Riflessione

La Giornata missionaria mondiale nel nome della misericordia

Il quadro odierno, inutile nasconderselo, è quello di un mondo disordinato, segnato da ingiustizie e sopraffazioni, che pare abbia vanificato la misericordia. È sufficiente riflettere su quanto sta avvenendo in Siria, per non parlare della martoriata regione congolese del Kivu settentrionale, per rendersi conto dell’egoismo che attanaglia l’animo umano. E cosa dire della finanza speculativa che ha acuito a dismisura la divaricazione tra ricchi e poveri, penalizzando l’economia reale e dunque il cosiddetto mercato del lavoro?

Come ogni anno, la Giornata missionaria mondiale (Gmm) rappresenta un tempo di grazia per riflettere sulla nostra vocazione battesimale. Ecco che allora, alla luce della fede, non solo siamo chiamati ad esorcizzare le paure, ma soprattutto a testimoniare e annunciare la Buona Notizia. Si tratta di una missione che, soprattutto nel contesto del Giubileo straordinario, va vissuta e interpretata “nel nome della misericordia”. Lo si evince leggendo il tradizionale messaggio che Papa Francesco ha redatto per la Gmm laddove ci invita a guardare alla missione ad gentes “come una grande, immensa opera di misericordia sia spirituale che materiale”. Siamo pertanto “tutti invitati ad ‘uscire’, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a servizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera famiglia umana”.

Il quadro odierno, inutile nasconderselo, è quello di un mondo disordinato, segnato da ingiustizie e sopraffazioni, che pare abbia vanificato la misericordia. È sufficiente riflettere su quanto sta avvenendo in Siria, per non parlare della martoriata regione congolese del Kivu settentrionale, per rendersi conto dell’egoismo che attanaglia l’animo umano. E cosa dire della finanza speculativa che ha acuito a dismisura la divaricazione tra ricchi e poveri, penalizzando l’economia reale e dunque il cosiddetto mercato del lavoro?

Ne è ben consapevole Papa Bergoglio il quale, citando il suo predecessore, san Giovanni Paolo II, ha sottolineato – con sano realismo – nella Bolla pontificia d’indizione dell’Anno Santo che “la mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia”. Da questo punto di vista è urgente l’impegno di tutti i credenti, non foss’altro perché nel mondo “villaggio globale” le responsabilità sono condivise e lo scenario è sempre più complesso.

Questo, in sostanza, significa, guardando ad esempio alla questione migratoria, che questa, se opportunamente valutata, non può prescindere dalle cause che la generano (guerre, traffici di armi, sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali, povertà, ecc.) e dalle difficoltà sociali, politiche, legislative ed economiche dei Paesi di accoglienza.

Tutti questi fattori interagiscono tra loro, a volte rendendo la matassa estremamente intricata e di difficile soluzione. In questo contesto, la missione evangelizzatrice, proprio perché animata dalla misericordia del Dio vivente, influisce su quella che è la condizione esistenziale dell’umanità (spirituale, sociale, politica, economica), a tutte le latitudini, rappresentando l’antidoto agli oscuri presagi di questo primo segmento del Terzo Millennio. Ma l’orizzonte del Giubileo della Misericordia si spinge ben oltre i confini della Chiesa.

In tal senso, è centrale il richiamo che Papa Francesco ha ripetutamente espresso sul ruolo delle religioni monoteistiche (oltre il cristianesimo, l’ebraismo e il musulmanesimo) per ritrovare, proprio sul tema della misericordia, la via del dialogo e del superamento delle difficoltà che sono di dominio pubblico, guardando soprattutto alle minacce dei fautori dello scontro delle civiltà. Ecco perché

è fondamentale cogliere, in chiave missionaria, il rapporto tra giustizia e misericordia.

Non sono due aspetti in contrasto tra di loro, spiega il Papa nella Bolla, “ma due dimensioni di un’unica realtà che si sviluppa progressivamente fino a raggiungere il suo apice nella pienezza dell’amore”. E poi chiarisce che “per superare la prospettiva legalista, bisognerebbe ricordare che nella Sacra Scrittura la giustizia è concepita essenzialmente come un abbandonarsi fiducioso alla volontà di Dio”. Una sfida che richiama, anche se non esplicitamente, l’antica tradizione della remissione dei debiti nei confronti soprattutto dei poveri, di coloro che vivono nei bassifondi della Storia.