Prove di ricostruzione
“Costruire per restare”: è il nome del Piano di aiuti messo in piedi dalla diocesi greco-cattolica di Aleppo, guidata dall’arcivescovo metropolita Jean-Clement Jeanbart, e attivo da oltre due anni, per venire incontro alle esigenze immediate della comunità cristiana locale ma con lo sguardo rivolto al futuro. Obiettivo primario dell’arcivescovo, dei suoi collaboratori e volontari è quello di fermare l’emorragia dei fedeli dalla città a causa della guerra. 22 programmi ripartiti in 4 ambiti: pastorale, educativo, caritativo e lavorativo. “Proviamo a ricostruire il nostro Paese, partendo dai suoi cittadini”, afferma il metropolita
Uno sforzo significativo che porta il nome di “Costruire per restare”: è questo il nome del Piano di aiuti messo in piedi dalla diocesi greco-cattolica di Aleppo, guidata dall’arcivescovo metropolita Jean-Clement Jeanbart, e attivo da oltre due anni, per venire incontro alle esigenze immediate della comunità cristiana locale ma con lo sguardo rivolto al futuro. Obiettivo primario dell’arcivescovo, dei suoi collaboratori e volontari è quello di fermare l’emorragia dei fedeli dalla città a causa della guerra.
Il Piano ingloba ben 22 programmi di aiuto ripartiti in 4 ambiti: pastorale, educativo, caritativo e lavorativo.
Il Piano. La convinzione di mons. Jeanbart è quella che sostenere, a livello pastorale, i sacerdoti attivi nella diocesi reca vantaggio anche ai fedeli come testimoniano le tante presenze alle celebrazioni e alle iniziative sportive, culturali e sociali organizzate nelle parrocchie.
La guerra ha messo alla prova le 8 scuole gestite dalla diocesi greco-cattolica di Aleppo, tuttavia, spiega il metropolita, “per garantire la sicurezza degli alunni e delle lezioni le abbiamo trasferite in zone più sicure della città, non senza grandi sforzi economici”.
Dal 2012 al 2016 la diocesi ha fornito oltre 4.000 borse di studio ad alunni indigenti. Anche in questo caso la generosità di tanti benefattori “ha fatto il miracolo”. La stessa solidarietà che ha permesso, durante questi anni di guerra, “di distribuire pacchi alimentari a oltre 1.500 famiglie, di creare una cassa dove attingere per aiutare i più bisognosi a fare fronte alle spese di affitto e alle rate dei mutui contratti sin da prima della guerra. Solo l’anno scorso abbiamo aiutato 59 famiglie con le banche e rimesso in piedi oltre 260 abitazioni. Molte medicine vengono distribuite gratuitamente anche nel nostro ‘Medicare Day Center dove si effettuano cure e visite per i pazienti che non possono ricorrere all’ospedalizzazione”.
Non meno impegnativo lo sforzo per garantire luce e riscaldamento a oltre 1.000 famiglie in questi ultimi tre anni (2014-2016), la fornitura d’acqua con la costruzione di ben 560 cisterne da 500 litri destinate ad altrettante abitazioni.
Tutte azioni rivolte alle famiglie che hanno avuto frutti insperati, come la ripresa delle nascite. “Molte giovani famiglie non avevano più il coraggio di mettere al mondo dei figli, ma con questa rete di aiuto e vicinanza abbiamo visto che tra il 2015 e 2016 si sono registrati oltre 100 nati. Alle loro famiglie – dice mons. Jeanbart – garantiamo un aiuto per fare fronte alle spese del nuovo arrivato”. Nulla avrebbe senso se a fianco di queste iniziative non si pensasse a ridare il lavoro perduto per il conflitto. Prima della guerra oltre