Convegno ecclesiale
C’è molta attesa per quello che il Santo Padre dirà ai delegati delle diocesi al Convegno ecclesiale nazionale. È inevitabile che sia lui, arrivando praticamente all’inizio dei lavori, a dare il senso a un’assise che deve affrontare, come è stato spiegato, il trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo
Ci siamo. Il “Convegno” sta per iniziare. Il Papa è in arrivo. La Toscana si appresta a vivere un momento storico. Non è esagerato pensarlo. La Chiesa italiana si riunisce a Firenze per confrontarsi sulla complessità del momento presente e per progettare la pastorale del prossimo decennio. Lo fa nel nome dell’umanesimo, che è e resta cristiano.
Francesco mette piede per la prima volta in terra toscana, prima a Prato e poi a Firenze. Incontra il mondo del lavoro (anche di quello che non c’è), gli immigrati, prega con i malati, pranza con i poveri, celebra l’Eucarestia con i pastori e i fedeli delle Chiese che sono in Toscana. Ma soprattutto indica la strada ai cattolici italiani.
C’è molta attesa per quello che il Santo Padre dirà ai delegati delle diocesi al Convegno ecclesiale nazionale. È inevitabile che sia lui, arrivando praticamente all’inizio dei lavori, a dare il senso a un’assise che deve affrontare, come è stato spiegato, il trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo e che incide sempre più nella mentalità e nel costume delle persone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per l’esistenza personale, familiare e sociale. I delegati, riuniti in piccoli gruppi, lo dovranno fare leggendo i segni dei tempi e parlando il linguaggio dell’amore. Non sarà quindi un convegno come tutti gli altri. Non ci sarà chi enuncia e chi ascolta. Sarà partecipato e condiviso, anche nello stile e nell’organizzazione, perché dopo questi giorni saremo tutti chiamati concretamente a uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. A ricostruire una mentalità di fede capace di confrontarsi con la cultura attuale. A fare opere di umanizzazione di ciò che appare oggi disumano.
La culla stessa dell’umanesimo, la città di Firenze, sarà chiamata a interagire. Presenterà il suo volto più bello, quello del sacro che diventa umano. Con trenta incontri in altrettanti luoghi significativi aiuterà gli ospiti a guardare al passato, ma anche al presente, per costruire un futuro migliore. A sua volta dovrà rinnovarsi, contribuire alla vera umanità, allo spirito di condivisione, alla fraternità. Lo stesso dovrà fare la città di Prato, che il suo Vescovo definisce “laboratorio difficile e bello, complesso e affascinante per sperimentare l’integrazione, la convivenza, la pace”.
Dall’incontro con Papa Francesco e dalla “contaminazione” del Convegno ecclesiale nazionale, le Comunità toscane, e insieme a loro tutte le Chiese in Italia, dovranno ripartire dialogando con chi si dichiarerà disponibile, rilanciando la prospettiva di
un nuovo umanesimo, che unisca e non divida, che accolga e non escluda, un umanesimo che faccia respirare il senso dell’eterno anche nelle attività di tutti i giorni.
Poi, senza riprendere fiato, ci tufferemo nel Giubileo della misericordia, in quell’anno in cui dovremo lasciarci sorprendere da Dio. E quella sì che sarà aria buona da respirare a pieni polmoni: momento ideale per un’inversione di marcia, per una conversione, per un cambiamento di vita, per un autentico nuovo umanesimo perché la misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo.