Tra distruzione e solidarietà
È stata una festa di Ognissanti del tutto particolare quella vissuta in ogni diocesi marchigiana, con chiese “improvvisate” nei parchi pubblici e messe celebrate all’aperto, nel segno di una provvisorietà crescente, ma incapace di sminuire la solidità della fede. Tante le iniziative di solidarietà, mentre non demorde la speranza.
(da Macerata) “Di basso profilo, ostinato: testa bassa e pedalare”. Ha fatto il giro dell’Italia e del mondo intero la definizione con cui il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio ha definito il popolo marchigiano, fiaccato dalle continue scosse, nelle crepe dei muri e degli animi, in questi giorni di profondo disagio per i territori colpiti dal sisma. Senza dubbio, è stata una festività di Ognissanti del tutto particolare quella vissuta in ogni diocesi della Regione, con chiese “improvvisate” nei parchi pubblici e messe celebrate all’aperto, nel segno di una provvisorietà crescente ma incapace di sminuire la solidità della fede.
Fermo: un messaggio di speranza. Già il 30 ottobre, nella domenica in cui il terremoto è ritornato a bussare violentemente nell’entroterra delle Marche, tutti i sacerdoti, per sicurezza, sono stati invitati a celebrare le messe fuori dalle chiese. E così a Fermo ha fatto anche l’arcivescovo Luigi Conti, senza sottrarsi per primo a questo compito e conferendo, all’aperto, il sacramento della Confermazione ai ragazzi della parrocchia di san Girolamo. Assieme ai timori umani, ricorda Conti, “in questi giorni si sta manifestando una forte carità: è la carità con la quale le strutture e le parrocchie della zona costiera stanno accogliendo coloro che il terremoto ha costretto ad allontanarsi dalla propria terra, è la carità che spinge le famiglie ad aprire le porte, è la carità che ha spinto i monasteri ad accogliere altre monache che hanno visto i loro monasteri inagibili”. Da qui possono ripartire i segnali di speranza di cui l’arcivescovo si fa interprete:
“Vi incoraggio a perseverare perché nella fragilità dell’esistenza e delle strutture risplenda la compattezza di una Chiesa di pietre vive, che siamo noi”.
Già duramente provata dal terremoto di fine estate, la zona del fermano annovera ora lesioni profonde alle abitazioni dei cittadini, agli edifici di culto e, in particolare, ai monasteri.
Macerata: ogni giorno l’Angelus. Quella di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia è, per “vocazione”, una diocesi accogliente, nel nome del patrono della sua città capoluogo, san Giuliano Ospitaliere, e anche in queste ore di emergenza conferma la sua indole generosa. “La diocesi c’è, e si è subito attivata assieme alle istituzioni e al mondo del volontariato per aiutare chi ha bisogno”, dichiara il vescovo Nazzareno Marconi, costantemente aggiornato sulla drammatica situazione dei comuni del Maceratese e, in particolare, sulla comunità di Tolentino “dove i danni sono ingenti: alcuni sacerdoti sono ospitati altrove, il convento di San Nicola è quasi evacuato e le monache Carmelitane scalze sono già state trasferite nella struttura di Fano”. Dal vescovo anche l’invito a un gesto quotidiano di condivisione cristiana: “In questo tempo di prova vogliamo dare un segno di preghiera che ci tenga uniti e ci dia coraggio nel Signore. Nelle comunità ed ogni casa, quindi, vi propongo di pregare insieme l’Angelus.
Alle 12 di ogni giorno preghiamo l’Angelus seguito da una decina del Santo Rosario
su Radio Nuova Macerata (www.radionuova.com), Radio Padre Matteo Ricci (www.radiopadrematteoricci.it), èTv Macerata (www.etvmacerata.it). Pregheremo insieme per tenere compagnia a chi è solo e vuole pregare con gli altri”.
Fabriano: una diocesi che continua a tremare. Ancora se li ricordano bene, gli abitanti della diocesi di Fabriano-Matelica, gli effetti che il sisma provocò nei comuni e nelle frazioni quasi vent’anni fa, nel 1997, e ora l’incubo si è riaffacciato nell’amenità della vita di provincia. “Non abbandoneremo queste popolazioni – confida il vescovo Stefano Russo – che ben rammentano il dramma di quasi vent’anni fa.
Ora la mia premura è essere vicino agli sfollati,
a chi ha perso tutto: a loro, prima di tutto, va il mio personale sostegno”. La cittadina più colpita dalle ultime scosse è quella di Matelica che conta 10mila abitanti. Nella città di Fabriano, fa sapere monsignor Russo, “tutte le chiese sono state chiuse cautelativamente per consentire le verifiche del caso, fatta eccezione della chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia e della chiesa parrocchiale di san Giuseppe lavoratore”. Alcune risultano del tutto inutilizzabili e “fra queste la struttura di san Nicolò, la parrocchia più grande della comunità diocesana”.
Camerino-San Severino Marche: la diocesi più ferita. Con le sue vie fantasma, il cuore della città ducale off limits e interi edifici inaccessibili, il quadro generale che, con il passare del tempo, si delinea nella diocesi di Camerino-San Severino Marche è a dir poco spettrale.
“Vivo anch’io da sfollato – racconta il vescovo Francesco Brugnaro, anche lui ospite in un alloggio alternativo – e capisco fino in fondo i disagi della gente, stremata dalle continue scosse.
Tutto il territorio diocesano è affranto, alcuni luoghi caratteristici, penso a Caldarola sono completamente distrutti, le opere artistiche sono a fortissimo rischio, se non addirittura irrecuperabili. Ora, prima di tutto, siamo chiamati a stare vicino a chi sta soffrendo e non ha una casa dove trovare accoglienza”.
Ascoli Piceno: solidarietà e ricostruzione. “Le scosse che si ripetono a ritmo incessante hanno aggravato la situazione creatasi dopo l’estate, producendo, purtroppo, danni incalcolabili e forse talora irrecuperabili alle strutture, alle case e, particolarmente, alle chiese, come pure alle opere d’arte anche se fortunatamente, a differenza di prima, non hanno fatto vittime umane”. Si esprime così monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, mentre la terra del Centro Italia continua a “partorire” sfollati e problemi. In questo momento, dice D’Ercole,
“è importante non perdere lo stile della solidarietà: su questo la nostra Chiesa locale, insieme a tutte le realtà che stanno operando per i soccorsi, vuole impegnarsi ed ha attivato una rete di condivisione fra tutte le associazioni”.
Ma bisogna anche pensare alla ricostruzione: il terremoto “sfida la nostra splendida terra e c’interroga su come ricostruire non solo materialmente le case, ma anche e in primo luogo le comunità”.
Da Pesaro a San Benedetto del Tronto la vicinanza dei vescovi. Nonostante sia stato avvertito con minore intensità, anche nelle Marche “del nord” è stata forte la paura per gli ultimi eventi sismici. Pensieri di vicinanza sono arrivati ai confratelli marchigiani dai vescovi di Pesaro e di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, rispettivamente Piero Coccia e Carlo Bresciani. “La diocesi – afferma quest’ultimo – si sta impegnando attivamente attraverso l’accoglienza, l’assistenza spirituale e l’ascolto”. Attraverso la Caritas diocesana e i vari organismi, aggiunge il vescovo,
“noi cerchiamo di accompagnare” gli sfollati che giungono qui,
“esortandoli ad affrontare la grave situazione. Rivolgiamo lo sguardo e la nostra vicinanza ai paesi dell’entroterra marchigiano: luoghi che non devono e non possono morire, perché sarebbe davvero una perdita indescrivibile per tutti”.