Vittime
Oltre duemila persone erano presenti all’interno della palestra che ha ospitato la celebrazione dei funerali alla presenza delle alte cariche dello Stato, delle autorità nazionali e dei tantissimi cittadini che rimasti sotto il sole hanno voluto raggiungere la struttura in segno di vicinanza e conforto per i loro concittadini. “Noi siamo in un tempo di guerra perché il terremoto è una guerra, la natura non ci perdona. Ecco perché è saggio imparare a dialogare con la natura e a non provocarla indebitamente”, ha detto il vescovo di Ascoli Piceno
“Non abbiate paura, non vi lasceremo soli. Siamo una famiglia”. Così il vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole, si è rivolto ai familiari delle 34 vittime marchigiane del terremoto che lo scorso 24 agosto ha causato la morte di 291 persone. Più di duemila persone all’interno della palestra che ha ospitato la celebrazione dei funerali alla presenza delle alte cariche dello Stato, delle autorità nazionali e dei tantissimi cittadini che rimasti sotto il sole hanno voluto raggiungere la struttura in segno di vicinanza e conforto per i loro concittadini. Insieme a mons. D’Ercole anche il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, e l’arcivescovo de L’Aquila, monsignor Giuseppe Petrocchi, che fu parroco per molti anni della frazione di Trisungo, tra le località colpite dal sisma. Presenti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, accompagnato dal capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, la presidente della Camera, Laura Boldrini, il presidente del Senato, Pietro Grasso. Tanti i sindaci in fascia tricolore, i presidenti di Provincia e di Regione, le autorità militari, le associazioni di volontariato. Nel corso delle esequie, un ulteriore sgomento si è levato tra i presenti quando lo stesso vescovo, a fine omelia, ha comunicato il nome della cinquantesima vittima.
Un boia notturno. “Cari amici mi rivolgo a voi che siete diventati la mia famiglia, abbiamo pianto insieme ma è arrivato il momento della speranza – ha esordito monsignor D’Ercole -. Vi ho raccontato l’angoscia di queste persone che hanno perso tutto, che sono stati strappati dalle loro famiglie, sventrati dal terremoto e mi sono chiesto: ‘E adesso cosa fanno?’”. È giusto che le persone dicano “Signore ma tu dove stai?. Ma se appena voi guardate oltre l’argine si scorge qualcosa di più profondo. Il terremoto può togliere tutto tranne una cosa: il coraggio della fede”. Il vescovo ha proseguito parlando dei cittadini che si sono rivolti a lui per un aiuto: “‘E adesso, vescovo, che si fa?’. Quante volte in questi giorni, amici miei, mi son sentito ripetere questa domanda. Esiste una risposta? Spesso l’unica è il silenzio e l’abbraccio”. Mons. D’Ercole si è rivolto anche ai giovani presenti nella palestra: “Il terremoto è la fine, un boia notturno che viene a strapparci la vita. Mi rivolgo soprattutto a voi giovani. Tra i morti ci sono tanti ragazzi.
Noi siamo in un tempo di guerra perché il terremoto è una guerra, la natura non ci perdona. Ecco perché è saggio imparare a dialogare con la natura e a non provocarla indebitamente.
Il terremoto è come un aratro: quando l’aratro ara la frantuma in zolle è violento. Ma è al tempo stesso uno strumento per una nuova primavera”. “I sismologi tentano in tutti i modi di prevedere il terremoto – ha proseguito mons. D’Ercole -, ma solo la fede ci insegna come superarla. La solidarietà è una parola importante. La solidarietà ci fa tenere i piedi ben saldi in terra. Gli occhi devono guardare in alto per pregare e continuare a lavorare. Non abbiate paura. Non vi lasceremo soli. Per quanto mi riguarda non vi lascerò e non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma mi raccomando non perdete il coraggio”.
Avventura straordinaria. Tra lacrime e abbracci il momento dei saluti a quelle famiglie che in questi giorni hanno sperato fino all’ultimo di trovare in vita i propri cari, mentre l’insistenza dei soccorritori cercava di liberarli dalle macerie: “Sono certo che con l’aiuto della Madonna che mai ci abbandona – ha concluso il vescovo -, vivremo un’avventura straordinaria perché l’amore è più forte del dolore e la vita vince la morte”.