Misericordia

I vescovi argentini in visita al carcere di Campana e nei centri di assistenza per tossicodipendenti e disabili

È il gesto speciale nell’Anno Santo della misericordia che i vescovi che stanno partecipando alla 111ª assemblea della Conferenza episcopale argentina (11-15 aprile) hanno compiuto ieri, recandosi “in periferia” per visitare il carcere e diversi centri di assistenza per tossicodipendenti e per persone anziane, disabili e indigenti della diocesi di Zarate-Campana, nella provincia di Buenos Aires. “L’episcopato – hanno spiegato i vescovi – desidera unirsi così alla celebrazione del Giubileo della misericordia attraverso un segno di vicinanza e comunione verso quanti soffrono di più, come testimoni dell’importanza di essere una ‘Chiesa in uscita’ che porta l’amore di Cristo risuscitato”

Quale gesto speciale nell’Anno Santo della misericordia i vescovi che stanno partecipando alla 111ª assemblea della Conferenza episcopale argentina (11-15 aprile) si sono recati il 13 aprile “in periferia” per visitare il carcere di Campana e diversi centri di assistenza per tossicodipendenti e per persone anziane, disabili e indigenti della diocesi di Zarate-Campana, nella provincia di Buenos Aires.
“L’episcopato – hanno spiegato i vescovi – desidera unirsi così alla celebrazione del Giubileo della misericordia attraverso un segno di vicinanza e comunione verso quanti soffrono di più, come testimoni dell’importanza di essere una ‘Chiesa in uscita’ che porta l’amore di Cristo risuscitato”.

Tra le visite definite “misericordiose”, quella realizzata all’“Asilo Reverendo Padre Silvio Braschi” della città di Pilar, gestito dal 2008 dalle Suore della Congregazione di Santa Marta e destinato agli anziani della diocesi provenienti da famiglie in difficoltà o senza famiglia. Difficile tradurre in parole l’emozione e la gioia dei 55 “nonni” che, nonostante la pioggia della giornata, si sono alzati presto per ricevere i vescovi del Nord-Est argentino (arcidiocesi di Resistencia e di Corrientes, diocesi di San Roque, Reconquista, Formosa, Goya, Santo Tomè, Posadas, Puerto Iguazù e Oberà), pregare con loro e invitarli a bere insieme i primi “mates” della mattinata.

Nel segno di Papa Francesco che ripetutamente invita a non dimenticare gli anziani, questa visita – durante la quale i vescovi hanno cantato insieme ai “nonni” e hanno confessato – non poteva mancare.

L’asilo “Padre Silvio Braschi” è un centro di tutto rispetto. Braschi (1878-1963), esiliato in Argentina per il suo antifascismo e le sue convinzioni social-cristiane e seguace del pensiero di don Luigi Sturzo, è stato parroco della località di Pilar tra il 1920 e il 1953 e viene ricordato anche come il pioniere cui si devono le prime informazioni sugli abitanti della zona. Secondo quanto si racconta, padre Braschi è stato il primo a raccogliere e classificare le testimonianze della gente di Pilar. Ma di grande impatto risulta il voluminoso carteggio che ebbe con don Sturzo e l’interesse che diffuse da queste parti per l’edizione delle opere di Sturzo in spagnolo. Da tali lettere, infatti, emerge un Braschi impegnato – anche lui – nel promuovere la creazione di un partito d’ispirazione cristiana e nel diffondere tra i sacerdoti l’importanza della sensibilità per la pastorale sociale e un impegno più diretto per i più deboli.

Forse non tutti i “nonni”, commossi per la visita dei vescovi all’asilo, ricordano queste storie, forse non sanno neppure dell’esistenza delle lettere tra Don Braschi, il parroco di Pilar, e Don Sturzo, il prete calatino.

Ma il gesto misericordioso dei pastori che si sono avvicinati a condividere un “mate”, portando l’amore di Gesù Cristo nel cuore, mette in evidenza la sensibilità di una Chiesa che percepisce “nuove prospettive pastorali”,

come viene detto nella lettera che i vescovi argentini hanno inviato a Papa Francesco questa settimana in ringraziamento per l’Esortazione apostolica “Amoris laetitia”. Scrivono: “Lei c’insegna molto non solo con le sua parole ma anche particolarmente con i suoi gesti. Noi ci identifichiamo in questo stile segnato dalla semplicità, dalla sensibilità verso i sofferenti del popolo, dalla disponibilità generosa e dalla cultura dell’incontro”.