Restauri
Riapre il Santo Sepolcro dopo il restauro durato dieci mesi e finanziato, in gran parte, dalle tre Chiese firmatarie dell’accordo che ha consentito l’avvio dei lavori: greco-ortodossa, cattolica, attraverso la Custodia di Terra Santa, e armena. Attesa la presenza di Bartolomeo I. Presto l’annuncio dell’accordo per una seconda fase di lavori, cui contribuirà anche la Santa Sede con 500mila dollari
Completati i lavori di restauro nel Santo Sepolcro. Pellegrini, fedeli e visitatori potranno ammirare la bellezza della tomba di Cristo, priva delle travi di ferro, da domani (22 marzo): nella basilica è prevista, infatti, alle ore 10, una cerimonia ecumenica per celebrare l’inaugurazione, dopo 10 mesi di lavori. Tra i celebranti i rappresentanti delle tre Chiese firmatarie dell’accordo che ha consentito l’avvio dei lavori: Theophilos III, patriarca greco-ortodosso, padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, Nourhan Manougian, patriarca armeno apostolico. Significativa la presenza di monsignor Perbattista Pizzaballa, oggi amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, che firmò l’accordo mentre era ancora custode di Terra Santa.
Particolarmente attesa, secondo quanto riferiscono dalla Custodia di Terra Santa, la presenza del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che torna a Gerusalemme dopo il suo incontro, nel 2014, con Papa Francesco, sulle orme del suo predecessore Atenagora.
Presenti anche tutti gli ausiliari patriarcali delle Chiese del Santo Sepolcro, Copti, Siriaci ed Etiopi oltre ai rappresentanti delle altre Confessioni cristiane di Terra Santa.
Dieci mesi di restauro. Il restauro ha avuto inizio a maggio dello scorso anno e in questi giorni si stanno ultimando alcuni lavori nella parte non visibile del Sepolcro, procedendo al suo consolidamento per prevenire danni in caso di terremoti.
Il ricordo dei danni provocati dal sisma del 1927 è infatti ancora vivo. Gli ultimi lavori sul Sepolcro risalgono al 1947, ad opera degli inglesi, che tuttavia non riuscirono a terminarli a causa del mancato accordo tra le tre comunità religiose che gestiscono la basilica, armeni, ortodossi e francescani. Furono gli inglesi, infatti, ad avvolgere con travi di ferro l’edificio per impedirne il crollo. Accordo che è stato raggiunto nel 2016 e salutato dalla custodia di Terra Santa come
“un momento storico per la basilica del Santo Sepolcro”.
L’auspicio è che altri progetti necessari possano trovare accoglimento dalle tre comunità, per il bene della basilica.
Verso un accordo per la seconda fase di lavori. A tale riguardo si attende conferma di un accordo che le Chiese stanno definendo per avviare la seconda fase di lavori necessari per assicurare la continuità di quelli svolti finora. L’Edicola della tomba di Cristo, è stata “consolidata, riparata, stabilizzata, ripulita, ma le cause della sua fragilità non sono state del tutto eliminate, in particolare, la questione dell’umidità cronica”, si legge sul sito della Custodia.
I lavori sono stati conclusi sulla base di un preventivo di 3,5 milioni di dollari. Tre i finanziatori, ovvero le tre principali Confessioni cristiane del Santo Sepolcro: i greci ortodossi, i francescani e gli armeni. Con loro anche il Governo greco, il Fondo mondiale per i monumenti (Wmf), il re Abdallah II di Giordania e l’Autorità palestinese.
Il 18 marzo scorso la Custodia di Terra Santa ha annunciato che la Santa Sede contribuirà al restauro del Santo Sepolcro stanziando 500mila dollari per la nuova fase di lavori che interesseranno l’area attorno all’Edicola. Contributo erogato “dopo che le comunità titolari dello Status Quo avranno costituito di comune accordo un apposito Comitato”.
La stima per questa seconda fase è di 6 milioni di dollari che serviranno a togliere “tutta la pavimentazione attorno all’edicola, rifare tutte le canalizzazioni, restaurare tutte le pietre del pavimento, o sostituirle con altre di identico stile, consolidare le fondazioni dell’Edicola, garantendo la stabilità sismica dell’insieme”.
Verosimilmente questo lavoro dovrebbe essere anche “l’occasione per nuovi scavi archeologici, in continuità con quelli realizzati dal padre francescano Virgilio Corbo negli anni Sessanta”.