Campi aperti
“Laudato Si’. Umanesimo sociale nella ‘gioia del Vangelo'” è stato il tema scelto per il 2° corso “Campi aperti: giovani e impegno sociale”, promosso dal 20 al 24 aprile a Ostuni dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. A monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, abbiamo chiesto un bilancio dell’iniziativa
Un’occasione di formazione per aiutare i giovani ad approfondire l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa nello stile di Papa Francesco. Questo il senso del 2° corso “Campi aperti: giovani e impegno sociale”, promosso dal 20 al 24 aprile a Ostuni (in provincia di Brindisi) dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. “Laudato Si’. Umanesimo sociale nella ‘gioia del Vangelo'”, il tema scelto per l’appuntamento, che ha riunito nella cittadina pugliese una settantina di giovani da tutta Italia, tra seminaristi e ragazzi impegnati nel Progetto Policoro o in altri settori pastorali. A monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, abbiamo chiesto un bilancio dell’iniziativa.
Monsignor Longoni, qual è stato l’obiettivo del corso?
L’obiettivo fondamentale è stato coinvolgere i giovani intorno alle questioni sulle quali l’enciclica del Papa Laudato Si’ e il convegno di Firenze hanno riportato l’attenzione all’interno del mondo cristiano: gli impegni quotidiani da assumere, a livello di dinamiche da costruire e di processi da instaurare, nell’impegno sociale della Chiesa. L’idea è stata di mettere insieme gli stimoli che provengono dall’Evangelii Gaudium e dalla Laudato Si’ per far vivere un’esperienza sul territorio intorno ai cinque verbi di Firenze, uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare”.
In che modo è stata concretizzata questa idea?
Non ci sono state solo relazioni, ma abbiamo vissuto anche esperienze sul territorio, come la visita guidata alla Riserva dello Stato area marina e terrestre protetta di Torre Guaceto, che ha permesso, ad esempio, un approfondimento del tema della biodiversità, letta alla luce della Laudato Si’. Inoltre, c’è stato il confronto con l’esperienza di Taranto e della riqualificazione in atto in un territorio segnato dall’inquinamento. Si è parlato anche di cosa vuol dire oggi fare pastorale sociale integrata con le vie di Firenze dentro una logica di annuncio gioioso di speranza e di esperienze pastorali concrete del Progetto Policoro.
Come si possono riappassionare i giovani all’impegno sociale, alla luce dell’umanesimo sociale?
Sono convinto i giovani sono già su questa lunghezza d’onda. Si tratta semplicemente di dare loro lo spazio necessario perché possano capire che il Vangelo coniugato con la vita non è una realtà altra, che il Vangelo non è un’etichetta da porre sopra la vita, ma è esattamente la vita in Cristo, per Cristo, con Cristo realizzata nella storia: Cristo ci parla nell’ambiente che viene deviato dagli egoismi umani, nel lavoro che manca, nella situazione concreta del territorio nel quale mi trovo inserito.
Cristo è già là dove avviene la storia e i giovani ne sono già in qualche modo consapevoli,
solo che noi come Chiesa facciamo un’operazione ideologica, perché annunciamo più una idea che una persona, più delle dinamiche intellettuali che un incontro. Credo che questo sia il grande problema della Chiesa oggi. Se io incontro Cristo nella mia vita concreta di seminarista o di giovane che si prepara alla vita, capisco che il Signore mi interpella sui temi ambientali, sui temi del lavoro, sui temi sociali in generale, mi dà il senso della vita politica intesa come servizio perché lì trovo Lui. Questa è una dinamica che non ha bisogno di grandi sollecitazioni, ma che va semplicemente accompagnata.
Sono questi, dunque, i temi che sono più vicini al modo di sentire dei giovani?
È la nuova evangelizzazione in pratica, cioè l’Evangelo è dentro la storia, non sopra la storia, non un’applicazione sulla storia.
Quindi, ogni cosa che succede nella nostra vita quotidiana è annuncio di Cristo.
Come cambia l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa nello stile di Papa Francesco?
Diventa una Dottrina sociale in pratica, non ideologica o che rischia di trasformarsi in ideologia.
La Dottrina sociale non è un’enunciazione, è la vita delle persone inserite in Cristo dentro la storia degli uomini.
Nei giorni scorsi è stato diffuso il messaggio dei vescovi per il primo maggio. Come aiutare i giovani in questo scenario di crisi e come superare la contrapposizione tra posti di lavori e ambiente?
Io credo che sia una mistificazione porre in contrasto il diritto al lavoro e quello a un ambiente sano. Le due realtà possono camminare insieme. Oggi ci sono modalità nuove per intendere il lavoro non come sfruttamento del territorio. L’idea in prospettiva è la fine di un capitalismo fondato sul consumo per andare verso una forma di mercato che produca – per l’uomo, con l’uomo, attraverso l’uomo – un equilibrio ambientale, ciò che il Papa chiama ecologia integrale. Rispetto alla questione del superamento della crisi, la nostra grande speranza è che le istituzioni non sprechino il talento giovanile, come si ribadisce nell’ultima parte del messaggio, in cui si parla del binomio scuola-lavoro. Le nostre Università devono aprirsi a esperienze positive mettendo in pratica l’articolo 4 della Costituzione, che pone il lavoro al centro di un progresso materiale, ma anche spirituale. Il messaggio ricorda anche l’interdipendenza tra Nord e Sud: non è accettabile uno sviluppo squilibrato tra le diversi parti del Paese, anzi dobbiamo capire qual è l’alleanza generazionale per far sì che molti dei giovani privati del loro diritto di ingresso nel mondo del lavoro possano rientrarci secondo la logica di un capitalismo centrato sulla capacità di vivere il mercato come strumento e non come fine.