Dopo l'affondo di Bindi

Napoli & camorra. Risposte senza veli alla “provocazione”

La presidente della Commissione antimafia ha sollevato un vespaio con la sua dichiarazione che ha evocato il “Dna dei napoletani”. Poi a Tv2000 ha affermato che “A Napoli c’è un rischio negazionismo della camorra che forse una certa élite della città vuole continuare ad alimentare”. Le voci di don Tonino Palmese, Mario Di Costanzo, don Vincenzo Doriano De Luca e Lina Lucci

La camorra nel Dna dei napoletani? Questa frase attribuita alla presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, poi smentita, ha suscitato dure polemiche. Bindi ha precisato di aver detto semplicemente che la camorra è elemento costitutivo della città di Napoli. In un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000, Bindi ha poi sostenuto: “A Napoli c’è un rischio negazionismo della camorra che forse una certa élite della città vuole continuare ad alimentare. Così fa un cattivo servizio alla città, anche alla Napoli che è affrancata da questo pericolo. Sulle parole di Bindi su Napoli e la camorra abbiamo raccolto le opinioni di sacerdoti e laici napoletani.

Camorra pervasiva. C’è chi legge molte verità nelle parole di Rosy Bindi. “Dalle ultime analisi delle procure generali antimafia e da vari studi fatti emerge che la camorra è così diffusa nella società civile e tra la gente che paradossalmente non ha più bisogno neppure della mediazione della politica per fare affari”, denuncia don Tonino Palmese, vicario episcopale per il settore carità e giustizia della diocesi di Napoli e vice presidente della Fondazione Polis (Politiche integrate di sicurezza). “Non è un problema genetico – chiarisce -, è un problema di pervasività. È camorristico il controllo dei parcheggi da parte degli abusivi, è camorristico viaggiare senza casco, è camorristico il sistema delle tangenti”. Secondo il sacerdote, “se oggi il problema è sotto gli occhi di tutti, soprattutto per l’aspetto delinquenziale giovanile, è arrivato il momento di dare una risposta. Senza polemica, penso che, oltre che con la Commissione antimafia, sarebbe più opportuno confrontarsi con il ministro dell’Istruzione per capire quante altre scuole dobbiamo aprire; con i settori del welfare per comprendere quanti spazi dobbiamo costruire per organizzare il tempo libero dei giovani”. Occorre “offrire risposte adeguate, che non sono i licei o gli istituti tecnici con mille specializzazioni. La risposta all’emergenza educativa dovrebbe passare attraverso la formazione professionale che potrebbe dare reali possibilità di occupazione”.

Investire nella scuola. “Tutti cercano la causa della presenza della camorra a Napoli, ma la grande assente è la parola ‘corresponsabilità”, sostiene Mario Di Costanzo, direttore della formazione socio-politica della diocesi di Napoli. “Anche nei quartieri a rischio ci sono una miriade di iniziative di associazioni di volontariato, cattolico e laico, e tentativi di micro-credito; purtroppo – evidenzia Di Costanzo – dobbiamo ammettere realisticamente che sono iniziative meritorie, ma inefficaci: c’è un corto circuito, perché, ad esempio, non c’è un sostegno politico rigoroso”. Il direttore della formazione socio-politica della diocesi di Napoli si dice d’accordo con chi ha lanciato l’idea di “una sorta di Piano Marshall con un investimento a 360 gradi, affrontando per primo il problema dell’evasione scolastica. Il giovane che a malapena consegue un titolo di studio rischia la disoccupazione. Il ragazzo che non avrà mai il titolo di studio perché a scuola non va è già oggi condannato alla disoccupazione e con ogni probabilità alla criminalità”. Di qui il suggerimento: “Investire nella scuola a tempo pieno, dalle 8 alle 22. Può sembrare una battuta, ma non è così: perché bisogna evitare che questi ragazzi stiano per strada, ma anche a casa loro, a contatto con la famiglia, magari malavitosa”.

Equazione inaccettabile. Non tutti, però, hanno apprezzato le parole di Bindy, come don Vincenzo Doriano De Luca, vice direttore di “Nuova Stagione” (settimanale della diocesi di Napoli): “Pur avendo smentito Rosy Bindi che la camorra è nel Dna dei napoletani, frase che aveva suscitato molte polemiche, penso che dire che la camorra sia un elemento costitutivo è, comunque, un’affermazione che se non vogliamo definire pesante, almeno è impropria”. Per il sacerdote, “sarebbe stato più giusto dire che una parte della società napoletana è in qualche modo legata alla criminalità organizzata”. Ma, osserva don De Luca, “l’equazione Napoli uguale camorra o Sicilia uguale mafia è pesante e inaccettabile, dal punto di vista antropologico e sociologico. Anche perché alimenta molti pregiudizi. Diciamo questo non per nasconderci dietro a un dito o per sminuire la gravità del fenomeno, ma non dimentichiamo il lavoro sul fronte della legalità di parrocchie, associazioni e politici onesti”. Scettica anche Lina Lucci, segretario generale della Cisl Campania: “inviterei le alte cariche dello Stato a pesare in maniera più oculata le parole e a mostrare maggiore attenzione alle sorti del Mezzogiorno con fatti concreti. In questo modo si rischia soltanto di gettare nello sconforto tante forze che ogni giorno combattono su questo fronte, aprendo una polemica inutile e fuorviante, di cui Napoli non ha certo bisogno”.