Politica
Se il populismo è la risposta a un bisogno di politica negato, la strada per potere migliorare la nostra coscienza critica passa necessariamente attraverso la costruzione di un rinnovato spirito di cittadinanza
Che cosa non si farebbe per conquistare la simpatia e il consenso del popolo. Quel popolo che la nostra Costituzione definisce sovrano. Nessun organo dello Stato (Parlamento, Governo, Corte Costituzionale ed altri) potrebbe esercitare la sua funzione se tale potere non gli fosse conferito – nelle forme previste dalle leggi – dal popolo. Eppure questo stesso popolo oggi, come nel passato, è tirato, “strumentalizzato”, come nel gioco della fune, da una parte e dall’altra. A volte per fini lodevoli, quasi sempre per interessi meno nobili. Il ruolo di mediatori fra lo Stato e i cittadini è stato svolto, nel tempo, salvo qualche rara esperienza (nell’antica Grecia i cittadini si riunivano nella piazza per discutere di politica e di leggi), dai partiti politici, oggi entrati in crisi.
Quale migliore occasione, per i movimenti di protesta emergenti, per prenderne il posto e tentare, così, la scalata al potere? Di fronte ad una crisi economica interminabile, segnata spesso da episodi di corruzione della classe politica e, in mancanza di adeguate risposte alle istanze dei cittadini, in Italia, come nel resto d’Europa, si stanno affermando movimenti politici che “fanno tremare i polsi” alle forze politiche tradizionali. Non c’è appuntamento elettorale – dopo le elezioni in Olanda, a giugno si voterà in Francia, a settembre in Germania e il prossimo anno in Italia – in cui non venga rivissuto l’incubo dell’arrivo al potere delle forze antisistema. Con discorsi semplici e con la promessa di avere una soluzione per ciascun problema, questi movimenti, definiti “populisti”, stanno conquistando il favore delle masse popolari. Se poi queste promesse potranno essere anche mantenute, è tutto da vedere.
“Abbiamo dato retta a tanti demagoghi”, viene spesso replicato a chi mette in dubbio l’efficacia di questi movimenti, “ora proviamo con questi, tanto non costa nulla e, in più, abbiamo la possibilità di fare sentire la nostra voce, sia sulle cose da fare che sulle persone da mandare al potere”. E così, con un colpo di spugna si cancellano i progressi fatti in tanti anni di democrazia e si fa “di tutta l’erba un fascio”: sono tutti disonesti.
Con poca fatica mentale, stando comodamente seduti in poltrona, con un computer davanti, si soddisfa il desiderio, più spesso si alimenta l’illusione di contare e si coltiva la voglia di partecipare alle decisioni politiche. Sta qui, essenzialmente, il successo di questi nuovi movimenti che da noi sono rappresentati dalla Lega e, in maniera ancora più marcata, dal Movimento 5 Stelle. In uno degli incontri svoltosi nei giorni scorsi a Noto, nell’ambito del festival Kairos su “Dinamiche del potere, tra populismi, partiti e società civile”, è stato detto che, se il populismo è la risposta a un bisogno di politica negato, la strada per potere migliorare la nostra coscienza critica passa necessariamente attraverso la costruzione di un rinnovato spirito di cittadinanza. Anche perché, se è vero che in un mondo interconnesso è possibile avere notizie immediatamente disponibili e scambio di opinioni, è anche vero che il web non migliora il nostro modo di pensare e rischia di farci diventare tutti dei creduloni. Grillo stesso, nel ribaltare la volontà manifestata dagli attivisti di Genova nell’indicazione della candidata a sindaco – la prima per voti è stata sostituita con il secondo – ha detto: “Fidatevi di me”.
Di fronte ai vari problemi, fin’ora, è stato impossibile ottenere dai responsabili del movimento indicazioni precise. Sulla permanenza in Europa, ad esempio, nessun impegno, se non quello di interpellare al momento giusto i cittadini. E sulla formazione del prossimo governo, una risposta ancora più evasiva e politicamente impraticabile: “Proporremo i nostri programmi a tutti; chi ci starà, si accoderà” . Ovviamente, aggiungiamo noi, dando qualcosa in cambio. Nient’affatto: “O con noi, o contro di noi”. Insomma tutto sulla fiducia. Quella stessa fiducia che in passato abbiamo concesso con tanta facilità e ingenuità ai nostri politici, quelli stessi contro i quali oggi ci rivoltiamo.
(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)