Politica
È una situazione drammatica, quella che sta attraversando il Paese, che continua a peggiorare congiuntamente al crollo del prezzo del petrolio, praticamente l’unica fonte di sostentamento per l’economia nazionale. Ma le cause della situazione sono anche interne e chiamano in causa il presidente Nicolás Maduro, l’elevatissima corruzione e la criminalità fuori controllo. Per monsignor Roberto Lückert León, arcivescovo di Coro e presidente della Commissione comunicazioni sociali della Conferenza episcopale venezuelana, “l’attuale governo non recepisce il messaggio del popolo che è diventato maggioranza lo scorso 6 dicembre” e “il suo progetto è di ricalcare pari pari il sistema totalitario cubano”
“Il popolo è esasperato, con un’inflazione che arriva al 500%, la moneta è come carta straccia, il salario non è sufficiente per mangiare e tanto più per l’acquisto di medicinali. È umiliante vedere code interminabili, che si formano di prima mattina per comprare alcuni prodotti base; l’angoscia di una famiglia con un infermo che deve curarsi con urgenza in un ospedale dello Stato dove manca il necesario; o che ti tolgano la vita per un cellulare o per un paio di scarpe”. È il Venezuela di oggi nell’accorato racconto di monsignor Roberto Lückert León, arcivescovo di Coro e presidente delle Commissioni giustizia e pace e comunicazioni sociali della Conferenza episcopale venezuelana.
Nel gorgo di crisi economica, corruzione e criminalità. Una situazione drammatica, quella che sta vivendo la popolazione, che continua a peggiorare congiuntamente al crollo del prezzo del petrolio, praticamente l’unica fonte di sostentamento per l’economia del Paese. Da qualche giorno a Caracas, per alcune ore, viene interrotta l’erogazione di energia elettrica.
Ma le cause della situazione sono anche interne e chiamano in causa il governo del presidente Nicolás Maduro, l’elevatissima corruzione e la criminalità fuori controllo. I dati, del resto, sono eloquenti. L’annuale classifica dell’ong messicana Seguridad, Justitia y Paz sulle città più insicure del mondo, uscita pochi giorni fa, dà a Caracas, capitale del Venezuela, questo triste primato, causato da un tasso di 120 omicidi ogni 100mila abitanti. E al Paese spetta anche il primo posto nell’indice nazionale della maggiore violenza urbana nel mondo: 74,6 omicidi ogni 100mila abitanti. Sulla corruzione fa testo la recente indagine di Transparency International, secondo la quale il Venezuela è al 158° posto nel mondo (solo otto Paesi fanno peggio).
Maduro e il nuovo Parlamento muro contro muro. La classe politica balla sul Titanic, dopo l’insediamento del nuovo Parlamento eletto in occasione del voto legislativo dello scorso 6 dicembre. L’Assemblea nazionale è ora in mano alla “Mesa”, il Tavolo di unità democratica, avverso al presidente chávista Nicolás Maduro e le prime settimane di “coabitazione” forzata sono state caratterizzate da grande tensione. Prima c’è stata la simbolica decisione del nuovo presidente dell’assemblea Henry Ramos Allup, di far rimuovere dall’aula un ritratto di Hugo Chávez; poi la nuova maggioranza parlamentare, come primo atto, ha approvato un’amnistia per i prigionieri politici. Ma il Presidente ha subito risposto di volersi ribellare al provvedimento. L’Assemblea ha, invece, bocciato il provvedimento che avrebbe conferito a Maduro poteri straordinari per far fronte alla crisi economica. In questo clima di veti incrociati, tutto lascia pensare che la Mesa punti alla caduta rapida di Maduro, magari approvando una legge che accorci i tempi del suo mandato (ma negli ultimi giorni sono aumentati i segnali che lasciano invece pensare ad un più deciso tentativo di destituzione); e che, al tempo stesso, il Presidente, la cui parabola politica sembra ormai consumata, non voglia saperne di farsi da parte, forte dell’appoggio dell’Esercito, della Guardia nazionale e del sistema giudiziario.
Dalla Chiesa l’invito al dialogo. Secondo i vescovi, come conferma mons. Lückert León, prevalenti sono le responsabilità di Maduro: “L’attuale governo non recepisce il messaggio del popolo che è diventato maggioranza lo scorso 6 dicembre. Il suo progetto è di ricalcare pari pari il sistema totalitario cubano. Uno dei ministri che si occupano dell’Economia afferma: ‘Tutti poveri perché il socialismo del XXI secolo abbia successo’. Fino ad oggi l’atteggiamento che proviene dai banchi del governo è di troncare sul nascere e impedire tutte le proposte presentate dall’opposizione, ma senza dialogo il Paese non avrà pace e le cose andranno sempre peggio, fino a sfociare in scontri violenti che potrebbero aprire la strada a un colpo di Stato che nessuno vuole”. La Chiesa venezuelana ha portato un importante contributo alla vita del Paese attraverso un’esortazione resa nota le scorse settimane, alla fine della propria assemblea, intitolata “Assumere la realtà del Paese”, nella quale faceva propria la richiesta di amnistia e invitava al dialogo, dando atto al popolo venezuelano di aver dimostrato “responsabilità civica e volontà pacifica” in occasione delle recenti elezioni. E la scorsa settimana è intervenuta ancora per denunciare la mancanza di farmaci e cure nelle strutture sanitarie statali. “Le priorità, per la Chiesa venezuelana – dice l’arcivescovo di Coro – sono le stesse della gente che ragiona e che crede nella democrazia: cercare un dialogo costruttivo affinché tutti insieme cerchiamo le soluzioni ai gravi problemi che ci attanagliano. E poi suscitare nel popolo la speranze di tempi migliori, che dobbiamo costruire”.
L’Amazzonia lasciata in mano ai cinesi. Il documento dei vescovi allarga poi la sua attenzione alle periferie del Paese. Spiega mons. Lückert: “Le frontiere sono totalmente abbandonate e in mano alla guerriglia colombiana. La zona amazzonica è ricca di minerali preziosi, la cui estrazione è in mano alle imprese straniere, soprattutto cinesi, che sfruttano una zona così fragile per l’ecosistema e senza alcun controllo e avvelenano i fiumi con il mercurio necessario per l’estrazione dell’oro. Si sente solamente la voce dei missionari salesiani senza risposte da parte del governo”. Quella con la Colombia “è una frontiera viva, di 2.500 chilometri, composta da molte famiglie colombiano-venezuelane, con legami familiari da più di 5 generazioni”. La chiusura della frontiera, voluta da Maduro, “ha impoverito la zona e violato i diritti umani di tutta la popolazione, per un cieco patriottismo che è stato avvertito solo come campagna elettorale”.