3/Riforma

Referendum costituzionale: cosa prevede riguardo alle competenze Stato-Regioni

Dopo il superamento del “bicameralismo paritario” (primo punto della legge), la “riduzione del numero dei parlamentari”, il “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni” e la “soppressione del Cnel” (secondo, terzo e quarto punto), il nostro approfondimento sui temi del referendum costituzionale prosegue affrontando l’ultima questione del titolo della legge: la “revisione del titolo V della parte II della Costituzione” (ovvero l’ambito delle autonomie locali, in particolare delle Regioni)

foto SIR/Marco Calvarese

L’ultimo punto del titolo della legge costituzionale su cui i cittadini si esprimeranno il 4 dicembre è “revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. Si tratta della parte della Carta che riguarda l’ambito delle autonomie locali, in particolare delle Regioni, e che era già stata modificata quindici anni fa, così che in questo caso il raffronto non è con il testo originario del 1948, ma con quello riformato dalla legge costituzionale n.3 del 2001. Che sia una materia estremamente complessa e delicata dal punto di vista politico-istituzionale è dimostrato anche dal fatto che le Regioni a statuto ordinario furono istituite soltanto nel 1970, cioè ben ventidue anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione.

La novità più evidente della riforma sottoposta a referendum è la modifica del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, con l’eliminazione della cosiddetta “legislazione concorrente”.

Insomma, non ci saranno più materie in condominio, ma soltanto materie di competenza statale e materie di competenza regionale. Tra le prime sono aggiunte materie nuove rispetto al testo in vigore.

Rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, per esempio, le grandi reti di trasporto e dell’energia e le norme generali in tema di salute e politiche sociali, ma anche la tutela del risparmio e la promozione della concorrenza, la sicurezza sul lavoro e la formazione professionale, così come l’ordinamento delle professioni e la tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

L’elenco completo è nell’art. 31 della legge di riforma che modifica l’art.117 della Costituzione, troppo lungo per essere riportato qui ma che merita di essere letto integralmente per farsi un’idea precisa. Nel medesimo articolo sono indicate anche alcune competenze specifiche delle Regioni, fermo restando il principio che spettano ad esse tutte quelle non espressamente attribuite alla competenza statale.

La riforma introduce inoltre la cosiddetta “clausola di supremazia” che consente alla legge dello Stato, su proposta del governo, di intervenire in materie non riservate alla competenza esclusiva statale, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale. Per quanto riguarda l’autonomia finanziaria delle istituzioni locali (Comuni, Città metropolitane e Regioni, essendo prevista l’eliminazione delle Province dal testo costituzionale), la riforma stabilisce che sia esercitata, oltre che in armonia con la Costituzione, anche secondo quanto disposto con legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Una legge statale definirà anche “indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno” per le funzioni pubbliche svolte dalle istituzioni locali, con l’obiettivo di promuovere “condizioni di efficienza”.

Un altro capitolo è quello del cosiddetto “regionalismo differenziato”, in pratica la possibilità di attribuire particolari forme di autonomia rafforzata alle Regioni a statuto ordinario, con una legge approvata da entrambe le Camere (quindi anche dal Senato formato dai rappresentanti regionali). Rispetto a quanto già previsto vengono ridefinite e allargate le materie in cui si applica questa norma (anche in conseguenza del più generale ridisegno delle competenze statati e regionali) ed è introdotta una nuova condizione, che cioè la Regione interessata sia in una situazione di “equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”.

Per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, una disposizione transitoria stabilisce che la riforma del titolo V della Costituzione non si applichi ad esse “fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”.

Revisione che dev’essere fatta a sua volta con legge costituzionale, dato che questo è il rilievo che quegli statuti hanno nel nostro ordinamento.

Per chi volesse andare alle fonti, ricordiamo che il testo integrale della riforma si trova qui:
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/04/15/16A03075/sg

Ricordiamo altresì lo schema realizzato dal servizio studi della Camera, con gli articoli della Costituzione vigente e, a fronte, gli articoli modificati sulla base della legge sottoposta al referendum:
http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500n.pdf