Il 38° pellegrinaggio

Macerata-Loreto: le testimonianze di due ergastolani

Circa 100mila pellegrini si sono mossi dallo stadio maceratese “Helvia Recina”, dopo la Messa celebrata dal cardinale Edoardo Menichelli, sotto la guida di monsignor Giancarlo Vecerrica. Il tema di questa edizione, “Tu sei unico”, si innesta alla perfezione con la presenza di una decina di detenuti del carcere di Padova. La telefonata di Papa Francesco: “Non si può vivere stando fermi, occorre camminare sempre, bisogna costruire un’amicizia sociale, una società giusta”

Nell’anno della misericordia e con il Papa che ha nuovamente fatto sentire la sua presenza con una telefonata in diretta, la 38ª edizione del pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, nella notte tra sabato 11 e domenica 12 giugno, ha voluto celebrare la ricorrenza giubilare con una ricca rappresentanza di carcerati di Padova, che hanno camminato sotto una pioggia insistente, ma con il desiderio di raggiungere la Santa Casa di Loreto all’alba per abbracciare la Madre di tutti, dopo ben 30 chilometri tra le campagne dell’hinterland marchigiano.

Anche quest’anno erano circa 100mila i pellegrini che si sono mossi dallo stadio maceratese “Helvia Recina”, dopo la S. Messa celebrata dal cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, sotto la guida di un sempre più intrepido vescovo emerito di Fabriano-Matelica, monsignor Giancarlo Vecerrica, fondatore e ideatore di un gesto che coinvolge migliaia di studenti.

Il tema di questa edizione, “Tu sei unico”, si innesta alla perfezione con la presenza di una decina di detenuti del carcere di Padova e che grazie all’attività della cooperativa “Giotto” stanno vivendo una fase di reinserimento sociale che sa tanto di miracolo. Sia allo stadio sia durante il cammino notturno le testimonianze di due ergastolani, non presenti (uno non ha ottenuto il permesso e l’altro li usa per stare vicino alla mamma che sta per morire), hanno sottolineato la bellezza di un filo conduttore – non uno slogan ad effetto -, che ha riproposto la centralità della persona, in una marginalità evidente dentro la condizione di una prigionia:

“Fino a qualche tempo fa pensavo che ognuno bastasse a se stesso e ritenevo di essere l’artefice del mio destino – ha raccontato il primo -. Ci sono voluti tempo e pazienza e soltanto il bene, che ogni giorno mi veniva offerto e che io preferivo respingere e allontanare, ha fatto accadere in me quello che mai neppure lontanamente avrei ipotizzato: riconoscere Cristo. Accoglierlo, fidarmi, ascoltarlo”.

Come spiegare questo cambiamento se non dentro un’amicizia che tocca nel profondo la propria persona? Già, unica e irripetibile.

38ª pellegrinaggio Macerata-Loreto (12 giugno 2016)

E non meno forte il secondo contributo di un detenuto che deve scontare ancora 30 anni di carcere.

“Cercavo sempre di evadere e non ho volutamente avuto dei figli per non mettere a repentaglio la loro vita. Poi un giorno a Padova mi chiamano a lavorare in un call center e succede qualcosa di strano. Il modo con cui mi hanno trattato mi ha colpito e incuriosito. E soprattutto ho iniziato veramente a lavorare a 65 anni. Non mi era mai capitato che qualcuno mi volesse così bene, senza nulla in cambio”.

Ecco, allora, che l’altro non è un incidente di percorso, ma qualcosa che ci aiuta a capire meglio chi siamo noi, l’io si dilata nella presenza di un tu. Ed è straordinario quando nella nostra società l’affermazione di sé passa necessariamente attraverso la negazione dell’altro.

38ª pellegrinaggio Macerata-Loreto (12 giugno 2016)

Il Papa da Roma in diretta telefonica non ha avuto modo di ascoltare la grandezza di queste voci, ma è come se le avesse percepite. “Non si può vivere stando fermi – ha detto Francesco davanti ad un gremitissimo stadio, dentro e fuori -, occorre camminare sempre, bisogna costruire un’amicizia sociale, una società giusta, camminando con lo sguardo rivolto alla Madonna, come farete voi questa notte”. E come hanno fatto questi carcerati che sotto l’acqua e illuminati soltanto da migliaia di flambeaux, hanno sperimentato la grazia di una luce che è libertà pur dentro le inevitabili sbarre della quotidianità.

(*) direttore “L’Azione” (Fabriano-Matelica)