Francia
Un nuovo fenomeno sembra attraversare la Francia. I giornali parlano già di “un risveglio dei cattolici”. Abbiamo chiesto a Dominique Quinio, presidente delle Settimane sociali, di analizzare il fenomeno. “Da molto tempo ormai i cattolici francesi sanno di essere una minoranza e di vivere in una società laica. Ci sono abituati. Quello che oggi desiderano è semplicemente avere la possibilità di parlare e di essere ascoltati senza forzatamente essere catalogati come retrogradi, perché sentono di non esserlo e perché credono che ci sono evoluzioni della società che quando toccano antropologicamente nel profondo l’essere umano, richiedono riflessione e prudenza”
“Il risveglio dei cattolici”. Titola così il magazine francese L’Express che al “fenomeno” del nuovo ruolo giocato dai cattolici nella vita politica e sociale del Paese dedica addirittura un reportage. “Sta succedendo qualcosa tra i cattolici di Francia – scrive il giornale -. E non solamente tra la frangia tradizionalista più spinta. Ma nella maggioranza cattolica, quella secolare, che resta fedele alla laicità e al tempo stesso ai valori che intende difendere”. Il reportage parte dalla manifestazione contro il Mariage pour tous che ha portato sulle strade di Parigi un milione di persone. Ma la presenza dei cattolici in Francia in realtà è stato in questi anni un crescendo. Al fenomeno si sono interessati anche Le Monde e Libération che alla discesa in campo di Fillon per le presidenziali 2017 parla di “ritorno del sacro-voto catho in Francia”. Dominique Quinio ha diretto per anni il quotidiano cattolico La Croix. Ora dirige le “Settimane sociali di Francia”. “Voto cattolico? E’ una nozione che non mi convince affatto”, interrompe immediatamente con la sicurezza di chi conosce molto bene questo mondo. “Penso che sia molto complicato determinare cosa sia un voto cattolico. Ci sono persone che si dichiarano cattoliche. Altre che lo sono solo da un punto di vista culturale. Altre ancora che praticano la loro fede. Le posizioni sono molto differenti e lo sono sempre state. Parlerei quindi piuttosto di un pluralismo politico nel mondo cattolico e questo certamente non è una novità”.
Allora dove è la novità tanto da meritarsi titoli sui giornali e reportage?
Quello che secondo me sottolineano gli analisti è che i cattolici tendono in questo ultimo periodo ad esprimersi più volentieri e questa mobilitazione l’abbiamo vista senza dubbio con la manifestazione contro il Mariage pour tous che evidentemente è riuscita a dare voce a quella parte di popolazione francese che ritiene che alcune decisioni non siano espressione di un progresso sociale quanto piuttosto una messa in discussione di valori familiari. Per alcuni questa voce è forse apparsa come opinione unica dei cattolici. Ma non è così.
I cattolici sono minoranza, possono appartenere a schieramenti diversi ma di fatto sono diventati più visibili. Un esempio è stata la presenza di membri di associazioni cattoliche nel recentissimo dibattito sul reato di “ostacolo” che i siti web pro-life possono commettere. Secondo lei come è potuto succedere?
Sono piuttosto i media che hanno compreso che c’è una voce interessante da ascoltare. Una voce per anni considerata retrograda e conservatrice e che oggi è diventata una opinione. In questo passaggio hanno sicuramente giocato le nuove tecnologie digitali: l’ambiente cattolico ha cominciato a ben utilizzarle. Prendiamo le associazioni pro-vita. Non erano mai riuscite ad essere percepite da grossi numeri. Dal momento che si sono aperte sul web, e si sono rese accessibili, le persone hanno cominciato ad andarci perché evidentemente hanno intercettato un bisogno.
Non crede che anche il clima vissuto con gli attentati e la morte in una chiesa di padre Hamel, abbiano contribuito a mettere maggiormente in luce la comunità cristiana e cattolica in particolare?
Forse sì. Resta comunque il fatto che lo sguardo della maggior parte dei media sui cattolici rimane piuttosto critico sui loro valori, a patto però che questi stessi valori siano difesi dal Papa. Il Papa, soprattutto per i media più laici, quelli che non sono mai stati sensibili al cristianesimo, incarna un personaggio sincero, differente dall’immagine che fino ad oggi aveva la Chiesa. Anche se il messaggio è pressappoco sempre lo stesso. I cattolici rimangono comunque una presenza del tutto minoritaria in Francia. Non si sognano assolutamente di avere un peso o un potere politico ma certamente mirano a poter esprimersi, ad avere un posto nella società, ad agire. D’altronde già lo fanno. Basti pensare solo a quello che fanno associazioni e movimenti come Caritas e Abbé Pierre o le parrocchie sul fronte dell’accoglienza degli stranieri.
Dare voce alle proprie opinioni ma farlo nel rispetto di una società plurale e delle diversità che attraversano il mondo cattolico. Lei crede che i cattolici sono all’altezza della sfida?
Il nodo è proprio questo: non rinchiudersi in una specie di comunità calda in cui ci si sta bene dentro, ma mettersi in dialogo con gli altri. Cercare di avere un posto pieno e legittimo nella società ma senza escludere nessuno, nel rispetto di chi la pensa in maniera differente e nel rispetto delle diversità che ci sono all’interno stesso della galassia cattolica. Da molto tempo ormai i cattolici francesi sanno di essere una minoranza e di vivere in una società laica. Ci sono abituati. Quello che oggi i cattolici desiderano è semplicemente avere la possibilità di parlare e di essere ascoltati senza forzatamente essere catalogati come retrogradi, perché sentono di non esserlo e perché credono che ci sono evoluzioni della società che quando toccano antropologicamente nel profondo l’essere umano, richiedono riflessione e prudenza.