Verso il Concistoro
Parla uno dei cinque cardinali appena nominati da Papa Francesco: mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador (El Salvador), amico e collaboratore dell’arcivescovo e beato Oscar Arnulfo Romero. Il 28 giugno sarà il primo cardinale del Salvador, un riconoscimento “a monsignor Romero e alla Chiesa martire” ma anche “alla Chiesa latinoamericana e ai poveri”. Sul processo di canonizzazione ancora in corso dice: “Sono sicuro che la storia dirà che il Papa aveva ragione”.
“L’ho saputo alle 5 del mattino perché mi ha telefonato un amico. Pensavo fosse uno scherzo, ero sconcertato. E’ stata una notizia del tutto inaspettata”. Mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di San Salvador (El Salvador) dal 1982, è uno dei cinque nuovi cardinali nominati da Papa Francesco domenica scorsa, che riceveranno la porpora il 28 giugno. E’ ancora stordito e sorpreso dalla notizia: a San Salvador tutti lo cercano per congratularsi, tutti vogliono intervistarlo. E’ il primo cardinale del piccolo Paese centroamericano. In gioventù era amico e collaboratore di monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel 1980 mentre celebrava messa, proclamato beato il 23 maggio 2015. A lui il neo-cardinale dedica la sua nomina: “Ieri ho visitato il suo sepolcro e ho pregato in ginocchio perché mi accompagni in questa nuova tappa della mia vita pastorale”.
Come ha appreso la notizia e come si sente?
Ho ricevuto la notizia domenica, alle 5 del mattino. Mi ha chiamato un amico dalla Spagna, poi mi ha telefonato l’ambasciatore della Santa Sede per felicitarsi. Ero sconcertato, sono rimasto in silenzio a lungo. Pensavo fosse uno scherzo. Invece mi hanno detto che era vero, che il Papa aveva pensato a me. Sono totalmente sorpreso. E’ stata una notizia del tutto inattesa.
Cosa significa per lei questo riconoscimento?
Ho pensato a monsignor Romero e alla Chiesa martire.
Penso che il Papa abbia tenuto conto di questi due aspetti. Perciò ho dedicato la nomina a mons. Romero.
Quali sono state le prime reazioni del popolo salvadoregno?
La notizia è arrivata presto. I parroci l’hanno detto a tutti, con enorme gioia e tante preghiere per me verso il cielo. Sono contento, il popolo ha pregato per me. Mi ha chiamato anche il presidente del Salvador, Sánchez Cerén.
Lei ricopre inoltre l’incarico di presidente della Caritas per l’America Latina e i Caraibi e della Caritas nazionale. Un riconoscimento anche ai poveri?
Certo. Tanti preti e vescovi credono che questa decisione del Papa sia
un riconoscimento alla Chiesa latinoamericana,
una Chiesa speciale e ispiratrice per il mondo. Quando il Papa cita la storica assemblea dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida propone alla Chiesa questo modello di evangelizzazione: discepoli e missionari.
Cosa deve cambiare nella Chiesa dell’America Latina?
Serve una Chiesa in uscita. La settimana scorsa si è svolto qui in Salvador l’incontro del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano. Il tema centrale era: una Chiesa povera e per i poveri, e Romero come modello di questa Chiesa, quindi una missione di evangelizzazione a partire dai poveri. Questa è l’originalità della nostra Chiesa.
I poveri sono la chiave per evangelizzare.
Dal 1980 ad oggi ci sono state un po’ di lentezze e diffidenze nel processo di canonizzazione dell’arcivescovo Romero, finché Papa Francesco non è intervenuto per sbloccare la situazione.
Il Papa è stato molto bravo, ha deciso di prendere questa strada e promuovere monsignor Romero.
Sono sicuro che la storia dirà che il Papa aveva ragione.
Dobbiamo preparare il popolo salvadoregno alla grazia della canonizzazione, dobbiamo meritarcela. Un popolo che pensi alla sua testimonianza, al suo insegnamento e cerchi la sua intercessione. Questa è la strada per arrivare alla pace tanto desiderata”.
Ad agosto ricorreranno i 100 anni dalla nascita del beato Romero. A quando la santità?
Dobbiamo rispettare i tempi. La commissione medica, poi i teologi e i cardinali devono riconoscere il presunto miracolo inviato a Roma. Certamente non sarà quest’anno.
La sua nomina è uno dei frutti della testimonianza e del martirio di Romero?
Penso di sì. Il Papa ha voluto sottolineare questo aspetto della Chiesa martire, che mostra al mondo le piaghe di Gesù morto e risorto. Ieri ho visitato il suo sepolcro e ho pregato in ginocchio perché mi accompagni in questa nuova tappa della mia vita pastorale.