Letteratura
Per Franco Nembrini, insegnante di italiano ed esperto divulgatore dell’Alighieri, “leggere Dante significa scoprire il cristianesimo vero e tosto”. La Divina Commedia, aggiunge, “è l’annuncio della fede cristiana, anche dal punto di vista teologico, di una ortodossia e di una libertà eccezionali”: “Credo che la Chiesa debba riappropriarsi della Divina Commedia e fare di questo testo uno strumento di evangelizzazione”. Il sogno di spostare la tomba nella basilica di san Francesco a Ravenna
La tomba di Dante, a Ravenna, è custodita in un edificio risalente al XVII secolo. “È un tempietto massonico che dà sulla strada come una puttana. Ho visto migliaia di ragazzi italiani ed europei che, in visita alla città, passano davanti al mausoleo e lo guardano con disprezzo. Quando Paolo VI vide la tomba ne rimase talmente colpito e scandalizzato che la settimana seguente diede in dono al Comune di Ravenna una croce d’oro, perché fosse apposto un segno cristiano”. Franco Nembrini, insegnante di italiano e fondatore della scuola La Traccia, non usa mezzi termini. Troppa la passione per Dante e per la Divina Commedia, che racconta ogni lunedì sera su Tv2000 coinvolgendo migliaia di persone, da non desiderare una degna sepoltura per il Sommo Poeta:
“Il mio sogno è spostare la tomba nell’adiacente basilica di san Francesco. Portare Dante a casa, cioè in chiesa.
Già questo renderebbe una visita alle sue spoglie più chiara, significativa e indicativa”.
Domande e risposte. Nembrini è il quarto di dieci fratelli. A quattordici anni giura nelle mani della professoressa di lettere delle medie che diventerà insegnante di italiano e, dopo un percorso travagliato che lo porta a lasciare il liceo per lavorare come operaio, centra l’obiettivo. Un’esistenza trascorsa tra i banchi degli istituti tecnici per mostrare ai giovani che la letteratura è una risposta alle domande della vita: “Dobbiamo lasciarci interrogare da chi prima di noi ha vissuto le stesse esperienze. Se uno ha domande, tutto quel che incontra lo interessa perché è alla ricerca di qualcosa. Se non ha domande, ogni cosa lo lascia indifferente. E io di domande ne ho tante. Da questo punto di vista Dante è un pozzo senza fondo, la cui frequentazione diventa nel tempo fonte di ispirazione e di guida”. Per Dante, scoperto all’età di undici anni mentre trasportava delle casse di bottiglie lungo le scale di una cantina, ha deciso di rinunciare all’insegnamento: “In realtà, ho lasciato anche per motivi di salute. Ma la decisione è stata presa a partire da una considerazione cui sono giunto in tutti questi anni durante i quali ho girato l’Italia e il mondo per leggere Dante: il suo messaggio ha un valore universale. L’ho letto in Sierra Leone, in Kazakistan, in Russia, in Ucraina e durante il Natale volerò in Argentina. Se l’incontro con Dante avviene all’interno di un dialogo, le persone si appassionano e lo capiscono. È un’opportunità missionaria. Leggere Dante significa scoprire il cristianesimo vero e tosto”.
Giubileo. La sfida che Nembrini ha accettato, portando Dante su Tv2000 con le 34 puntate di “Nel mezzo del cammin” durante il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, è rivelare il filo rosso della misericordia che attraversa l’intera Divina Commedia: “Ho sempre chiamato il Purgatorio la ‘Cantica del perdono’. Non si tratta di forzare la mano a Dante perché la Divina Commedia, essendo il poema della vita dell’uomo cristiano, è il poema della misericordia. La prima parola di Dante è ‘Miserere di me, qual che tu sii, od ombra od omo certo!’. E nel XXXIII canto del Paradiso, il primo appellativo che attribuisce a Maria è ‘In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza’.
Dall’inizio alla fine, la misericordia lega tutto. L’avventura dell’uomo che da solo non ce la fa, perché la selva oscura vince senza l’aiuto di Dio”.
Il tema del perdono è, in un certo senso, collegato al senso del peccato. Eppure, nella società odierna il peccato è quasi sparito, ciò che è possibile viene ritenuto lecito e il senso di colpa si diluisce: “Quando va in crisi la fede, il primo sintomo è che salta la Confessione. Magari si va ancora in chiesa e si fa persino la Comunione, ma della Confessione non si sente più bisogno. Allora potrebbe essere utile interpretare il peccato che l’uomo compie come la manifestazione di un bisogno. Dovremmo aiutare i giovani a leggerlo così. Se dico a un ragazzo: ‘Non peccare’, bene che va mi risponde: ‘Mica ho deciso di seguire i Dieci Comandamenti’. Ma se gli dico: ‘Quando vai a letto la sera sei davvero contento della vita che fai o ti viene il magone e hai voglia di ubriacarti con gli amici?’, allora lì puoi creare una relazione, un momento di incontro. In questo Dante è illuminante, lui che si è ritrovato in una selva oscura a causa del peccato. Parla ai credenti, agli atei, ai musulmani. Parla del cuore dell’uomo che si accorge del bisogno, grida e Dio gli viene incontro”.
2021. A chi considera la Divina Commedia alla stregua di un testo sacro, Nembrini risponde: “È l’annuncio della fede cristiana, anche dal punto di vista teologico, di una ortodossia e di una libertà eccezionali.
Credo che la Chiesa debba riappropriarsi della Divina Commedia e fare di questo testo uno strumento di evangelizzazione.
Dentro c’è tutto il cristianesimo. Su un’isola deserta porterei la Divina Commedia, perché lì ritrovo l’intera Bibbia vissuta da un uomo. Il 750° della nascita è stata un’occasione persa, al di là di qualche apprezzabile ricorrenza nei circoli di esperti e appassionati. Il popolo cristiano fa fatica e i pastori di più. In vista del 2021, settimo centenario della morte, sarebbe bello se la Chiesa facesse qualcosa di importante”.