Testimonianza
Incontro con “Lele” Vietti, campione di tennis ai Trisome Games di Firenze. “Il tennis – racconta – mi libera, mi dà uno sfogo, anche se in campo sono abbastanza tranquillo e il mio stile è pulito, senza sbavature. Mi ispiro a Roger Federer, il mio tennista preferito: però adesso io sono il numero 1 del ranking e lui no, l’ho superato ed è un’emozione bellissima”
(da Vigevano) Di cosa ha paura un campione del mondo? “Di niente”. Gabriele Vietti è seduto sul divano del suo salotto, accanto a lui il padre Cesare, che lo accompagna in ogni impresa sportiva. “Lele” tiene in mano la medaglia d’oro – “me l’aspettavo più bella” – che ha conquistato il 18 luglio ai Trisome Games di Firenze, campionato del mondo per persone con sindrome di Down. Vietti ha conquistato il titolo mondiale nel tennis, il programma degli eventi prevedeva altre sette discipline: atletica leggera, calcio a 5, ginnastica, judo, nuoto, nuoto sincronizzato, tennis tavolo.
Un campione veterano. “Ho giocato – spiega Vietti – una partita meravigliosa. La mia famiglia non si aspettava una prestazione così. Ero in crisi nei primi tiri, mi sono detto muoviti perché hai il titolo a portata di mano! Ho iniziato a tirare forte e bene e non ho più sbagliato una palla. Quando ho vinto sono venuti ad abbracciarmi gli allenatori e mi hanno detto ‘Lele, tu sei pazzo! Hai fatto un’impresa mostruosa. Cosa avevi dentro?’. Volevo vincere ed è stata una gioia immensa, sono scoppiato a piangere, ero troppo emozionato”.
Un successo che è straordinario anche perché arriva a 42 anni, un’età in cui di solito le imprese sportive le si guarda dagli spalti. “E il mio avversario aveva 23 anni – precisa Lele -, un ragazzo. Per me la preparazione è stata molto difficile: quattro mesi di allenamenti e una dieta ferrea; pesavo 55 chili, ora 51. Sentivo tanta pressione, la paura di non riuscire a vincere e insieme la voglia di farcela”. Nonostante il primato nel tennis sia solo l’ultimo tassello di una carriera lunga e piena di successi in diverse discipline: sci, basket e nuoto, sport nel quale Vietti ha vinto i mondiali negli Stati Uniti nel 1999, correndo i 25 metri stile libero prima di dedicarsi alla racchetta e conquistare tre titoli nazionali. Coppe e medaglie d’oro accanto a qualche sconfitta. “La peggiore – dice – è stata ai campionati italiani del 2014. Non ho mai giocato così male”. Il segnale che era il momento di fermarsi? “No no. Ho pensato devi reagire Lele.
Bisogna muoversi nella vita:
hai perso contro un avversario giovane che tirava delle ‘mine’, tu hai più esperienza e devi svegliarti, reagire. Anche perché la mia carriera finirà quando avrò 50 anni”.
Sport e disabilità. Determinazione e convinzione, che vengono meno solo per un attimo quando Vietti si sofferma sul rapporto tra sport e disabilità. “Non lo so – commenta dopo una breve pausa – questa è una parola difficile. Io so che ho sempre amato il tennis e lo sport”. Senza timore di affrontare anche atleti normodotati in alcune gare ufficiali, tra la preoccupazione di allenatori e genitori.
“Ho voluto questa prova ed è stata una bellissima dimostrazione di forza per me”.
Papà Cesare annuisce, sempre accanto a lui come il resto della famiglia Vietti. “Mamma e papà – dice al riguardo Lele – mi sostengono sempre e anche i miei fratelli e sorelle, mi accompagnano, così come gli amici. A tutti loro dedico la mia vittoria”. La più importante, oltre la quale ci sono solo le olimpiadi:
“Vincerne una è il mio sogno, ma purtroppo non sono previste per la nostra categoria. A ottobre farò 43 anni e penso che toccherà ad altri provarci”.
Professione istruttore. Mentre Vietti sta parlando suona il campanello. È arrivato Emanuele, ragazzo disabile a causa di un incidente stradale. I due amici si abbracciano, Emanuele è commosso – “non sono mai stato in casa di un campione del mondo” – anche Lele è emozionato e contento. Gabriele ha insegnato a Emanuele a nuotare, perché tra un allenamento e l’altro fa l’istruttore.
“La cosa più bella è insegnare agli altri. Quando mi dicono ‘Lele sei il mio coach preferito’ per me è bellissimo. Sono un mister abbastanza tranquillo, faccio tanti sorrisi, anche se quando mi alleno io, è tutto il contrario, non ci devono essere distrazioni”.
Vietti vive di sport:
“Lo sport per me è vita,
una passione che ho avuto sin da quando ero un bambino. Il tennis mi libera, mi dà uno sfogo, anche se in campo sono abbastanza tranquillo e il mio stile è pulito, senza sbavature. Mi ispiro a Roger Federer, il mio tennista preferito: però adesso io sono il numero 1 del ranking e lui no, l’ho superato ed è un’emozione bellissima”.