettere su una ripresa dei consumi; inoltre le condizioni di credito sono in genere più favorevoli agli investimenti delle imprese, il peso del debito pubblico potrebbe gradualmente diminuire e nel frattempo altre riforme economiche e sociali varate da una parte degli Stati membri porterebbero ulteriori effetti virtuosi.
“Venti in poppa”. Il vice presidente della Commissione e responsabile per l’euro, Valdis Dombrovskis, commenta a caldo: “Per mantenere nel tempo la ripresa, rafforzandola”, occorre approfittare dei “venti di poppa” per “portare avanti una gestione responsabile delle finanze pubbliche, promuovere gli investimenti e introdurre riforme strutturali che migliorino la competitività”.
Migranti, valore aggiunto. Dalle Previsioni della Commissione emerge infine un elemento sul quale occorrerà tornare con dati più puntuali: “L’arrivo dei richiedenti asilo potrebbe determinare un lieve effetto economico positivo”, vi si legge. Ciò in relazione a una maggiore spesa pubblica legata ai migranti, che di per sé determina un rialzo del Pil; a medio termine si prevede inoltre “un ulteriore effetto positivo sulla crescita indotto dall’aumento dell’offerta di lavoro”. Un effetto forse limitato sulla crescita Ue, ma che potrebbe rivelarsi più consistente nei Paesi più esposti agli arrivi dei profughi.