Ai preti romani
Il tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci e i sacerdoti romani comincia con una sorpresa: il Papa confessore. Poi una lunga meditazione, letta solo in parte e con aggiunte a braccio, sul progresso della fede nella vita del sacerdote. Alla fine, Francesco regala ai suoi preti un volume su “un grande confessore”, conosciuto a Buenos Aires
Comincia con una sorpresa, il tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci e i sacerdoti romani, che come di consueto si svolge il giovedì che segue il Mercoledì delle Ceneri. Il Papa arriva, come previsto, alle ore 11 nella basilica di San Giovanni in Laterano, ma prima di tenere la sua meditazione – una delle più lunghe rivolte al clero – sceglie di confessare alcuni parroci e sacerdoti, rivoluzionando la “scaletta” dell’incontro. Cinquanta minuti dopo, Francesco inizia a parlare a braccio:
“Se la fede non cresce, rimane immatura: ci sono vite sacerdotali a metà strada, perché la fede non è cresciuta. Se non abbiamo una fede matura, capace di generare la fede negli altri, potremo fare del male, e tanto male”.
Tema della meditazione, che il Papa legge solo in parte e farcisce di espressioni fuori testo: “Il progresso della fede nella vita del sacerdote”. Tre i punti fermi: la memoria, la speranza e il discernimento del momento. Proprio quest’ultimo è “ciò che concretizza la fede, ciò che la rende ‘operosa per mezzo della carità’ (Gal 5,6), ciò che ci permette di dare una testimonianza credibile”. Il Papa si congeda dai parroci romani regalando loro il libro “Non aver paura di perdonare” di padre Luis Dri, 90 anni, da lui definito “un grande confessore” che ha conosciuto a Buenos Aires.
Il testo citato a più riprese a San Giovanni in Laterano è l’Evangelii gaudium, definita un documento programmatico. Subito una metafora sportiva: quella del giocatore di basket, che gioca con un piede inchiodato come un perno a terra e compie movimenti per proteggere la palla, o per trovare uno spazio per passarla, o per prendere la rincorsa e andare a canestro. Per noi quel piede inchiodato al suolo, intorno al quale facciamo perno, è la Croce di Cristo.
“Non si può credere senza fare memoria. Il cristiano progredisce sempre nella memoria”.
Lo ha ricordato, a braccio, il Papa: Dio è il Dio dei nostri padri e nonni, non è il Dio dell’ultimo momento, un Dio senza storia di famiglia. Non passa mai di moda: come i vestiti e i capelli color seppia dei nonni nei nostri album fotografici.
“Si può ‘progredire all’indietro’ – la proposta del Papa – andando a cercare nuovamente tesori ed esperienze che erano dimenticati e che molte volte contengono le chiavi per comprendere il presente”.
Rivoluzione è andare alle radici: come quando, ha raccontato Francesco, in un momento di blocco durante gli esercizi spirituali è bastato il ricordo di un biglietto della nonna per andare avanti: “Stai attento che Dio ti sta guardando. Pensa che morirai e non sai quando”.
C’è Sant’Ignazio, e i suoi esercizi spirituali, nella meditazione del Papa, quando ha spiegato che è proprio del discernimento fare prima un passo indietro, come chi retrocede un po’ per vedere meglio il panorama. No, quindi, al “pessimismo sterile”.
Bisogna essere “persone-anfore per dare da bere agli altri.
La tentazione, sempre presente nella vita di Simon Pietro, così come nella nostra: è il tema della seconda parte della meditazione di Francesco. Si progredisce nella fede mettendosi alla prova, e anche il peccato fa parte di questo itinerario:
“Pietro ha commesso il peggiore dei peccati – rinnegare il Signore – e tuttavia lo hanno fatto papa. un sacerdote o un vescovo che non si sente peccatore, che non si confessa, si chiude in sé, non progredisce nella fede”.
Quando Gesù prega per Pietro, pensa anche a noi, ha assicurato Francesco: a volte, invece, il peso dei nostri peccati ci allontana da Dio. La fede di Pietro è una fede provata, ed è per questo che la sua missione è confermare e consolidare la fede dei suoi fratelli, la nostra fede. La fede di Simone è più lenta di quella di Maria Maddalena e di Giovanni, ha momenti di grandezza ma anche di grande errore, di estrema fragilità e totale sconcerto. Eppure, Pietro è l’icona dell’uomo a cui Gesù fa fare, in ogni momento, atti di fede.
Da lui, per il Papa, viene “un’unica lezione: quella del Signore che conferma la sua fede perché lui confermi quella del suo popolo. Così è la vita. Chiediamo anche noi a Pietro di confermarci nella fede, perché noi possiamo confermare quella dei nostri fratelli”.