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Pigneto un “non luogo” con una speranza…” “

Il quartiere Pigneto, a due passi da Porta Maggiore tra le consolari Prenestina e Casilina, vive all’ombra della tangenziale volante. Proprio qui, la notte tra mercoledì e giovedì scorso, è accaduto il primo episodio che ha fatto gridare i titoli dei giornali: “Pigneto come Scampia”. La popolazione patisce enormemente. D’inverno la sera vige quasi il coprifuoco. La speranza dei giovani che “qualcuno se ne accorga e ci dia una mano”

Le dosi di hashish, marijuana, crack o cocaina – dette anche, in gergo, "lasagna" – vengono nascoste perfino sotto i cartelloni pubblicitari abusivi. Meglio non portarle addosso, in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine. I pusher, italiani o africani, si mimetizzano tra gli alberi e le automobili parcheggiate di via Ascoli Piceno e via Macerata, dove è più facile fuggire. L’isola pedonale al centro del quartiere Pigneto di Roma, inaugurata nemmeno un mese fa, ha la pavimentazione nuova ma le panchine di legno, che sembrano lunghissime "chaise longue", sono già state vandalizzate da scritte e rifiuti e vengono usate come letto o bivacco notturno. Proprio qui, la notte tra mercoledì e giovedì scorso, è accaduto il primo preoccupante episodio che ha fatto gridare i titoli dei giornali: "Pigneto come Scampia". Una quarantina di pusher africani hanno accerchiato tre carabinieri che avevano fermato due spacciatori durante i controlli anti-droga. Ma gli abitanti non gradiscono questa etichetta esagerata. Lo storico quartiere Pigneto, a due passi da Porta Maggiore tra le consolari Prenestina e Casilina, vive all’ombra della tangenziale volante, tagliato a metà da una rumorosa ferrovia e ora raggiunto dalla Metro C che, però, collega solo con la periferia. La popolazione patisce enormemente, con tanto rimpianto del passato e rabbia mista a rassegnazione, il fatto che la zona sia diventata un "non luogo" notturno dello spaccio. I pusher sono sia africani, soprattutto maghrebini, sia italiani. Di recente si sono aggiunti anche rom. Quello che prima era quasi un paesino, immortalato nella memoria cinematografica del neorealismo italiano (qui è stato girato, tra gli altri, il film di Rossellini "Roma città aperta"), ha subito negli ultimi decenni un cambiamento drastico, una lunga discesa verso il degrado e l’insicurezza. D’estate è una infernale e sregolata discoteca a cielo aperto. D’inverno la sera vige quasi il coprifuoco. Molte delle famiglie che ci vivevano da sempre sono state sfrattate: al loro posto, per assicurare più lucrosi affari in nero, tantissimi universitari fuori sede (moltissimi calabresi e siciliani) a 400 euro a stanza. Molte altre se ne sono andate per disperazione. La lunga notte del Pigneto è infatti popolata da giovani e meno giovani, artisti e intellettuali, viaggiatori zaino in spalla, una movida alcolica chiassosa che non può che attirare le mafie locali in virtù della banale legge della domanda e dell’offerta. I pusher, la manovalanza locale, maghrebina o sub-sahariana, sono solo l’ultimo anello, il più debole, di una catena retta da qualche longa manus – si parla di camorra – che al Pigneto ha fiutato bene gli affari. Una vox populi dice che dietro il degrado del quartiere ci sia un disegno mafioso mirato ad abbassare il prezzo degli immobili per sfruttare al meglio la zona, anche a livello commerciale. Negli ultimi anni hanno dato licenze a decine di nuovi locali.

La parrocchia. "Hanno offerto droga perfino a me. Il pusher era un uomo anziano, italiano", racconta don Stefano Rulli, parroco di Sant’Elena da tredici anni, parrocchia di 7.000 abitanti, la più vicina all’isola pedonale (ex mercato) dove è più concentrata la zona dello spaccio. L’altra, San Leone Magno, è sulla Prenestina. Don Stefano veste in borghese tutto l’anno, anche per far sentire una Chiesa familiare e accogliente verso tutti, vicini e lontani. Ma a parte gli anziani – singolare caratteristica è la presenza di tanti centenari – e le famiglie di più antica dimora, non è facile coinvolgere nelle iniziative parrocchiali i giovani universitari residenti. La sede della parrocchia è proprio nella zona cosiddetta degli "africani buoni": ghanesi, nigeriani, senegalesi che stazionano dalla mattina alla sera, forse ambulanti. Arrivando sembra proprio di essere in un quartiere africano. "Non abbiamo mai avuto nessun fastidio da loro, ma non frequentano la chiesa perché sono musulmani", precisa. Al Pigneto c’è un comitato di quartiere che si batte contro il degrado, ma si dialoga poco. "Abbiamo tentato di fare iniziative insieme ma non hanno avuto particolare successo, perché ci si divide anche sulle piccole cose". Per don Stefano "qui non è né meglio né peggio di altre zone, cambiano solo i problemi: a parte qualche furto e qualcuno che usa le nostre aiuole per nascondere la droga, c’è un bel tessuto sociale e umano. Tutti vorrebbero un quartiere diverso, però tutti lo sentono come casa propria".

I giovani "romani de Roma". Questo sentimento di attaccamento al luogo di nascita, e dispiacere per il degrado, è ben presente anche nei giovani che frequentano la parrocchia, "romani de Roma" che patiscono il cambiamento in peggio. Matteo e Paolo, 18 e 19 anni, raccontano di quando da bambini giocavano nell’isola pedonale, come fosse una tranquilla piazza di paese: "La vecchietta ce tirava l’ova perché facevamo rumore. Ora la gente fa casino fino alle 4 o alle 5 del mattino e tu dici…vabbè!" Sono tanti i piccoli episodi che minano la tranquillità del quartiere. Cassonetti bruciati, sporcizia, gente che dà in escandescenze. "Un mio amico m’ha raccontato che il padre una notte voleva prendere il fucile perché non riusciva a dormire. L’ha fermato la moglie. Hanno dovuto cambiare casa". "Una sera hanno visto uno con il machete, che paura!". La notte il livello d’insicurezza è tale da costringere ad una sorta di coprifuoco, soprattutto per le ragazze. "Mia sorella più piccola non può uscire da sola dopo le 18, e nell’isola pedonale non si vedono più bambine". Anche loro, nonostante siano giovani e maschi, sono un po’ intimoriti: "Quando ti chiedono una sigaretta c’abbiamo quasi paura a dire no perché chissà poi come reagiscono". I più sbandati entrano perfino nei palazzi e si mettono a dormire dove trovano, di solito nei piani alti vicino alle terrazze.

Un "non luogo" con "un corpo estraneo". Nonostante i frequenti pattugliamenti delle forze dell’ordine e la presenza di telecamere, c’è un generale senso di impotenza: "La polizia ha le mani legate, li arrestano e poco dopo sono di nuovo fuori". "Il problema è che se fai, c’è qualcuno che disfa". Secondo Fabio Vando, responsabile dell’area territorio della Caritas di Roma, il Pigneto è diventato un "non luogo in cui si è inserito una sorta di corpo estraneo che non ha nulla a che fare con la popolazione che lo abita. Si vorrebbe solo buttarlo via, ma non si sa come". La speranza, come traspare dalla parole dei giovani "romani doc", le cui famiglie vorrebbero trasferirsi ma loro si oppongono con forza, "è che qualcuno ai piani alti se ne accorga e ci dia una mano".