Profughi
L’Austria è passata dalle parole ai fatti. Ed entro la fine di maggio annuncia l’inizio dei controlli. Per il momento, però, il flusso di migranti è stabile. In media transitano 20-25 persone ogni giorno. Chi viene respinto, trova ospitalità nella struttura gestita a Brennero dall’associazione Volontarius. L’impegno della Caritas di Bolzano-Bressanone
Occhi puntati sul valico del Brennero, dove questa settimana l’Austria ha dato il via ai lavori per la costruzione di una barriera lunga 250 metri che, comprendendo autostrada, ferrovia e statale, intende bloccare il transito dei profughi richiedenti asilo che vogliono raggiungere l’Europa del Nord.
L’Austria, che da tempo, aveva annunciato l’intenzione di un “management di confine” al valico italo-austriaco (così come è stato istituito a Spielfeld, al confine con la Slovenia), è passata dalle parole ai fatti. Ed entro la fine di maggio annuncia l’inizio dei controlli.
Temendo, dopo la chiusura della rotta balcanica e con l’arrivo della buona stagione, un intensificarsi dei flussi migratori dalle coste del Mediterraneo, il governo di Vienna ha deciso di premere il piede sull’acceleratore. Prima le visite del ministro degli Esteri Sebastian Kurz a Bolzano e del ministro degli Interni Johanna Mikl-Leitner a Roma e poi il via ai lavori.
Per il momento il flusso di migranti è stabile.
In media transitano 20-25 persone ogni giorno. Chi viene respinto, trova ospitalità nella struttura gestita a Brennero dall’associazione Volontarius – dove sono 70 i posti letto a disposizione – e poi, il giorno seguente, ci riprova. Perché chi ha lasciato le proprie case e i propri affetti, in fuga da guerre, persecuzioni e miseria ed è sopravvissuto all’attraversata del mare, non intende certo fermarsi di fronte ad una nuova barriera.
La Provincia di Bolzano tiene costantemente monitorata la situazione, in collegamento con la Questura, ed ha già programmato l’apertura di nuove strutture di accoglienza sul territorio, qualora nelle prossime settimane la situazione diventasse critica.
Attualmente l’Alto Adige, attraverso il programma di accoglienza nazionale, dà ospitalità a circa 900 profughi richiedenti asilo, che sono accolti in una quindicina di strutture, distribuite sull’intero territorio provinciale, affidate alla gestione di Caritas e associazione Volontarius. La Caritas diocesana segue direttamente dieci di queste case.
In questi mesi l’accoglienza dei profughi nei Paesi altoatesini è stata particolarmente calorosa. La popolazione locale si è messa a disposizione per offrire loro non solo beni di prima necessità, ma anche corsi di lingue e formazione, indispensabili per garantire a questi giovani (per la maggior parte provenienti da Ghana, Zambia, Mali, Nigeria, Bangladesh e Afghanistan) una futura integrazione quando riceveranno il tanto atteso permesso di soggiorno.
Perché con il riconoscimento ufficiale dello status di rifugiato, il richiedente asilo deve lasciare la struttura che l’ha accolto per un anno e più. E si ritrova in strada. Senza un tetto e senza un lavoro. Ecco che allora la conoscenza dell’italiano e del tedesco e qualche competenza professionale può favorire l’inserimento sul territorio. Che è di fatto la vera sfida che attende ora queste persone. Ed è anche il fronte su cui la Caritas altoatesina si sta muovendo già da settimane, nella consapevolezza che, senza la possibilità di un alloggio, questi ragazzi – molti dei quali non arrivano ai 25 anni – rischiano di finire in strada e di precludersi così anche un qualsiasi inserimento lavorativo. Circa un terzo dei richiedenti asilo, ospitati oggi in Alto Adige, da qui a quattro mesi sapranno se la loro domanda è stata accolta o meno. Ed è allora che per loro e per il territorio inizierà una nuova sfida quotidiana per l’integrazione.
(*) direttrice “Il Segno” (Bolzano-Bressanone)