L’intervista
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e del Ccee, racconta il “senso” degli incontri ecumenici con il Patriarca Kirill e il Patriarca Bartolomeo I e riflette sulle prospettive future per il Vecchio Continente, alla vigilia del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma
Due importanti viaggi ecumenici: il primo a Mosca per un incontro con il Patriarca Kirill; il secondo a Istanbul dal Patriarca Bartolomeo I. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), ha vissuto in queste ultime settimane due importanti tappe per il dialogo ecumenico, che riguardano l’Italia e l’Europa. Al Sir racconta il “senso” di questi due incontri e riflette sulle prospettive future per il Vecchio Continente, alla vigilia del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. “La Chiesa – ribadisce il cardinale – crede nell’Unione Europea, ma con una base non individualista e materialista, bensì di ordine culturale e spirituale. L’Unione o rispetta le identità dei Popoli, oppure continuerà ad essere percepita come estranea e, quindi, senza futuro”.
Eminenza, prima a Mosca, dove ha incontrato il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Poi a Istanbul, dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Sono due grandissime personalità del mondo ortodosso. Perché ha voluto incontrarle? Quale impressione le hanno fatto? Quale visione i due Patriarchi hanno dell’ecumenismo?
Il ruolo di Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) comporta anche questi incontri allo scopo di crescere nella reciproca conoscenza e nel cammino ecumenico. Il Patriarca Kirill di Mosca e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo di Istanbul mi hanno molto colpito: sono persone di carisma, guidate dalla fede in Cristo e dall’amore alla Chiesa.
In loro traspare serenità e realismo nel considerare le sfide del secolarismo dilagante, che sia la Chiesa Ortodossa che quella Cattolica devono affrontare. Anche per questo siamo convinti di accelerare ogni possibile collaborazione al fine di annunciare il Signore Gesù nel Continente. Tutti vediamo che, venendo meno la fede cristiana, è avvilita la dignità umana.
Alla luce di questi due viaggi nel ricchissimo mondo ortodosso, qual è il messaggio che le Chiese d’Oriente possono donare all’Occidente europeo?
Le Chiese d’Oriente mantengono un grande senso del sacro, cosa che noi occidentali abbiamo quasi perduto, ma che gli uomini cercano. Ne deriva una liturgia ricca di canto, di invocazioni ripetute, di icone. Il ricchissimo linguaggio simbolico, che svela qualcosa di Dio e rimanda al mistero più grande, ne è prova. Noi occidentali vogliamo che tutto della fede sia chiaro e distinto in modo razionale. È possibile qualcosa ma non tutto, perché Dio è più grande e ci avvolge.
A Mosca la delegazione italiana ha partecipato a un vivace scambio sull’“arte spirituale e secolare come strumento per rafforzare il consenso e l’interazione tra i popoli”. L’Italia e il mondo ortodosso russo condividono immense ricchezze culturali, spirituali, artistiche. Cosa è emerso di concreto a Mosca per favorire l’incontro tra i due popoli e la conoscenza reciproca?
Abbiamo concordato degli incontri regolari: siamo mondi con storie diverse ma con sfide religiose e culturali simili. Soprattutto, apparteniamo allo stesso Continente la cui storia plurale ha trovato ispirazione e sintesi nel Cristianesimo, e ha disegnato il volto dell’uomo europeo.
Un punto del prossimo incontro sarà la realtà del pellegrinaggio – esperienza comune dei nostri due popoli – con scambi reciproci nei santuari e nei monasteri dei nostri Paesi. Cercheremo di cogliere anche così il senso più profondo e attuale di questa diffusa esperienza religiosa.
Il Patriarcato ecumenico è fortemente impegnato nel Forum europeo cattolico-ortodosso che, ogni anno, riunisce i rappresentanti delle Chiese europee cattoliche e ortodosse. L’ultimo, a Parigi, ha messo a tema la questione del terrorismo. Cosa è emerso a questo riguardo nell’incontro con il Patriarca Bartolomeo? Che cosa rappresenta per l’Europa di oggi questo spazio di dialogo? Quanto è importante che in un’Europa dove si alzano i muri, le Chiese dialoghino? Che cosa hanno da dire insieme alle società europee?
Il Forum cattolico-ortodosso è stata un’iniziativa congiunta della Chiesa Cattolica e del Patriarcato Ecumenico Ortodosso di Istanbul. Tutte le Chiese ortodosse ne fanno parte attiva. A Parigi, nel recente incontro di gennaio, abbiamo parlato del terrorismo, piaga del continente. Nelle relazioni delle due parti sono emerse situazioni e analisi diverse e complementari molto interessanti. Una convinzione comune è stata che – proprio per il fatto che il fenomeno si traveste di religione – è ancora maggiore il bisogno del vero senso di Dio Amore e Pace.
Abbiamo constatato anche che oggi il bisogno religioso non sta morendo in Europa: al contrario, cresce.
Spesso non è ancora fede, ma il fatto che le persone, specie i giovani, sentano il richiamo di Dio, che la vita non si può esaurire nelle cose materiali, è un segno positivo che dà fiducia e indica la strada da percorrere con coraggio. Siamo convinti che l’Europa debba ritrovare la sua anima, il senso della sua storia e della sua identità, che non può essere né economica, né finanziaria, e neppure solo politica.
A fine marzo giungeranno a Roma capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, per le celebrazioni del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. L’Europa è in crisi. La “gente” non crede più nel progetto europeo. Dopo la Brexit, si parla di nuove fuoriuscite. Il sogno dei padri europei sembra infrangersi. Perché rimanere in Europa? Che cosa ha da dire ancora l’Europa all’uomo di oggi? E quale ruolo possono giocare le Chiese per favorire l’unione dei popoli?
Il 60° anniversario del Trattato europeo è una occasione propizia, affinché i Capi di Stato confermino il sogno europeo, e facciano un serio esame di coscienza se il progetto è rimasto fedele ai Padri fondatori. I segnali di diffidenza e di lontananza dall’Unione ci sono. Non prenderli sul serio sarebbe da irresponsabili.
La Chiesa crede nell’Unione Europea, ma con una base non individualista e materialista, bensì di ordine culturale e spirituale. L’Unione o rispetta le identità dei Popoli, oppure continuerà ad essere percepita come estranea e, quindi, senza futuro.
Crediamo che non sarebbe un bene: come ogni continente, l’Europa ha una sua missione nel contesto del mondo, e ha a che fare con un mondo globale che cresce.