Emergenza migranti
È cominciato lo sgombero della “giungla” di Calais, il grande campo che ospita in condizioni estremamente precarie più di 6mila profughi diretti verso l’Inghilterra. Un’operazione colossale: i migranti saranno trasportati nei 287 Centri di accoglienza e orientamento (Cao) che sono stati predisposti su tutto il territorio francese. Già dalla prima giornata sono stati fatti partire 60 bus; 45 partiranno oggi, 40 mercoledì e così via per tutta la settimana. L’appello della Caritas e del vescovo Jaeger perché le operazioni di sgombero avvengano nel rispetto della dignità umana e perché a Calais venga predisposto dal governo un presidio permanente di accoglienza
Uno sgombero inevitabile viste le condizioni disumane in cui i migranti erano costretti a vivere. Nel fango, al freddo dell’inverno, nella sporcizia. Ma l’appello delle associazioni e della Chiesa cattolica di Francia è che lo smantellamento del campo avvenga nel più totale rispetto della dignità umana e con un’attenzione di riguardo per i minori, le donne e le persone più vulnerabili.
Sono cominciate alle 6 di lunedì 24 ottobre le operazioni di sgombero della “giungla” di Calais.
Il piano del governo è di portare i migranti (le cifre parlano di una presenza tra le 6/8mila persone) nei 287 Centri di accoglienza e orientamento (Cao) che sono stati predisposti su tutto il territorio francese.
Solo la Corsica e l’Île-de-France non sono state coinvolte nel piano di ricollocazione. Già dalla prima giornata sono stati fatti partire 60 bus per un totale di 1.900 migranti; 45 bus da 50 posti partiranno oggi, 40 mercoledì e così via per tutta la settimana. Un piano logistico colossale che sarà presidiato da un contingente di 1.250 agenti di polizia e gendarmi. Per ora tutto si è svolto nella calma ma si temono scontri verso la fine della settimana quando nel campo saranno rimasti coloro che non hanno alcuna intenzione di partire.
Tra la bidonville e il punto di partenza dei bus, è stato costruito un hangar di 3mila metri quadrati dove è stato allestito il centro di smistamento. Una preoccupazione specifica riguarda i minori. Secondo un censimento dell’organizzazione francese Ftda del 12 ottobre,
nel campo di Calais vi erano 1.291 minori non accompagnati, in media tra i 14 e i 18 anni (il più giovane 6 anni), che rimarranno a Calais finché non verrà accertata la loro situazione.
I migranti si mettono in fila con le loro valige per espletare le procedure ufficiali prima di salire sui bus, racconta Didier Degrémont, presidente della delegazione di Secours-catholique Pas de Calais, presente sul posto fin dalle prime ore delle operazioni. “È estremamente commovente vedere tutte queste persone che abbiamo accompagnato fino ad oggi partire. La nostra speranza è che siano accolte come abbiamo loro promesso. La nostra preoccupazione è capire cosa succederà dopo. Ci chiediamo che cosa ne sarà di quelli che non hanno lo statuto di rifugiati”. I migranti stanno percorrendo file diversificate, che separano i maggiorenni, i minori non accompagnati, le famiglie e le persone vulnerabili che necessitano di cure (e saranno seguite da Medici senza frontiere). Verranno loro proposte due destinazioni in due diverse regioni.
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Le condizioni in cui vivevano qui a Calais sono “indescrivibili”.
“Vedo davanti a me tende completamente sommerse nell’acqua – racconta l’operatore della Caritas -. Non si poteva continuare così. Non è degno, non è degno per un Paese come la Francia”.
La macchina del dopo-Calais è partita e il Secours-catholique Caritas France ha mobilitato le sue forze associative su tutto il territorio nazionale per accogliere le persone che arriveranno.
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Il “grande interrogativo” delle associazioni è sul destino che attende chi non ha intenzione di lasciare Calais e vuole a tutti i costi raggiungere l’Inghilterra. Per questo la Caritas Francia chiede al governo l’istallazione su Calais di un dispositivo permanente di accoglienza, “perché – spiega Degrémont – ci saranno sempre uomini e donne, che arriveranno qui con l’intenzione di ripartire per l’Inghilterra”.
Il vescovo di Arras, monsignor Jean-Paul Jaeger, lancia in queste ore di sgombero un appello perché le operazioni si svolgano con “un surplus di dignità e rispetto, soprattutto nei riguardi dei minori, delle donne sole e delle persone che si trovano in condizioni di salute precarie”.
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“Anche se questo luogo ha rappresentato per molti un raggio di speranza – dice il vescovo -, l’insalubrità e le condizioni precarie di sussistenza lo condannano a sparire”. Ma il tempo dello “smantallemento” – chiede mons. Jaeger – deve diventare un tempo per “costruire”.
“Questi uomini e queste donne hanno lasciato il loro Paese e le loro famiglie in circostanze spesso atroci e dolorose. Sono state spesso sfruttate da reti che dovevano condurle a un’ipotetica terra promessa e sono state invece portate a Calais nelle condizioni che conosciamo”.
Il vescovo si dice poi preoccupato che “l’evento altamente mediatizzato possa innescare paure, riflessi di difesa e di rifiuto”. E aggiunge: “Le nostre frontiere cadono quando si tratta di vendere, comprare, produrre, far circolare capitali. Perché dovrebbero ora essere rafforzate e diventare addirittura più chiuse quando degli esseri umani si muovono perché la loro vita è in pericolo?”. Il vescovo di Arras mette quindi in guardia anche dalla campagna elettorale in corso in Francia per le presidenziali del 2017 e chiede di non limitare la questione a slogan elettorali “quando in causa c’è la sopravvivenza stessa di esseri fragili”. E ai fedeli cattolici ricorda che sebbene stia terminando l’Anno della misericordia, le sue opere “continueranno a cadenzare la vita quotidiana delle nostre comunità perché sono il segno e il frutto della missione di Cristo e della Chiesa. “L’accoglienza dello straniero – conclude il vescovo – è una di queste opere di misericordia di cui Cristo ci dà l’esempio e ci chiede di praticare come suoi veri discepoli”.